di ALBERTO DI PISA
Il Senato ha accolto la proposta, formulata dalla Giunta per le immunità, di arresto del senatore Antonio Caridi. Nell’ordinanza emessa dai giudici di Reggio Calabria viene contestato a Caridi di avere intrattenuto rapporti con la ‘ndrangheta e di essere al vertice di una cupola segreta di tale organizzazione criminale. Caridi si è difeso nell’aula parlamentare respingendo ogni accusa.
I rapporti tra ‘ndrangheta, politica e massoneria non sono un fatto nuovo. Questa triangolazione esistente in Calabria era stata già accertata da Agostino Cordova, allora Procuratore della Repubblica di Palmi, che sulla base di documenti ed intercettazioni telefoniche ed ambientali aveva tracciato con nomi e dati, la mappa dei tre poteri. Lo stesso, nell’ambito della indagine sulla massoneria italiana deviata aveva ipotizzato l’esistenza di una “super loggia segreta” che portava a Licio Gelli e ad una serie di personaggi legati a logge massoniche coperte. Promosso Cordova a Procuratore di Napoli, l’inchiesta venne archiviata.
Alcuni anni dopo il pool antimafia di Reggio Calabria accertò le connessioni tra esponenti della famiglia dei “casati” e la massoneria coperta, connessioni esistenti soprattutto nel reggino. Nel 1995 i magistrati di Reggio scrivevano : “ (….) Sulle risultanze probatorie emergenti dal capitolo dedicato alla cosiddetta “Cosa Nuova”, l’apparato che attualmente è chiamato a guidare la ‘ndrangheta calabrese, ci si accorge anche che i gruppi mafiosi rappresentati in tale organismo verticistico possono contare, tra le loro fila, su esponenti indicati come facenti parte di logge massoniche dai collaboratori di giustizia”.
Della convergenza di interessi tra mafia e massoneria aveva parlato Giacomo Laurouno dei primi pentiti di ‘ndrangheta. Dichiarò in proposito Lauro nell’ambito dell’inchiesta denominata “Saggezza”: “Sino alla prima guerra di mafi . La massoneria e la’drangheta erano vicine, ma la ‘ndrangheta era subalterna alla massoneria che fungeva da tramite con le istituzioni… E’ evidente che in questo modo eravamo costretti a delegare la gestione dei nostri interessi con minori guadagni e con un necessario affidamento con personaggi molto spesso inaffidabili. A questo punto capimmo benissimo che se fossimo entrati a far parte della famiglia massonica avremmo potuto interloquire direttamente ed essere rappresentati nelle istituzioni”. Ed ancora “ Il nostro ingresso nella massoneria deviata cambiò i rapporti di forza e noi cominciammo a dialogare direttamente con le istituzioni senza più bisogno di mediatori. Fu così che Paolo De Stefano, Santo Araniti, Antonio, Giuseppe e Francesco Nirta, Antonio Mammoliti entrarono a far parte della massoneria”.
La ‘ndrangheta quindi fa un salto di qualità che le consentirà, di istaurare, per le sue attività illecite rapporti, su un piano di parità, con esponenti della classe dirigente della città di Reggio, anche essi aderenti alla logge massoniche.
In forza di questi collegamenti la ‘ndrangheta entrava nei più importanti circuiti dell’economia locale, dimostrando al tempo stesso una notevole capacità di adattamento ai processi di modernizzazione. Secondo la DIA, infatti le ‘ndrine usano molto internet per riciclare i proventi delle loro lucrose attività. Ed afferma il generale Carlo Alfiero, ex direttore della Direzione Nazionale Antimafia : “La mafia calabrese ha notevolmente ampliato la sua presenza nel territorio nazionale, creando una rete operativa estremamente efficiente per compartimentazione e segretezza, riproducendo in Italia e all’estero le strutture ordinative presenti da decenni in Calabria”.
Questa espansione e capacità di adeguamento della ‘ndrangheta ha determinato una maggiore considerazione della stessa da parte delle altre organizzazioni criminali, ivi compresi i gruppi terroristici che, ritenendola una organizzazione affidabile, hanno stretto solidi rapporti finalizzati alla realizzazione di attività illecite anche al di fuori del territorio nazionale.
