Dicono sia molto riservata, soprattutto per quel che riguarda la vita privata. Tranquilla e riflessiva. Dicono anche che negli ultimi mesi sia diventata più audace. Coraggiosa e determinata. Sono i tratti distintivi del carattere di Camila Vallejo. Questo nome non vi dirà niente. Ma Camila, 23 anni e studentessa di Geografia, in Cile è una star. Un po’ per le sue idee politiche che stanno mettendo in crisi il governo del Paese, un po’ perché è davvero bella. Lunghi capelli scuri. Occhi verdi tendente all’azzurro. Un piercing al naso. E ogni volta che i media (nazionali e non) le fanno notare la sua bellezza, lei risponde: “Non ho scelto io il mio aspetto fisico, ho scelto però le mie battaglie”.
La prima su tutte riguarda il sistema scolastico pubblico. Camila è il presidente del Fech, Federazione degli studenti dell’università del Cile. La seconda donna in 106 anni di storia. È stata eletta nel 2010, superando anche il leader Giorgio Jackson che le riconosce “una marcia in più”. Il punto è che Camila da quattro mesi sta guidando la protesta nel Paese. Migliaia di studenti in piazza. Centinaia di istituti occupati. Poi flash mob, carri allegorici e iniziative colorate. Come una corsa a staffetta di 1800 ore intorno al Palazzo del governo. Il dissenso è stato contagioso. E alla fine Camila ha portato in piazza per ben tre volte 200mila persone. Non solo studenti (compresi quelli delle scuole private) in marcia anche famiglie, anziani e cittadini. Tutti a chiedere un’istruzione più equa. E soprattutto meno dispendiosa: basti pensare che per andare all’università pubblica servono quasi mille euro al mese. Una spesa insostenibile per molti che si indebitano per decenni.
Insomma Camila vuole riformare il sistema in vigore dalla dittatura. E i cileni, restii alle proteste di massa, questa volta sono d’accordo, o almeno l’81 per cento di loro. Il governo che spende l’0,84 per cento del Pil (ben al di sotto delle media mondiale) nell’istruzione sembra non voler ascoltare. Ha proposto una riforma che prevede un aumento dei fondi, ma loro hanno rifiutato. Vogliono cambiare. E così la popolarità del presidente Sebastián Piñera è scesa dal 70 per cento, quando salvò i minatori dal pozzo, al 35. I media cileni ne attribuiscono la causa anche alla protesta degli studenti.
E Camila viene intervistata di continuo. Spiega con freddezza le ragioni degli studenti, snocciola dati. Non perde la calma nemmeno quando in un confronto televisivo, politici navigati fanno della suo aspetto un punto debole. “Sei tanto intelligente. Ma dovresti essere un po’ meno bella perché a questo modo capita che uno si distrae e non ascolta”. Sarà. Ma intanto “compagna Camila” (di formazione comunista, come i suoi genitori), va dritta per la sua strada. Vuole vincere la battaglia per una scuola “più equa” e regolarizzare “la giungla delle private”. Per poi “continuare nella politica, nel partito”. E dalla sua ha migliaia di persone che la seguono. Oltre 20mila fan sulla sua pagina Facebook. Centinaia di commenti sui video, decine di “innamorati”. E c’è chi le ha dedicato pure una canzone.
Una sovraesposizione mediatica che in Italia a nessun giovane è concessa. È una mancanza di idee? O un problema del sistema?