Foto: Kim Jong-Un
Le piroette a cui si sottopongono gli “esperti” USA per accusare e, poi, ritrattare sul caso del film “Interview” lascia l’amaro in bocca e denotano quanta onestà nell’informazione viene proposta in questo paese.
Infatti, la ritrattazione, degli “esperti” USA, spunta subito dopo che il paese Nordcoreano aveva chiesto di creare una commissione congiunta sul cyber-attacco di cui è stato vittima il gruppo cinematografico Sony Pictures.
Un puro caso?
No, semplicemente lo smontaggio di una bugia colossale che veniva confezionata dagli USA come subdolo, ed illegittimo, attacco verso un paese che non accetta ingerenze imperialiste.
Ora staremo a vedere quanto tempo ci metteranno i media filo-occidentali a dare la notizia corretta e con quale risalto visto che parlano di essere in paesi democratici dove la libertà (anche d’informazione) è sacra.
Noi una cosa l’abbiamo imparata, grazie ai vari Manning o Snowden, di quanto non siano in buona fede gli “esperti” dei servizi d’intelligence degli USA nel manipolare le notizie.
MOWA
Secondo molti esperti Pyongyang non ha organizzato la rappresaglia per il film Interview.
Un mistero che si sta infittendo sempre di più: secondo alcuni esperti le accuse presentate dall’Fbi verso Pyongyang non sarebbero sufficenti per incriminare la Corea del Nord.
«Sulla base di prove forensi e di altre che abbiamo raccolto, è certo che (i nordcoreani, ndr) non sono responsabili di aver orchestrato o avviato l’attacco alla Sony», ha dichiarato Sam Glines, che gestisce l’azienda di sicurezza informatica Norse.
L’esperto ha dichiarato anche che il codice del malware utilizzato dal gruppo ‘I Guardiani di Pace’, autore della violazione alla major (Sony) che distribuisce il film “The Interview”, sarebbe conosciuto già da tempo e qualsiasi hacker potrebbe utilizzarlo.
L’Fbi, invece, sostiene che il codice è molto simile a quelle utilizzato dalla Corea del Nord in altri attacchi hacker.
28 dicembre 2014