Cari compagni de l’iskrae.eu
leggendo i due articoli che vi sottopongo e seguendo le parti evidenziate in bleu
riguardanti alcuni noti personaggi, dell’economia, della politica e dell’eversione
atlantica, tutti accomunati dall’anticomunismo, scoprirete che probabilmente c’è un filo nero che li unisce, da molti decenni.
Ma la strategia dell’eversione antidemocratica e anticomunista è proprio finita in Italia?
Oppure sta facendo nelle logge massoniche le primarie per scegliere chi deve venire a
galla dopo Renzi?
Il sempre vostro
Picchiorosso
Boom dell’inchiesta “Casaleggio”. I lettori la twittano da giorni
Il M5S? E’ come la Webegg. Chi comanda è Casaleggio
Venerdì, 8 febbraio 2013
di Antonio Amorosi
BOLOGNA – Solo in un monologo di Beppe Grillo ti aspetteresti la storia di un manager che somiglia ad Angelo Branduardi e che con 15 milioni di euro di buco di bilancio nel pedigree riesce a farsi passare per “guru”! Ma forse no!
Vi ricordate cosa diceva l’ex consigliere del Movimento 5 Stelle Giovanni Favia nel Fuori-onda a Piazza Pulita su La7?: Casaleggio è il “guru” che ha costruito il Movimento di Grillo. E’ lui che comanda. E’ il padre padrone. Prende per il culo tutti.
Quella sera alcuni ex dipendenti della Webegg spa, la società di cui Casaleggio era amministratore delegato, si ritrovano in internet e commentano: “Sta succedendo quello che sappiamo già. Finalmente se ne stanno rendendo conto!”
Ma di cosa dobbiamo renderci conto? Cosa sanno gli ex collaboratori di Casaleggio che noi non sappiamo? Li abbiamo incontrati. E in parallelo consultato centinaia di documenti.
Il buco da 15 milioni di euro
Casaleggio a cavallo del 2000 è amministratore delegato di Webegg spa, società Olivetti. Olivetti ne vende la proprietà nel 2002 al suo principale cliente, Telecom Spa già di Roberto Colaninno che era anche precedentemente amministratore delegato di Olivetti (quello delle scalate dei Capitani Coraggiosi ma che aveva anche dato vita sempre nel 2000 a Netikos spa; nel CdA Casaleggio e Michele Colaninno; Roberto Colaninno lascia Telecom nel 2001). Niente male per Casaleggio che è un semplice perito informatico! Tutto bene fino a che diventa nuovo azionista di maggioranza Tronchetti Provera. Infatti subito dopo, nel 2003, Casaleggio viene mandato via. Guardando i bilanci, la sua gestione risulta disastrosa come riporta anche la stampa specializzata (Computerworld online del 15 giugno 2004). La Webegg si ritrova con un drastico calo del fatturato: – 26% nel 2003. Infatti ci sono buchi di 1milione 932mila euro nel 2001 e di 15 milioni 938mila euro nel 2002, su un fatturato di 26 milioni di euro. E meno 60% dei ricavi nel 2002 rispetto al 2001 sui clienti del gruppo Telecom. Gli azionisti definiscono “un piano pluriennale di risanamento” con una “drastica riduzione dei costi di gestione… e ridimensionamento del budget rivolto alla comunicazione”, la dismissione delle aziende che Casaleggio aveva acquisito per costruire un modello particolare di azienda in rete, oramai non considerato “più strategico e coerente col core-business della società”. Gli azionisti devono risanare l’azienda e alla fine venderla, chiudendo anche tutte le società connesse. La gestione Casaleggio succhia ingenti risorse economiche
Il Beppe Grillo implacabile scopritore di scandali direbbe: Con questi buchi di bilancio e con un diploma da perito informatico quale impresa privata ti riprende? E invece no. ll comico genovese che mette alla berlina i manager fallimentari ed esempi dell’italianità più ridicola anche nel 2012 in un comizio tra i fans di Pistoia ripete sicuro che Casaleggio è “un ottimo manager!”
Ma in cosa e perché spendeva l’Amministratore Delegato Casaleggio? Ce lo mostrano le testimonianze del Project Manager Mauro Cioni (che ha lavorato in tutta la compagine per 10 anni) e di altri dipendenti che non sono voluti apparire. Ma soprattutto i documenti dell’epoca.