Un esempio di attività illecite della ‘ndrangheta, nel settore finanziario e bancario è dato da quanto riferito da Nicola Gratteri (attuale Procuratore della Repubblica di Catanzaro e da anni impegnato nel contrasto alla ‘ndrangheta) e Antonio Nicasio nel libro “Fratelli di sangue”. Scrivono infatti gli autori : “Nel marzo del 2000, una complessa indagine condotta con l’ausilio di satelliti ed intercettazioni ambientali ha individuato un business di decine di milioni di euro relativo a falsificazioni di garanzie bancarie, clonazione di titoli e altre truffe a istituti di credito, tra i quali Deutsche Bank di Milano”
Ed ancora un esempio di intreccio tra ‘ndrangheta e corruzione politica è dato dalla vicenda della centrale a carbone di Gioia Tauro. Nel 1967 la zona destinata alla costruzione della centrale a carbone era stata dichiarata “territorio di notevole interesse pubblico per la presenza di tradizionali coltivazioni, di entità tale da creare numerosi quadri naturali di suggestiva bellezza panoramica”. Malgrado ciò, il CIPE nel dicembre del 1981, individuò nella piana di Gioia Tauro la zona in cui realizzare una centrale a carbone, stanziando per la realizzazione dell’opera ben 5625 miliardi. L’Enel peraltro, pur in mancanza delle prescritte autorizzazioni di legge, iniziò ugualmente i lavori. Intervenne la Procura di Palmi che avviò una indagine a carico dell’Enel avendo accertato, attraverso una perizia sismologica, che l’area in cui sarebbe dovuta sorgere la centrale era ad alto rischio sismico, il che sconsigliava la realizzazione dell’opera in quel sito. La Procura avviò anche una indagine nella assegnazione dei subappalti. La questione arrivò in Cassazione che accolse il ricorso dell’Enel bocciando l’indagine. Con decreto dell’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti venne autorizzata la realizzazione della centrale.
Nella richiesta di rinvio a giudizio dei responsabili dell’Enel, i magistrati della Procura di Palmi così’ avevano scritto: “La presente indagine ha messo a nudo nuovamente ed emblematicamente il punto di intreccio tra mafia e corruzione politica e, più specificamente, il sistema di governo che da sempre ha gestito l’intervento pubblico al sud e il patto di ferro tra Stato e mafia”.
Indagini giudiziarie accertarono che i rapporti tra ‘ndrangheta ed estrema destra e tra ‘ndrangheta e massoneria deviata, ebbero inizio in occasione dei moti di Reggio, come risulta dalle dichiarazioni del Lauro che rivelò ai magistrati di patti stretti tra esponenti di vertice della ‘ndrangheta ed alcuni settori della politica nonché della infiltrazione dei primi nella massoneria. In particolare ha riferito di avere ricevuto l’ordine di mettersi a disposizione di esponenti della eversione nera affermando che l’adesione della ‘ndrangheta reggina ai moti era determinata soltanto dallo scopo di soddisfare propri personali e criminali disegni ed interessi economici. Precisò peraltro che contrario a questa partecipazione della ‘ndrangheta alla rivolta era Domenico Tripodi, temuto boss di Sanbattello così come contrario era Antonio Macrì per la considerazione che, avendo la rivolta attirato sulla Calabria l’attenzione di tutta l’Italia, erano aumentati i controlli di polizia e vi era una minore disponibilità dei politici.
Lauro ha parlato anche della disponibilità della ‘ndrangheta ad intervenire nel colpo di Stato che nel 1970 avrebbe dovuto essere attuato in Italia. Ha infatti dichiarato, nel corso del processo svoltosi davanti alla Corte di assise di Palmi: “Si preparava in Italia un colpo di Stato che nel dicembre di quell’anno (1970 ndr) avrebbe dovuto sovvertire l’ordine democratico. Il piano prevedeva l’intervento della ‘ndrangheta e mafia siciliana. I padrini delle consorterie criminali avrebbero dovuto fornire manovalanza per neutralizzare eventuali sacche di resistenza”. Dichiarazioni coincidenti, per quanto riguarda la realizzazione del colpo di Stato, con quelle di Buscetta, di Luciano Leggio e di altri pentiti di mafia.
La ‘ndrangheta quindi ha istaurato collegamenti con gruppi eversivi, con servizi segreti, con la massoneria e con la politica; il che le ha consentito di gestire impunemente le proprie attività illecite nel settore economico, finanziario e bancario, garantendosi in tal modo, come scrive Nicola Gratteri, una copertura “realizzata in vario modo (depistaggi, vuoti di indagine, attacchi di ogni tipo ai magistrati non arrendevoli, aggiustamenti dei processi) cui fece seguito una sostanziale impunità della ‘ndrangheta ma anche una sua capacità di rendersi invisibile agli occhi delle istituzioni. Persino l’attività del confidente, un tempo simbolo dell’infamia, venne consentita, soprattutto quando serviva a stabilire relazioni o scambi utili con rappresentanti dello Stato o per depistare l’attività investigativa verso obiettivi minori”. (Nicola Gratteri, La Malapianta: la mia lotta contro la ‘ndrangheta).
Non vi è dubbio quindi che in Calabria esiste una forte connessione tra politica, ‘ndrangheta, imprenditoria e massoneria deviata. Lo stesso ex procuratore della Direzione nazionale antimafia, Pier Luigi Vigna, in una intervista rilasciata il 16 febbraio 2006 a “News Settimanale” ebbe a dichiarare: “La ‘ndrangheta ha collegamenti con logge massoniche coperte che non appartengono alla massoneria ufficiale: centri di interessi, di incontri, di agevolazioni”.
(Continua)