di Antonio Piro
Fare uno sciopero generale nazionale che riesca a bloccare perlomeno i settori principali della produzione e di quelli che fanno funzionare il paese, oggi è cosa impossibile, ciò non riuscirebbe a nessuno, il nostro blocco sociale che dovrebbe rappresentarne la spina dorsale è troppo disgregato.
Veniamo da 30 anni di arretramenti continui sia sul piano materiale che culturale, in nome della competizione sui mercati, in pratica si è fatto passare che vi fosse più disoccupazione, minor salario e diritti; in sostanza si è accettato come buone le teorie padronali come se più competizione significasse davvero più lavoro e benessere e non più sfruttamento e miseria per la forza lavoro.
Questo non vuol dire che i motivi che hanno portato a indire lo sciopero non siano validi, anzi la questione della disoccupazione, dei licenziamenti collettivi e della sempre più accentuata macelleria sociale richiederebbero un periodo lungo di alta conflittualità, una vera lotta di liberazione dai valori, dalle abitudini e dalle misure imposte da Confindustria e dai suoi governi.
Il fatto che lo sciopero generale dell’11 Ottobre sia stato indetto da tutto il sindacalismo di base è molto importante perchè significa che si comincia a sollevare lo sguardo oltre il proprio recinto e la propria bottega. Non sarà un percorso facile e privo di ostacoli, ma l’alternativa si chiama impotenza e forse anche una certa complicità coincidente con gli interessi del padronato che da sempre lavora per tenerci divisi.
Confindustria sta dimostrando una cinica determinazione e una precisa consapevolezza; approfitta della pandemia da virus per ottenere una montagna di soldi pubblici, si parla di 100 miliardi per ristrutturare i processi produttivi, riducendo i costi di produzione e acquisendo più competitività sui mercati.
E’ impressionante il cinismo con cui Confindustria e governo hanno gestito la pandemia, hanno usato una vera logica di guerra, soltanto che in genere nelle guerre mandavano a morire i giovani, nella pandemia hanno fatto morire invece più di centomila vecchi. Cioè hanno fatto morire moltissime persone che avevano memoria e lottato per migliori condizioni di vita e per un orizzonte di società diversa da quella attuale.
I capitalisti usciranno da questa pandemia con una maggiore concentrazione dei capitali e del potere politico, ne usciranno con una maggiore innovazione dei processi produttivi, addirittura si presenteranno, dopo aver avvelenato e distrutto l’ambiente, come coloro che possono guarirlo, ovviamente se ciò produce adeguati profitti.
I proletari hanno solo due strade: continuare a fare gli schiavi silenziosi o lottare per mettere le conoscenze acquisite al servizio del benessere collettivo, ma fin da subito occorre rivendicare una drastica riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, unico strumento per provare a ricompattare il nostro blocco sociale oggi disgregato. L’unità del sindacalismo conflittuale e le lotte unitarie che saprà costruire ne sono la condizione essenziale. Per questo motivo lo sciopero dell’11 Ottobre è molto importante.