La strategia di Casaleggio. Fidelizzare i giovani
La strategia aziendale di Casaleggio in Webegg è il modello Web company americana, con quelle classiche formule del marketing “made in Usa”. Casaleggio assume giovani, fa la parte del “capo amico di tutti”, ma c’è sempre lo psicologo, nei ritiri in monastero per affiatare il gruppo. Nell’impresa non esiste una differenza tra il tempo libero e quello lavorativo. Lui è oltre. Ha un modo diverso di concepire la vita: bisogna fare qualcosa che ti piace, in cui credi e dai il massimo…all’azienda però. Per vendere di più del prodotto devi essere quel prodotto e non semplicemente promuoverlo. Insomma se avete mai preso in mano un manuale americano di marketing o motivazionale ne trovate a iosa di questa roba. I giovani, come dichiara nell’articolo “Dolce Vita” su Logica Interview, sono guidati da qualcosa di più dei soldi; bisogna dar loro la possibilità di partecipare al cambiamento, di avere responsabilità e se una persona è motivata e felice questa rende di più. Quindi il successo per l’azienda è garantito. E allora Casaleggio cosa fa? Prende anche giovani inesperti e dà loro grandi responsabilità e ottimi stipendi. Vi ricorda qualcosa del Movimento 5 Stelle!? Ma andiamo avanti.
La Webegg è rappresentata da un uovo. Casaleggio fa costruire all’interno delle tre sedi della società,
Milano, Torino e Bologna proprio una stanza a forma di uovo, stile “Star Trek” come dice lui stesso nelle riviste di settore. Con pavimento d’acciaio, colonnina comandi tutta metallica con pulsanti colorati, la tecnologia è completamente occultata e attivata con i raggi infrarossi “per dare fin dal primo impatto la sensazione della proiezione nel futuro”: stile navicella spaziale del capitano Kirk; tutti dentro, lui, i dipendenti, i clienti e la stampa.
E Casaleggio? L’amministratore delegato di una società che lavora con banche, assicurazioni e la Telecom, per sentirsi nel futuro si chiude in una stanza a forma di uovo!? “Drogarsi come tutti gli altri no?!” direbbe il Grillo che conosciamo. Ma invece il comico genovese sembra molto sicuro o facilmente incline alla bufala quando parla del “guru” che lo ha portato al centro della scena mediatica italiana. Sempre a Pistoia ripete ai suoi fans che dubitano su Casaleggio. “Lui gestiva la Olivetti, l’informatica di Telecom, 10mila persone sotto. Non è mica l’ultimo arrivato!” Olivetti? Telecom? Non risulta affatto. E dai bilanci emerge anche nero su bianco che di dipendenti Casaleggio ne abbia avuti, a seconda dei periodi, da un minimo di 200 persone a un massimo di pochi più di 718 persone (al 31 dicembre 2002) ! Non di più!
Mentre Webegg perde 15 milioni di euro l’impresa ha anche una squadra di calcio aziendale. E La gestione Casaleggio con trattamento da sceicco affitta voli charter per dipendenti e familiari, tutto gratis ovviamente per loro, per recarsi a Praga e nel resto d’Europa, per il torneo aziendale “Logica world cup”.
E così mentre l’azienda riduce anche il personale ed aumenta il carico di lavoro per i dipendenti si racconta l’aneddoto di uno di questi che abbia posto la domanda ai superiori: “Praga!? Chi paga!?”; ottenendo come risposta non proprio amichevole. Dulcis in fundo, i grandi eventi come la “Notte degli oscar”, feste faraoniche a fine anno con scenografie holliwoodiane, show di comici famosi come la Littizzetto, Aldo Giovanni e Giacomo, Luttazzi, Bertolino. Casaleggio a fare un po’ il “Pippo Baudo” della serata. E nomination per premiare chi dell’azienda si era distinto durante l’anno.
I comandamenti del “guru” e il Movimento 5 Stelle
La società di Casaleggio ha addirittura 12 comandamenti, affissi ovunque nell’azienda in manifesti con le uova. E Casaleggio fa realizzare un video sui comandamenti e lo distribuisce a tutti i dipendenti.
