Luca Grossi
“Io ricordo che in un mio viaggio nel lavoro fui colpito dal fatto che dinanzi a una chiesa c’era una scritta: il mondo si divide tra oppressori e oppressi, tu cristiano che stai per entrare da che parte stai? Allora io credo che il migliore insegnamento per la chiesa Cattolica sarebbe mettere dinanzi a ogni chiesa questa scritta: mafioso tu da che parte stai? Dagli oppressori o dagli oppressi? Se stai con gli oppressori, tu corrotto, tu mafioso, tu dittatore non ci puoi entrare qua dentro“. L’ex procuratore generale di Palermo e oggi senatore Roberto Scarpinato è uno degli autorevoli esperti che hanno dato un loro contributo alla realizzazione del documentario “Chiesa Nostra” (regista da Antonio Bellia) e presentato in anteprima a Palermo il 5 marzo al cinema Rouge et Noir.
Il potere mafioso e quello religioso si sono più volte intrecciati in un rapporto ambiguo coperto da formalità di rito, trasmesso nei sussurri, legittimato tramite le misteriose vie di una ‘grazia’ che di cristiano non ha mai avuto nulla: lo scandalo dello IOR (l’istituto per le opere di religione) usata come lavatrice per i capitali mafiosi, l’omicidio di Roberto Calvi e le inconfessabili verità tra i rapporti mafia – chiesa che si è portato nella tomba Michele Sindona.
La sceneggiatura, che nasce da una collaborazione tra il regista e il giornalista Francesco La Licata, ricostruisce pagine di complicità alle quali si è contrapposto, negli ultimi tempi l’impegno di tanti vescovi e di tanti preti di frontiera; veri e propri martiri come don Pino Puglisi che da sempre si sono scagliati contro le complicità con i poteri occulti.
Missionari che hanno rifiutato la presunta religiosità ostentata dai boss, al contrario di una istituzione che ha risposto tardivamente.
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Fino ad arrivare alla svolta di Papa Francesco, di Giovanni Paolo II e della loro scomunica alla mafia.
“Chiesa Nostra” esplora un terreno insidioso e collega la ricostruzione storica alla rappresentazione filmica, la memoria all’attualità, le immagini di archivio e le illustrazioni animate di Vito Bonomolo. L’interpretazione è affidata a Pippo Delbono che già ha interpretato, la figura del direttore Vittorio Nisticò nel docufilm “La corsa dell’Ora”.
Nel film si ripercorrono le celebrazioni delle feste patronali, con la presenza dei “padrini” alle processioni, e il rito dell’affiliazione a Cosa nostra, compiuto bruciando un santino.
I mafiosi erano in prima fila “accanto” ai “rappresentati di dio“, per questo il popolo di allora riteneva che erano delle persone rispettabili, ha descritto Scarpinato. Il documentario apre le porte al tema del rapporto tra Dio e i cosiddetti ‘uomini d’onore’, un rapporto ipocrita, fatto di dogmi, riti formali: “Io ho conosciuto – ha continuato l’ex procuratore generale – un collaboratore di giustizia” Gianni Drago, “che mi ha detto che dopo un omicidio lui andava in chiesa per chiedere perdono a Dio“; altri invece chiedevano forza per continuare a uccidere.
Per molti uomini di chiesa ‘il pentimento’ è valido solo quando è praticato di fronte a Dio; un pensiero legittimo, ma che provocano un danno incalcolabile sotto il profilo sociale.
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“Il peggior peccato è il tradimento” ha detto un sacerdote alla professoressa Alessandra Dino: “I collaboratori sono individui a Dio non piacenti“; un pensiero che, ironia della sorte, condivideva anche Michele Greco, detto ‘il Papa’: “I veri pentiti sono pentiti di fronte a Dio. Gli altri sono solo criminali falliti”.
Altro tema trattato è la corruzione dei valori cristiani adopera della mafia quali l’etica familiare, la carità e l’amicizia. L’uso di questi criteri sociali per conferirsi un’aura di rispettabilità è stato un vero e proprio ‘marchio’ delle organizzazioni mafiose nel corso degli anni: basti pensare alle figure sacre a cui i mafiosi si rivolgono oppure al formalismo religioso di Bernardo Provenzano.
In sostanza si tratta della storia di una Chiesa rimasta indietro, incapace di rompere col passato e di proiettarsi verso la reale attuazione dei valori evangelici per la realizzazione del bene sociale.
Non c’è da stupirsi che Papa Francesco e missionari di altissimo rigore morale come Don Luigi Ciotti stiano incontrando estrema resistenza nella loro opera di impegno e denuncia.
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7 Marzo 2024