Giorgio Bongiovanni
Mentre il Governo Italiano fascista protegge i torturatori argentini
Le immagini di Ilaria Salis, 39 enne insegnante arrestata in Ungheria in carcere da quasi 12 mesi, e fatta entrare “al guinzaglio” nell’aula del tribunale ammanettata e incatenata a polsi e caviglie, hanno fatto il giro del Mondo tanto che oggi il caso della sua detenzione aprirà i lavori del Parlamento europeo.
Sul tavolo il trattamento dei detenuti nelle carceri dell’Ungheria in generale e quello di Salis più nello specifico.
Le accuse contro di lei sono di aggressione, lesioni e associazione sovversiva durante e contro “Il giorno dell’onore”, l’orrenda manifestazione di nostalgici di Adolf Hitler che va in scena a Budapest, avvenuta a gennaio 2023.
Fatto assurdo è che secondo gli atti presentati dalle autorità ungheresi, “l’aggressione” e le “lesioni” avrebbero provocato “ferite guaribili in otto giorni” in un caso, e in “5-6” in un altro, ad alcuni neonazisti colpiti durante gli scontri stradali. Perché dunque l’insegnante rischia oltre vent’anni di carcere?
Ad alzare la pena sarebbe la terza accusa, cioè quella di fare parte di un’associazione terroristica attiva in Germania che si sarebbe mossa appositamente per colpire i nazisti, “in modo da impedire loro qualsiasi ulteriore attività politica”, con tecniche di attacco prestabilite dopo uno specifico addestramento.
Tuttavia le immagini che accuserebbero la maestra milanese non sembrano al momento una prova sufficiente. Ed ugualmente la “prova” che la Salis faccia parte dell’associazione non appare “forte” (si parla del biglietto del treno comprato dalla stessa insegnante per andare a Budapest).
Possono bastare per rischiare una condanna a vent’anni? A nostro avviso no, considerando che, come ha ricordato il quotidiano “Il Manifesto” qualche giorno addietro, il processo contro la supposta “associazione” (priva di nome, ma nota come Hammerbande) si è concluso la scorsa primavera con condanne a cinque anni. Si pensi, poi, che nel motivare la condanna il giudice ha spiegato “che opporsi agli estremisti di destra è un motivo rispettabile” e che però la condanna doveva esserci perché “il monopolio dell’uso legittimo della forza appartiene allo Stato e non ai privati”.
La sensazione è che il nazista-fascista Orban, con questa azione, stia “dialogando” con l’Europa e soprattutto con l’Italia in vista delle prossime ed imminenti elezioni Europee.
Da tempo la Fidesz (Unione Civica Ungherese), il partito del primo ministro ungherese ha lasciato il Ppe e guarda con forte simpatia il gruppo Ecr (Conservatori e Riformisti), a cui appartengono Fratelli d’Italia della Premier Giorgia Meloni e il Pis polacco.
Del resto già nel 2022, mentre il Parlamento Ue approvava un rapporto per cui l’Ungheria non veniva più ritenuta “una democrazia” e veniva indicata come “una minaccia sistemica per i valori fondanti dell’Unione Europea stessa, Fratelli d’Italia (assieme alla Lega) votava contro.
Insomma tra fascisti ci si intende. Ecco perché le timidezze del Governo italiano fanno scandalo quando si dice: “Orban non c’entra niente. Non è che il Governo decide il processo. La magistratura è indipendente. Il problema è vedere se sono state rispettate le regole prima o dopo, non è che noi possiamo intervenire, l’Ungheria è uno Stato sovrano. Noi possiamo soltanto fare delle proteste” sulle modalità di trattamento dei detenuti.
Quale autonomia e indipendenza?
Ma di quale autonomia e indipendenza della magistratura parla il Governo?
Proprio nei giorni scorsi il sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo, intervenendo a Piazzapulita aveva ricordato come “nel sistema giudiziario ungherese, soprattutto con riferimento alla magistratura: dal 2011 in poi abbiamo assistito prima ad una improvvisa epurazione di decine e decine, forse centinaia, di magistrati. Dall’oggi al domani venne approvata una legge che portò a 62 anni il limite massimo di età, che prima era a 70 anni, e dall’oggi al domani centinaia di magistrati si ritrovarono a dover abbandonare la loro toga. Poi c’è stata una riforma importante del Consiglio giudiziario nazionale, che è l’equivalente del nostro Consiglio superiore della magistratura, i cui poteri sono stati molto limitati. E poi c’è stata una sorta di gerarchizzazione assoluta all’interno della magistratura per cui i giudici di rango inferiore devono sostanzialmente sempre seguire l’interpretazione di una norma dei giudici di rango superiore. Quindi gerarchizzazione, verticalizzazione, limitazione dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura“.
Riforme che in qualche maniera anche l’Italia vorrebbe proporre nel nostro Paese.
La deriva fascista
Sottoscriviamo le parole del giornalista Saverio Lodato che, intervenuto nei giorni scorsi ad Otto e mezzo, aveva ricordato dichiarazioni e silenzi del presidente del Senato Ignazio La Russa ed i ministri Matteo Salvini e Carlo Nordio, definendo dichiarazioni e silenzi come “sconcertanti”.