Studiandoli in profondità si trovano non poche corrispondenze tra i comandamenti di Webegg e il Movimento 5 Stelle oggi. Vediamone solo alcuni, ad esempio il comandamento 9.“Assenza di competitività interna” molto simile al principio di eguaglianza del Movimento 5 stelle, dove ogni attivista vale uno (il motto “Uno vale uno” ). O il 5 Teamwork, dove si decide che il sistema di lavoro deve essere per gruppi funzionali, simile al modello di aggregazione dei Meetup dove le persone lavorano su singoli temi funzionali. O il comandamento 2.Responsabilità sul risultato che ricorda le “Semestrali” dei grillini quando i cittadini confermano o meno la fiducia ai consiglieri del Movimento 5 Stelle. Il comandamento 6 Protezione totale delle persone, che ricorda quando Grillo interveniva in aiuto dei singoli colpiti da un provvedimento giudiziario ingiusto (cosa che fa sempre più di rado). O il 4 Il divertimento come forza creativa. Tutto il Movimento si basa sulla divertente figura di un comico, Grillo, che usa l’umorismo come registro comunicativo con i cittadini. Le sue parole ti suscitano delle emozioni che creano il coinvolgimento e non un ascolto passivo. Al pubblico resta impresso un’emozione positiva e non semplicemente le parole di un comizio. Una tecnica di comunicazione ben nota agli addetti ai lavori (usata nella Programmazione Neurolinguistica)
Nel video i comandamenti vengono sempre rappresentati con un film (come vedrete nella video-inchiesta). E spicca su tutti il comandamento 8 L’Invenzione continua del business che il “guru” rappresenta in un modo del tutto particolare e che da quel tocco in più di personalità: Con Totò, che nel film “Totò truffa ’62” vende la Fontana di Trevi ad un credulone!
Chiusa malamente l’esperienza di Webegg Casaleggio continua a portare le società nel web e diventa un personaggio pubblico nel 2005 quando fonda il blog di Beppe Grillo, pianifica i V day, organizza i meet up del Movimento e il Movimento 5 Stelle con la nuova società la Casaleggio Associati.
Come sostengono molti attivisti il Movimento non nasce spontaneamente dal basso ma dalle strategie di Casaleggio. Ad esempio anche il Meet up N°1, la piattaforma di aggregazione del Movimento nella città di Milano, nasce il 10 giugno 2005 da un ex-dipendente Webegg, Maurizio Benzi, poi assunto da Casaleggio nella sua nuova azienda, la Casaleggio Associati, un mese prima che Grillo stesso proponga ai suoi fans, il 16 luglio 2005, di usare i Meet up come piattaforma di aggregazione. Lo stesso Benzi oggi è candidato alla Camera per il Movimento nella circoscrizione Lombardia 3.
Tutto quindi fa pensare che questo Movimento sia la riproduzione del modello di business dell’ex società di Casaleggio. E non sia nato dalla rete, da cittadini che spontaneamente si sono messi insieme. I cittadini si aggregano su un modello già pianificato e proposto dall’ alto. Infatti Casaleggio e Grillo fanno credere che la loro rete di attivisti sia il luogo dell’orizzontalità e della libertà assoluta, esente da censure. Ma nella realtà il Movimento comunica sul loro sito e non su un piattaforma aperta, i commenti possono essere omessi o anche manipolati dalla società al vertice, come sostengono tantissimi attivisti. E come in ogni azienda se non accetti le regole sei fuori da ogni consesso, come è successo a molti di loro.
La comunicazione, il potere, il denaro
Oggi la Casaleggio Associati, ultimo bilancio consultabile 2011, ha un passivo di circa 57mila euro ripianato dai soci. Con il supporto di analisti di bilancio abbiamo messo a confronto l’azienda passata, la Webegg spa e quella presente, la Casaleggio Associati srl, con imprese del settore, ma in attivo, come la Accenture spa (capofila del settore ICT). Le aziende del “guru” hanno sempre gli stessi problemi, spese sproporzionate per il personale e le materie prime, in percentuale così alta da determinare un buco di bilancio. A conferma che la gestione Casaleggio richiede sempre ingenti risorse economiche.
