Un uomo di Publitalia, impiegato da Dell’Utri nella nascita di Forza Italia, dietro i traffici somali su cui indagava Ilaria Alpi
E’ una delle molte inedite rivelazioni contenute in “1994” di Luigi Grimaldi e Luciano Scalettari edito da Chiarelettere. Il libro, con la postfazione di Salvatore Borsellino, da domani in libreria. Una documentata controinchiesta che sonda una serie di piste e che si snoda in un arco di tempo di sei anni, dal 1988 al 1994.
Dall’omicidio di Mauro Rostagno alla prima vittoria elettorale di Silvio Berlusconi dopo la sua “discesa in campo”. In questo intervallo di tempo piuttosto breve si materializzano alcuni sorprendenti “ponti” fra vicende apparentemente diverse.
Da un lato le bombe della mafia del 1992-1993, le stragi Falcone e Borsellino, la tragedia del Moby Prince, il progetto di divisione dell’Italia coltivato da Leghe del sud, massoneria, mafia e ex animatori della destra eversiva. Dall’altro i traffici internazionali di armi e rifiuti, che hanno avuto un importante epicentro in Somalia, e significativi collegamenti con la guerra dell’ex Jugoslavia.
Ponti che portano a tre omicidi irrisolti, Mauro Rostagno della comunità Saman, Vincenzo Li Causi, l’uomo del Sismi e di Gladio sospettato di essere un membro della Falange armata. Due omicidi che collegano Trapani e la Somalia, dove vengono assassinati i giornalisti di Rai3 Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Sono le tracce del “gioco grande” che condiziona i processi democratici del Paese attraverso un complesso e chirurgico concatenarsi di azioni parte di un’unica strategia e di un unico coordinamento.
In palio il futuro del Paese, la coesione nazionale, il rischio di una balcanizzazione e frammentazione dell’Italia come stato unitario. Uno scenario sostanzialmente innovativo sostanziato dalla documentata analisi di materiale giudiziario e dalla rivelazione di numerosissimi inediti. Ad esempio 1994 rivela l’identità e il ruolo di un personaggio dell’enturage di Marcello Dell’Utri, contemporaneamente invischiato nella nascita di Forza Italia, nei traffici con la Somalia, nel famigerato progetto Urano (traffici ambientali) e in cospicui maneggi finanziari internazionali. O, ancora, la documentata partecipazione delle navi Shifco, su cui indagavano Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, a traffici internazionali d’armi in un contesto che sembra, e tratti è, la fotocopia dei traffici dello scandalo Cia-Iran-Contras. Un circuito, attivo in Somalia, ancora e proprio, nei giorni dell’omicidio dei due inviati della Rai a Mogadiscio. E’ lo stesso circuito che mette in circolazione esplosivo identico a quello utilizzato per le stragi di mafia del 1992 e 1993 alla vigilia della strage del Moby Prince (a Livorno nell’aprile del 1991) sul quale vi sono tracce dl medesimo esplosivo e intorno al quale, anche nel giorno della strage, ci sono tracce dell’ammiraglia della flotta Shifco, di trafficanti d’armi e spioni di diversa estrazione.
Seguendo poi le tracce di questi traffici si arriva a “padrini eccellenti”, servizi segreti militari, Polacchi, Italiani e Americani. Trafficanti e mafiosi del calibro di Monzer Al Kassar, l’uomo che aiutava gli americani a far arrivare le armi ai Contras come in Libano, o di Vincenzo Virga il boss di Cosa nostra a Trapani al centro di troppe vicende, dal delitto Rostagno alla nascita delle leghe meridionali, dai rapporti con Mangano (lo stalliere di Arcore), al ruolo svolto nella torbida storia che lo vede, ancora nel 1992, nella funzione di “esattore” per conto di Publitalia e di Dell’Utri.
Al termine del percorso risulta chiaro che questa storia mette in evidenza un inedito evento-chiave: attorno alle bombe e ai delitti si sono costruiti e demoliti dossier e rivelazioni, indagini e depistaggi che nel loro complesso costituiscono una teoria di ricatti incrociati su cui si fonda la nascita della cosiddetta “seconda repubblica” e che hanno dato luogo a un’estenuante rincorsa fra chi nel tempo faceva emergere mezze rivelazioni sulle stragi di mafia e sui traffici somali e chi si prodigava per seppellirle e occultarle. L’ultima tappa di questa lunga storia di ricatti incrociati e depistaggi sarà la Commissione Parlamentare d’inchiesta sul caso Alpi-Hrovatin. Ci ha pensato Carlo Taormina a rendere inestricabile la già complessa matassa di interessi, col sostegno convinto del centrodestra e una poco efficace azione di controllo da parte dell’opposizione, che durante i lavori dell’organismo parlamentare ha tenuto troppo a lungo gli occhi chiusi e le orecchie tappate.
Insomma Mogadiscio, Milano, Firenze, Roma, Trapani sono assai più vicine di quanto non sembri.