Paradosso Ankara: ‘Non colpiamo Isis per colpa del Pkk che ci costringe e colpire i curdi che combattono Isis’
Centinaia di morti dichiarati dagli stessi turchi. Molti di più quelli denunciati dalle popolazioni curde. Al quinto giorno di offensiva militare nella terra curda di Turchia, il sud est, Ankara vanta ’102 terroristi Pkk uccisi’. Ma le associazioni curde denunciano centinaia di vittime civili
di Ennio Remondino
Le notizie sono scarse, e non si capisce bene il perché, salvo una versione dell’informazione dalla Turchia dettata direttamente dal Presidente Erdogan.
Dall’agenzia Nena News, origine dal medio orientale, veniamo a sapere di una vera e propria guerra civile in corso.
Più di cento i militanti uccisi nel Kurdistan turco da quando una settimana fa Ankara ha lanciato una massiccia offensiva contro il PKK nel sud est del paese.
Lo riferiscono fonti governative alla France Presse, secondo le quali anche cinque civili e un soldato sarebbero morti nei rastrellamenti portati avanti dai militari turchi nelle aree residenziali di Cizre, Silopi, Sur, Yuksekowa e nella periferia di Diyarbakir.
Ma tutte le notizie sono di due giorni fa.
L’esercito di Ankara, 10 mila soldati e decine di cingolati, mercoledì ha lanciato la sua offensiva contro il PKK mirata ufficialmente a distruggere gli arsenali della guerriglia, con le autorità turche che, trionfanti, hanno dichiarato di aver già sequestrato nei giorni scorsi 2.240 armi, 10 tonnellate di esplosivi e 10 mila bombe molotov.
Polizia e forze di sicurezza sino a ieri completamento orbi?
Molti denunciano invece le operazioni militari di Ankara come a una punizione collettiva che lo Stato turco ha deciso di dare della popolazione curda sostenitrice consapevole o inconsapevole della guerriglia.
Osservatori sul posto narrano che l’esercito si accanisce con impunità su tutti gli abitanti e riduce in macerie ampie parti delle città nelle quali entra.
«La lotta durerà finché non sarà garantita la tranquillità. Non c’è alcuna interruzione e continuerà con la stessa determinazione», dichiara il presidente turco Erdogan, lasciando intendere che potrà essere anche peggio.
«Uso sproporzionato della forza- denuncia Salahettin Demirtas, leader del partito pro-curdo HDP- Una operazione con una tale quantità di forze, con bombardamenti delle città e l’invio di tutti questi soldati contro le persone, che dimostra solamente quanto sei impotente».
Il governo turco gli ha risposto subito, accusando Demirtas di essere il portavoce del PKK e di portare avanti una politica di “provocazione, caos, sangue e terrore”, come ha dichiarato il premier turco Davutoglu.
Parole esagitate e azioni militari indiscriminate che hanno gettato la popolazione nel terrore.
200 mila persone sarebbero in fuga dalle zone del kurdistan turco messo sotto assedio e dove è imposto il coprifuoco come in zona di guerra.
Chi resta, si trova senza acqua, elettricità, cibo, medicinali.
Molte associazioni locali hanno accusato Ankara di aprire il fuoco indistintamente su tutti, spiegando che dal luglio scorso, quando si è rotta la tregua, i soldati avrebbero già ucciso oltre 200 civili.
Ankara nega, e sostiene che le operazioni effettuate nelle città di Cizre e Silopi servivano solo a garantire la sicurezza di forze armate e civili. Salvo distruzioni diffuse.
Paradosso assoluto, ciò che ha affermato un funzionario del governo di Ankara al portale Middle East Eye: «Non possiamo dirigere le nostre risorse contro l’Isis in modo efficace a causa del PKK, soprattutto nelle regioni di confine».
Le operazioni che colpiscono i curdi, guarda caso, starebbero impedendo alla Turchia di combattere l’Isis.
I guerriglieri curdi che sono gli unici ad aver agito contro l’Isis, ma che, secondo il funzionario di Ankara, avrebbero ‘costrette in casa’ in funzione antiterrorismo le ‘risorse turche’ mai veramente utilizzate contro lo Stato Islamico per relazioni di complicità sempre più denunciate da giornalisti e analisti.
23 dicembre 2015