Portare una società nel web infatti non vuol dire creare solo un sito ma un “ambiente internet” intorno a quella società e ai suoi prodotti. La discussione dovrà alimentare centinaia se non migliaia di altre discussioni, in grado di influenzare i consumatori e l’opinione pubblica. Quindi c’è bisogno di risorse e uomini che muovano questo consenso.
La comunicazione è potere e da la possibilità di essere visibili. Magari riciclando le strategie di Webegg-Telecom, come abbiamo visto. Ed è Grillo stesso che ci dice in un filmato (guarda la Video inchiesta) quale possa essere il fine manageriale di Casaleggio: visto il miracolo che gli è riuscito con il Movimento adesso nasce la possibilità di avere altri clienti.
Cosa già sperimentata in politica da Casaleggio, come ci ha raccontato il penalista ed ex esponente dell’Idv Domenico Morace che ha seguito la gestione della Casaleggio e le spese dell’Italia dei valori di Antonio Di Pietro dal 2006. Con l’avvento di Gianroberto Casaleggio il bilancio dell’Italia dei Valori del 2006 riporta la spesa Internet aggregata ad altre voci per un ammontare totale di 1milione 305mila euro. Nel 2007 la voce siti Internet è unica: 469.173 euro. Lievita ancora nel 2008 ed arriva a 539.138 euro
“La Rete è politica” sostiene ancora più esplicitamente Casaleggio in un”intervista del passato (Data Manager 2001) ma ”per apprezzare la rete bisogna darle una dimensione culturale, solo in un secondo momento si può cominciare a fare business” perché “da la possibilità di cambiare gli equilibri”.
Quegli equilibri che possono darti potere e portarti in Parlamento. Ed è anche denaro. Quale? I 10 milioni l’anno destinati ai gruppi di Camera e Senato del Movimento 5 Stelle. Pochi sanno infatti che gli attivisti per candidarsi alle prossime elezioni politiche hanno dovuto sottoscrivere un accordo al buio. Come dal regolamento di Grillo: in sostanza sarà una società di comunicazione decisa da Grillo stesso a parlare per i Deputati e i Senatori del Movimento. Gestirà circa 10 Milioni di euro l’anno (6,3 alla Camera; 3,7 al Senato; i dati sono calcolati sui numeri ufficiali delle due Camere), che diventano 50 milioni di euro per una legislatura completa, visti i circa 100 parlamentari attribuiti al Movimento, oltre ai loro singoli stipendi. Non sappiamo ancora quale sarà il nome ufficiale della società che gestirà tutte queste risorse. Ma di certo sappiamo che con 50 milioni euro la forza di convinzione e di trasformazione degli equilibri può alimentare molto altro denaro.
Sarà per questo che in Italia è sempre meglio fondare un partito che gestire un’azienda!
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Quarta di copertina
La strana scelta di “Mario Borghi”, e la scoperta pilotata del covo. Da via Gradoli al Lago della Duchessa; al covo di via Montalcini; alla tipografia di via Foà; alla base di Firenze; al Ghetto ebraico; allo scandolo dei fondi riservati del Sisde. Le prove documentali che la base Br di via Gradoli era un “covo di Stato”.
Recensione
INTESI DELLE PRINCIPALI NOTIZIE CONTENUTE NEL NUOVO LIBRO-INCHIESTA DI SERGIO FLAMIGNI SUL DELITTO MORO
Un agente del Sismi, compaesano di Moretti, in via Gradoli
Flamigni rivela che al n° 89 di via Gradoli, nell’edificio di fronte al civico 96 dove c’era il covo-base delle Br morettiane, prima e durante il sequestro Moro abitava il sottufficiale dei carabinieri Arcangelo Montani. Il Montani aveva due particolarità: era un agente del Sismi, e proveniva da Porto San Giorgio (era dunque compaesano del capo brigatista Mario Moretti, nato a Porto San Giorgio nel 1946). Durante il sequestro Moro, il 31 marzo 1978, lo stesso contrammiraglio Fulvio Martini (allora vice direttore del servizio segreto militare) intervenne a favore del Montani in seguito a un esposto presentato ai carabinieri da alcuni inquilini del condominio di via Gradoli 89, i quali lamentavano di avere subito vessazioni da parte del sottufficiale.
