di MOWA
“Per imporre uno svolta nel comportamento non sempre responsabile ed edonistico-egoistico dell’uomo moderno, non basta un semplice ricambio di classe dirigente, ma si rende necessaria una modificazione radicale del sistema di potere e insieme la creazione di un nuovo senso comune e di una coscienza sociale superiore. Senza questa palingenesi non solo la vecchiaia continuerà a essere un tormento, ma l’uomo anziché progredire rischierà di regredire nella barbarie” [ Vittorio Moioli, Considerazioni sulla vecchiaia ]
Si parla tantissimo, negli ultimi tempi, della perdita dei nostri cari a causa del virus circolante nelle vie del mondo e, in particolar modo, dei decessi avvenuti nelle strutture per anziani (RSA) ma non si vuole analizzarne il sistema (e quando si dice questo si includono le scelte personali di ognuno) mettendo in discussione la gestione delle strutture residenziali.
Ad es., non si dice che in Italia la “gestione delle strutture residenziali, secondo uno studio svolto nel 2017 dall’Ires-Morosini, è affidata per il 14% ai Comuni e per il 70% ai privati, in gran parte enti religiosi. Se si tiene conto che nel 28% dei casi in cui è stato effettuato un controllo sul funzionamento di queste strutture private sono state riscontrate delle “non conformità”, si ha un’idea di quale sia la qualità del servizio che esse garantiscono.” E che a queste carenze sono “da aggiungere il particolare che da noi le rette per il ricovero di un anziano nelle strutture residenziali sono mediamente elevate raggiungendo anche i 60-80 euro giornalieri.” [1]
Sosteneva, infatti, nello studio del 2018, dal titolo Considerazioni sulla vecchiaia (che si invita di leggere per la profondità dell’analisi), il nostro scomparso collaboratore Vittorio Moioli, che confrontava i sistemi di assistenza agli anziani di altri Paesi, rimarcando le deficienze nazionali se comparate con quelle realtà quasi simili all’Italia sul piano della stessa quantità con il 2,7% del totale e quelli assistiti a domicilio il 3,3%, mentre in Germania, essere, rispettivamente il 5,2% e il 9,6%, ed in Francia il 6,1% e il 7,9%.
Queste sono, solo, alcune delle lacune, riscontrate da Moioli, il quale rimarcava che, in molte zone, l’assistenza viene coperta dall’intervento del volontariato in quanto il deficit di assistenza pubblica è tale da essere ripreso e sollecitato nell’estensione, soprattutto quello domiciliare, dall’Unione europea.
Nel citato studio si evidenzia come alcuni dati sono importanti per comprendere l’approccio e la volontà a superare i momenti di crisi come quello attuale. Ovvero sia, se: “In Italia esistono 5.858 strutture residenziali (case di riposo, case famiglia, case albergo, residenze protette) per l’accoglienza degli anziani (censimento 2008) con 287.532 posti letto. Ciò significa che, in media, dieci anni fa esisteva una struttura per ogni 2.200 anziani e un posto letto per ogni 45 di loro. A fronte di 4.100.000 anziani non autosufficienti (dati 2010) erano 3.409 (delle 5.858) le strutture residenziali destinate a loro, il che vuol dire che ce n’era una ogni 1.200. Alle strutture residenziali sono da aggiungere quelle non residenziali che erano 7.771 le quali hanno funzioni diagnostiche e assistenziali.”
Ecco, allora, la necessità di vedere il problema degli anziani con nuove luci di soluzione; quindi, non più regolati da rapporti sociali, con il metro della convenienza o della più spietata competizione, ma come sinonimi di saggezza e, soprattutto, sgombrati dalle personali ipocrisie delle tradizioni perché in effetti (sempre, Moioli) di “immortale in noi c’è qualcosa, sono i batteri che non muoiono, ma continuano a riprodursi”.
La percezione e i dati ci confermano che i valori di cui è portatore l’anziano sono stati penalizzati da un sistema che si avvale di mass-media i quali “impongono” maggior attenzione a persone efficienti, affascinanti o in agiate condizioni di vita costruendo, di fatto, quell’humus culturale di una piramide socio-culturale molto differenziata che contrasta con i valori dell’eguaglianza della Costituzione, tanto più in momenti emergenziali come questo.
La scarsa pietas dell’esclusione degli anziani dal contesto sociale del proprio vissuto, relegati in RSA (salvo casi problematici), evidenziano come le famiglie abbiano perso il senso della socialità e della solidarietà; valori che hanno consentito all’umanità di progredire. Anche se, fortunatamente, esistono ancora volontari i quali donano il loro tempo ed energie a chi ha bisogno senza pensare al proprio tornaconto.