Il procuratore ospite di Minoli attacca il ministro dell’Interno: «Patto di civiltà è idea superata. Lo stop agli sbarchi non è degno di un Paese occidentale». Poi un passaggio sulle candidature alle politiche: «I partiti hanno l’obbligo di controllare»
CATANZARO «Il Patto antimafia di Minniti è un’idea superata. Il suo piano contro l’immigrazione? Non è degno di un Paese occidentale». Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri entra a gamba tesa sull’operato del ministro dell’Interno. Le critiche del magistrato all’indirizzo del capo del Viminale sono arrivate nel corso della puntata di oggi di Faccia a Faccia, la trasmissione de La7 condotta da Giovanni Minoli.
«Non mi è piaciuta – dice Gratteri – la strategia di Minniti sull’immigrazione: non è da Stato occidentale costruire gabbie in Libia. Con un terzo della spesa si potrebbero mandare in Centro Africa i nostri servizi segreti per fermare i viaggi e costruire strade e aziende. Mentre parliamo ci sono donne violentate e bambini picchiati, non sto tranquillo solo perché in Italia ci sono duemila arrivi in meno».
Gratteri non le manda a dire neppure per quel che riguarda il “Patto di civiltà” proposto da Minniti affinché tutte le forze politiche sottoscrivano l’impegno a rifiutare i voti delle mafie. «È un’idea superata – commenta ancora il procuratore –, oggi c’è bisogno di coerenza». Ma il ministro sapeva dell’operazione Stige, che ha portato all’arresto di 169 persone nel Crotonese? Alla domanda di Minoli, Gratteri replica perentorio: «Non ho rapporti con Minniti». Una risposta da cui traspare tutto il disappunto del magistrato nei confronti del ministro ma anche del Pd calabrese che, malgrado le tante operazioni giudiziarie e gli scandali legati alla malapolitica regionale, sarebbe ancora pronto a schierare tanti altri impresentabili alle prossime elezioni politiche. E infatti Gratteri, in un altro passaggio dell’intervista, specifica che «i partiti hanno l’obbligo di controllare, anche se ormai la ‘ndrangheta le liste se le fa da sola. Le istituzioni devono essere serie. E la commissione Antimafia è un organismo debole».
STIGE La puntata ruota soprattutto intorno all’ultima maxioperazione che ha svelato gli intrecci tra clan, politica e imprenditoria in Calabria, nel Nord Italia e in Germania, e che, tra gli altri, ha portato in carcere un presidente di Provincia e tre sindaci. Minoli la definisce «un’inchiesta che farà storia».
«Ma lei vuole arrestare tutti gli ‘ndranghetisti?», chiede il conduttore. Secca la risposta di Gratteri: «Ci proviamo». Il procuratore sottolinea inoltre come i risultati siano frutto del «rapporto speciale con tutte le forze dell’ordine» e non si dice stupito del sostanziale silenzio delle istituzioni sull’indagine Stige: «Ci sono abituato, nell’inchiesta c’erano troppi amministratori pubblici».
STOP DI NAPOLITANO Gratteri parla anche della sua mancata nomina a ministro: «Un quarto d’ora prima di presentare la lista con i membri del governo, Renzi mi chiamò per dirmi che sarei stato ministro della Giustizia. Poi mi è stato detto che il presidente della Repubblica non ha voluto, perché sarei un uomo troppo caratterizzato. Penso che dietro questa scelta di Napolitano ci siano stati dei suggeritori». Minoli tenta un’altra provocazione: «Da probabile ministro a procuratore di Catanzaro, non è una promozione…». Ma Gratteri ribadisce di «essere felice, mai avrei pensato che sarebbe stato così bello fare il procuratore della Repubblica».
IL SOGNO DEL «PAZZO» Gratteri illustra pure alcuni passaggi del suo nuovo libro, Fiumi d’oro, che dimostra quanto forte sia diventata la ‘ndrangheta negli ultimi anni, soprattutto grazie al traffico di cocaina. «E lei vuole sconfiggere questo mostro da solo, non si sente un po’ pazzo?», chiede Minoli. «Può darsi, ma sono innamorato della mia terra e devo dare tutto me stesso per provare a cambiarla». Ma lei non ha paura?», insiste ancora il conduttore. «Ho vissuto abbastanza e so che devo fare il mio lavoro. Certo che ho paura, e quando ho paura mi diventa la lingua amara».
14 Gennaio 2018