L’ingegner Ferrero e il capo delle Br
Flamigni ricostruisce le vicende relative all’appartamento utilizzato da Moretti per la base-covo. A partire dallo stranissimo contratto d’affitto stipulato in fretta e furia nel dicembre 1975 dai proprietari dell’immobile, i coniugi Giancarlo Ferrero e Luciana Bozzi, con l’inquilino “Mario Borghi” alias Mario Moretti: un contratto privo delle date di stipula e di decorrenza, che non venne registrato, e firmato solo da Luciana Bozzi (benché l’appartamento fosse intestato anche al marito, e fosse stato lo stesso Ferrero a compilarlo). Il capo delle Br utilizzava anche il box-auto nel garage di via Gradoli 75 di proprietà dei coniugi Ferrero, ma questo nel contratto d’affitto non risultava. Né i locatori sono stati in grado di dimostrare quanto l’inquilino Borghi-Moretti pagasse di canone d’affitto, e neppure se lo pagasse regolarmente.
Flamigni ricostruisce poi la brillante carriera dell’ingegner Ferrero negli anni successivi al 1978; come facoltoso e potente manager di informatica e telecomunicazioni, con incarichi richiedenti il Nos (“Nulla osta di sicurezza”, la speciale autorizzazione – rilasciata dalle autorità Nato, previo parere favorevole dei servizi segreti italiani – che permette di svolgere attività nei settori strategici per la sicurezza nazionale e atlantica). Oggi l’ingegner Giancarlo Ferrero siede nel consiglio di amministrazione della Omnitel Pronto Italia, a fianco del presidente della Telecom Roberto Colaninno. Dal 1° gennaio 1999 è anche amministratore delegato della Bell Atlantic International Italia srl, filiale italiana della grande multinazionale americana di servizi e prodotti nel settore delle telecomunicazioni – servizi e prodotti che riguardano anche il settore degli armamenti Nato e la stessa sicurezza nazionale.
Contatti Br-Sismi a Firenze
Nel libro si racconta che il 3 marzo 1993, a Firenze, in un monolocale di via Sant’Agostino 3, vennero casualmente trovate armi da guerra e munizioni: il defunto padre del proprietario dell’immobile, il marchese Alessandro Pianetti Lotteringhi della Stufa, molti anni prima aveva messo quel monolocale a disposizione di Federigo Mannucci Benincasa, capo centro di Firenze del Sismi negli anni dal 1971 al 1991. Dal processo (sentenza del Tribunale di Firenze del 23 aprile 1997) è poi emerso che il centro Sismi di Firenze stabilì un collegamento con una fonte informativa brigatista nel periodo in cui le Br preparavano il sequestro Moro; che quel contatto fu attivo durante tutto il periodo del sequestro, mentre a Firenze era riunito in permanenza il Comitato esecutivo Br che dirigeva l’operazione; e che quel contatto si interruppe solo nel 1982. L’identità del brigatista informatore del Sismi non è mai stata resa nota, ma Flamigni ipotizza che potrebbe trattarsi del criminologo Giovanni Senzani, il quale abitava in Borgo Ognissanti, a due passi dal monolocale di via Sant’Agostino usato da Federigo Mannucci Benincasa.
Importanti conferme dei collegamenti via Gradoli-Sisde
Il libro riporta due documenti “riservati”: una relazione e un appunto, datati 7 maggio 1998, firmati rispettivamente dal capo della polizia Fernando Masone e dal capo del Sisde Vittorio Stelo, e inviati al ministro dell’Interno e al Cesis in seguito alla pubblicazione del libro di S. Flamigni “Convergenze parallele”. La relazione di Masone conferma che «[la Fidrev srl, società di consulenza del Sisde] era a sua volta controllata dall’immobiliare Gradoli, nella quale sindaco supplente, dal giugno 1977, era tale Gianfranco Bonori, nato a Roma il 26-7-52. Il Bonori, dal 1988 al 1994, ha assunto l’incarico di commercialista di fiducia del Sisde, subentrando alla Fidrev. […] Il prefetto Parisi risulta avere acquistato, con atto [notarile] del 10 settembre 1979, un appartamento al civico 75 di via Gradoli e, successivamente, sempre al civico 75, altri due appartamenti e un box. Inoltre nel 1986 acquistò, intestandolo alla figlia Maria Rosaria, un appartamento sito al civico 96, e nel 1987 un altro appartamento sito allo stesso civico intestandolo alla figlia Daniela». L’appunto del prefetto Stelo precisa inoltre che «la società Fidrev, azionista di maggioranza dell’immobiliare Gradoli, risulta aver svolto assistenza tecnico-amministrativa per la Gus e la Gattel [società di copertura del Sisde, ndr], dalla loro costituzione fino al 14 ottobre 1988. In pari data, per incarico dell’amministratore pro tempore delle due società, Maurizio Broccoletti, subentrò in tale consulenza il ragionier Gianfranco Bonori, già sindaco supplente dell’immobiliare Gradoli. Tale attività di consulenza è cessata il 27 luglio 1994».