“La Russa – rammentava il giornalista – ha dichiarato che è rimasto colpito dalle immagini ma gli risulta che anche in Italia le condizioni di detenuti uomini prevedono il guinzaglio. A memoria mia non ho visto portato con il guinzaglio né Totò Riina, che aveva commesso centinaia di delitti, stragi e sciolto nell’acido persone, né Marcello Dell’Utri, senatore di Forza Italia condannato in via definitiva dalla Cassazione per reato di concorso esterno in mafia né Matteo Messina Denaro. Il quale, quando venne arrestato, sembrava di assistere a una sfilata di moda maschile che camminava con le mani assolutamente libere. Quindi, come direbbero i veneti, ‘prima di parlare tase’. Perché questo è il quadro che noi abbiamo davanti”. Su Salvini aggiungeva: “Il ministro vuole che questa ragazza, se ritenuta colpevole, non debba più esercitare la professione di insegnante. Non solo. Dice che deve rimanere a scontare la pena in Ungheria. Io domanderei a Salvini cosa ne facciamo allora delle centinaia di parafascisti che hanno assaltato la sede della CGIL? Togliamo a tutti lo stipendio nelle attività in cui lavorano oggi? Perché probabilmente l’attacco alla sede della CGIL è qualcosa di più forte nell’essere stati assolti, con formula piena, per aver capovolto un gazebo” (il riferimento è all’episodio in cui la Salis venne accusata dalla Lega di aver assalito un gazebo. La donna fu poi assolta, ndr). E infine su Nordio ha evidenziato come lo stesso ministro della Giustizia “ha dato parere negativo per la decisione della Cassazione di concedere l’estradizione a Don Franco Reverberi (accusato di aver partecipato alle torture di oppositori politici durante la dittatura argentina, ndr), cittadino di origini italiane, appartenente alla diocesi di Parma dove fino a qualche anno fa diceva messa, di fronte alla richiesta, accettata dalla Cassazione, dei legali del governo argentino, dove adesso c’è un premier che quanto a fascismo non deve imparare nulla da noi italiani, motivando il suo respingimento dell’estradizione per motivi umanitari e di salute”. “Quindi noi in Italia – concludeva Lodato – ci teniamo i torturatori accusati dalle autorità argentine di aver partecipato al regime di Videla, ai desaparecidos e alle vicende che riguardano la Plaza de Mayo ma quando invece c’è qualcuno che incappa in questioni di ordine pubblico avendo i calzini rossi o avendo dei precedenti di appartenenza a partiti di sinistra è bene che se ne stiano con le catene nei paesi stranieri”.
A queste parole aggiungo, assumendomene la responsabilità, un’altra considerazione su questo governo fascista che manganella chi scende in piazza e protesta per i propri diritti. Da un lato si mostra garantista per “colletti bianchi” e potenti (con riforme su misura che cercano di minare sempre più il lavoro della magistratura e del giornalismo di inchiesta) ed anche con gli stessi mafiosi (con norme tutt’altro che stringenti su ergastolo ostativo e 41 bis), dall’altra tollera i “ceppi” alle mani e ai piedi contro quei cittadini “rei” di essere antifascisti.
Europa complice
Dall’Italia, poi, allarghiamo l’orizzonte. Ci chiediamo senza mezzi termini: cosa sarebbe accaduto se al posto di Ilaria Salis, cittadina italiana, vi fosse stata una cittadina statunitense? Cosa avrebbero fatto gli Stati Uniti d’America? Forse avrebbero mandato i caccia bombardieri a sorvolare la casa del Primo ministro dell’Ungheria. Noi, poco o nulla.
Cosa ha intenzione di fare l’Europa?
In un “Mondo normale” si farebbe di tutto per sbattere fuori dall’Unione Europea questo Paese che con le sue politiche fasciste sta mostrando tutto il proprio peggio.
Peccato che, nonostante le continue violazioni dello stato di diritto commesse in Ungheria (e lo stesso vale per la Polonia), non si possa andare oltre al blocco dei fondi comunitari che ha ricevuto da decenni.
Infatti l’estromissione coatta non è stata prevista nei Trattati dell’Unione Europea. I Paesi Ue possono abbandonare l’Ue solo volontariamente, come ha fatto il Regno Unito nel 2017.
Una follia, soprattutto se si considera che la deriva nazista e fascista, con le ultradestre sempre più vicine ad incarichi di potere, stanno dilagando in più Paesi (in Olanda il caso più recente).
Una dimostrazione di debolezza contraria ad ogni concetto di democrazia. La dimostrazione che nulla abbiamo imparato dalla storia.
Il caso Salis è scandaloso perché viene calpestata la sua dignità.
Attenzione. C’è già chi sta “usando” ciò che sta avvenendo contro la Salis per dire che anche l’Italia ha la sua “deriva” nelle normative antimafia come l’ergastolo ostativo e il 41 bis. Ma non vanno mescolati i temi.
L’Italia, in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, ha la migliore legislazione in materia, frutto dell’esperienza e del sacrificio di tanti magistrati ed investigatori. E non dimentichiamo che tra le vittime che hanno combattuto questa lotta vi sono anche politici, imprenditori, sacerdoti, cittadini, bambini, tutti appartenenti al lunghissimo elenco dei martiri colpiti dalla violenza mafiosa.
La mafia non è un’organizzazione criminale come tante altre (fatto che certi parrucconi delle Corti europee sembrano ignorare) e certe restrizioni delle libertà si sono rese necessarie per impedire che i boss potessero continuare a comandare dal carcere.
Non sia mai che a qualche politicante, sull’onda emotiva della questione Salis (così come era avvenuto con l’uso strumentale del caso Cospito), approfitti per alleggerire il carcere duro a boss come i fratelli Graviano, i Bagarella, i Madonia o i Biondino.
Il caso della professoressa italiana, detenuta e processata in Ungheria, non c’entra nulla con le mafie o i miliardi che esse investono in tutto il Mondo.
Per questo diciamo no a strumentalizzazioni di sorta.
Intanto che la politica, tutta, pensi alla Salis. O dobbiamo pensare che in Italia e in Europa si è complici dei Governi fascisti?