Dal capo Br Mario Moretti al funzionario del Sisde Maurizio Broccoletti
Fra il materiale trovato nel covo Br di via Gradoli 96 il 18 aprile 1978 c’erano un appunto manoscritto di Moretti: «Marchesi Liva – 659127 – mercoledì 22 ore 21 e un quarto» (la data corrispondeva a mercoledì 22 marzo 1978, sei giorni dopo la strage di via Fani e il sequestro), e un altro «foglietto manoscritto con recapito telefonico n° 659127 dell’immobiliare Savellia». La sede della Savellia srl era nel Palazzo Orsini di via Monte Savello, vicino al Portico D’Ottavia, la zona del Ghetto ebraico che dista poche centinaia di metri da via Caetani. E il palazzo Orsini era la residenza della «marchesa Valeria Rossi in Litta Modigliani, nobildonna romana che si firmava anche Liva». Presidente del collegio sindacale dell’immobiliare Savellia srl era il commercialista Giovanni Colmo. Questi, tempo dopo il delitto Moro, diventerà segretario (e suo figlio Andrea, membro del collegio sindacale della Savellia, ne diventerà amministratore unico) della immobiliare Palestrina III srl, una società di copertura del Sisde. Inoltre, presso lo studio del commercialista Giovanni Colmo, in via Antonelli, avranno sede l’immobiliare Proim srl (dal 1990 con amministratore unico Andrea Colmo e socio il padre Giovanni) e l’immobiliare Kepos srl: due società immobiliari di copertura del Sisde.
Il 14 dicembre 1990 l’assemblea della Palestrina III srl nominerà segretario Giovanni Colmo e amministratore unico il fiduciario del Sisde Mario Ranucci (stretto collaboratore di Maurizio Broccoletti). Il legame fiduciario di Mario Ranucci con il Sisde è certo e collaudato nel tempo: una sua ditta di pulizie, C.R. Servizi srl, ha avuto l’appalto delle pulizie negli appartamenti del capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, negli uffici del Sisde, negli uffici del capo della polizia Vincenzo Parisi, e in quelli di molti altri alti funzionari del Viminale. Per anni strettissimo collaboratore di Maurizio Broccoletti, nel processo per i “fondi riservati” del Sisde Ranucci ha confermato di essere stato fiduciario-prestanome per alcune società di copertura del Servizio su mandato del Broccoletti.
Da via Gradoli al Sisde
In via Gradoli 96, l’appartamento attiguo al covo brigatista era abitato dalla studentessa universitaria di origine egiziana Lucia Mokbel, che era un’informatrice della polizia, e dal suo convivente Gianni Diana. L’appartamento abitato dai due era di proprietà della società Monte Valle Verde srl, che glielo aveva ceduto in uso. Il Diana lavorava nello studio del commercialista Galileo Bianchi, il quale – tre giorni dopo la “scoperta” del covo Br, il 21 aprile 1978 – venne nominato amministratore unico della Monte Valle Verde srl in sostituzione del dimissionario Aldo Bottai. Bottai era il socio fondatore della Nagrafin spa, e la Nagrafin poi darà vita alla Capture Immobiliare srl, una società di copertura del Sisde.
Foto intimidatorie ai magistrati che cercavano le basi Br nel Ghetto ebraico
Flamigni ricostruisce la vicenda di Elfino Mortati, latitante a Roma dopo l’omicidio del notaio Gianfranco Spighi (avvenuto a Prato il 10 febbraio 1978), arrestato a Pavia ai primi di luglio del 1978, poche settimane dopo l’uccisione di Moro. Interrogato dal magistrato, Mortati dichiarò di essere stato in contatto con elementi legati alle Brigate rosse durante il sequestro Moro. Nel corso della latitanza romana (dal febbraio ai primi di giugno 1978) Mortati aveva abitato in un appartamento di via dei Bresciani, e aveva pernottato diverse volte in altri due appartamenti “coperti”, situati nella zona del Ghetto, ospite delle Br. Ricorda il giudice istruttore Ferdinando Imposimato: «Io e il collega Priore caricammo Mortati su un pulmino dei carabinieri e girammo in lungo e in largo, anche a piedi, per il Ghetto, ma senza alcun risultato. Pochi giorni dopo il mistero si infittì quando mi vidi recapitare in ufficio una foto scattata quella sera, e nella foto c’eravamo io, Priore e Mortati»; la foto ritraeva i tre mentre erano in via dei Funari-angolo via Caetani. Quella foto venne scattata da un osservatorio dei servizi segreti italiani. Di quell’intimidazione non venne informata la Commissione d’inchiesta sul caso Moro, né le foto risultano agli atti del processo Moro trasmessi alla Commissione.
Dalle dichiarazioni di Mortati, dagli accertamenti svolti dai vigili urbani, dalle notizie delle fonti confidenziali trasmesse, gli inquirenti arrivarono a individuare un covo brigatista situato nel Ghetto ebraico di Roma durante il sequestro Moro (in via Sant’Elena n° 8, interno 9). Ma a quel punto tutto si fermò: una speciale immunità protesse le Brigate rosse anche nel Ghetto ebraico.
Una Jaguar, il Ghetto ebraico e un colonnello della P2
Nel covo Br di via Gradoli il 18 aprile 1978 venne trovata la chiave di un’auto con un talloncino di cartone sul quale c’era scritto su un lato «Jaguar 2,8 beige H 52559 via Aurelia 711», e sull’altro «FS 915 FS 927 porte Sermoneta Bruno». Era una traccia che portava nel Ghetto ebraico, dove c’erano alcune basi e punti d’appoggio delle Br che tenevano prigioniero Moro, ma le indagini vennero avviate solo a partire dal 12 ottobre 1978 (cioè 5 mesi dopo l’uccisione del presidente Dc). Bruno Sermoneta era un commerciante di 37 anni che gestiva un ampio negozio di biancheria e tappeti con ingresso in via Arenula e retro in via delle Zoccolette, nei pressi del Ghetto ebraico. Le indagini furono coordinate dal tenente colonnello Antonio Cornacchia (affiliato alla Loggia P2). Dal rapporto finale del piduista Cornacchia traspariva evidente che non era stata svolta alcuna effettiva indagine preliminare nei riguardi di Bruno Sermoneta, il quale anzi era stato messo al corrente del ritrovamento della chiave a suo nome nel covo Br di via Gradoli.
Il passo carraio vicino a via Caetani
Le indagini per individuare i locali adatti ad accogliere la Renault rossa delle Br sulla quale il 9 maggio 1978 era stato fatto ritrovare il cadavere di Aldo Moro diedero «esito negativo». Nella zona del Ghetto da perlustrare era compresa via Monte Savello, dove al n° 30 c’era un passo carraio con accesso a palazzo Orsini che conduceva a un garage. Le forze di polizia omisero di indagare nei cortili dei palazzi dei nobili casati. Nella zona era compresa anche via Caetani, là dove c’era un passo carraio che immetteva nel cortile dei restauri dell’antico Teatro di Balbo, e nell’altro lato della strada c’era un passo carraio che immetteva in un cortile di palazzo Mattei, confinante con palazzo Caetani; a quest’ultimo edificio si accedeva dal passo carraio di via delle Botteghe Oscure 32. E se palazzo Caetani ospitava diverse sedi diplomatiche coperte da immunità territoriale, non così era per l’attiguo palazzo Mattei, ideale come “luogo di ricetto di autovettura”, che però le forze di polizia omisero di segnalare: la Renault delle Br avrebbe potuto entrare e uscire dall’ampio passo carraio situato in via dei Funari, cioè proprio nei paraggi percorsi a piedi dai giudici Imposimato e Priore insieme a Mortati, quando vennero fotografati a scopo intimidatorio.