Se nel resto del mondo la popolazione di api è in diminuzione costante, a Cuba aumenta la produzione di miele biologico.Cuba è l’isola dell’agricoltura biologica
“A Cuba abbiamo dovuto adottare l’agricoltura biologica non per convinzione, ma per necessità. Le alternative erano due: produrre biologico o soffrire la fame” spiega in un reportage di France24 una donna impiegata in una cooperativa agricola nel distretto di Alamar, a L’Avana.
Il termine agricoltura
organoponica designa il sistema agricolo utilizzato negli orti urbani delle città cubane, in cui le coltivazioni poggiano su strati di materia organica o compost. Inoltre, è previsto l’uso di tecniche eco-sostenibili e naturali per il controllo dei parassiti e l’uso di tecniche eco-sostenibili e naturali per il controllo dei parassiti e il miglioramento della fertilità del suolo senza l’utilizzo di pesticidi e diserbanti.
Le api si giovano particolarmente dell’assenza di sostanze chimiche nelle coltivazioni, producendo un miele di alta qualità.
Dal periodo coloniale, fino alla Rivoluzione Socialista, Cuba ha vissuto gli effetti devastanti della monocoltura della canna da zucchero e del tabacco sul terreno, reso meno fertile, e sulla biodiversità.
Tuttavia, la situazione è radicalmente cambiata dopo la fine dell’Unione Sovietica che aiutava Cuba contro il duro blocco economico imposto dagli Stati Uniti immediatamente
dopo la Rivoluzione.
Risulta facile immaginare come la fine della guerra fredda abbia influito sulla fragile economia del Paese, privato dei sussidi e degli aiuti provenienti da Mosca. Trovandosi isolata, sotto embargo e senza protezione militare, Cuba ha dovuto far fronte al problema della alimentazione con un’economia fondata sulle monoculture in crisi e la mancata fornitura di pesticidi, combustibile e fertilizzanti.
Si è sviluppato così un know-how del tutto peculiare, come dimostra il lavoro dei biologici che creano fertilizzanti naturali con cadenza regolare.
I risultati di questo sviluppo eccezionale dell’agricoltura biologica urbana sembrano ottimi, dal momento che più di 4.000 aziende agricole situate nelle città dell’isola riescono a produrre 1,5 milioni di tonnellate di prodotti ortofrutticoli, rigorosamente privi di pesticidi e fertilizzanti chimici. Difatti, è possibile chiamare questo tipo di produzione “biologica-intensiva”, che consente di coltivare tutto l’anno. Nel tempio dell’agricoltura biologica cubana, la Finca Marta diretta da Fernando Fuentes, il terreno viene suddiviso in lotti e ognuno di questi può sostenere fino a 7 o 8 rotazioni in un solo anno.
La vita segreta delle api a Cuba
Adottando tecniche di agricoltura biologica e pratiche di economia solidale, Cuba è riuscita a unire i saperi ancestrali e tradizionali all’estremo bisogno di alimenti sani. Rompendo con il passato, l’abbandono delle monoculture e il lento ritorno della biodiversità potrebbero consentire il raggiungimento dell’autosufficienza agroalimentare. Un settore in forte crescita è proprio quello dell’apicoltura con la sua produzione annua pari a novemila tonnellate, che beneficia grandemente della drastica riduzione nell’uso di pesticidi in agricoltura avvenuta nel corso di trent’anni. Come evidenziato nel documentario di ARTE con sottotitoli in italiano ( https://www.arte.tv/it/
Forse l’isola caraibica sarà presto conosciuta non più per i celebri sigari, bensì per l’incontaminato miele privo di sostanze artificiali.
Sviluppo sostenibile e sfide future
In “Ecologia dei poveri. La lotta per la giustizia ambientale”, edito Jaca Book, Martínez Alier ha individuato una coscienza ecologica nel Sud del Mondo distinta dal ricco ambientalismo occidentale, in quanto motivato dalla necessità di sopravvivere e dalla resistenza all’aggressione da parte dei paesi industrializzati, che hanno depredato le risorse naturali e distrutto l’ambiente del Sud. A Cuba, invece, sono state le circostanze storiche, che hanno condotto al suo isolamento, a incentivare lo sviluppo di pratiche ecologiche alternative. Tuttavia, non bisogna dimenticare il ruolo della Rivoluzione Cubana nel promuovere una politica sociale e umanista che ha consentito al Paese di ottenere enormi progressi, sopratutto in materia di sviluppo sostenibile. Cuba ha di fatti adottato l’Agenda 2030 dell’ONU con i suoi 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, in continuità con il successo nel raggiungimento degli 8 Obiettivi del Millennio per il 2015.
Già nel 2006 il Paese risultava essere l’unica nazione al mondo con un modello di sviluppo completamente sostenibile, data la bassa impronta ecologica e un punteggio superiore allo 0,8 nell’Indice di Sviluppo Umano, al 50° posto tra i 177 paesi partecipanti all’indagine.
Nonostante le misure di contenimento e di prevenzione contro la COVID-19 abbiano avuto esito positivo, soprattutto se si paragonano i dati del contagio cubano con quelli del Cile (Paese a forte guida neoliberista), Cuba si trova ora ad affrontare una crisi economica pesante. Il virus ha infatti amplificato gli effetti delle sanzioni di Trump, che vuole spezzare i rapporti de L’Avana con Caracas, colpendo l’isola a livello economico e finanziario per aizzare le rivolte a seguito del razionamento dei generi alimentari.
La domanda sorge ora spontanea: siamo giunti alla meta finale della storia, come teorizzato da Francis Fukuyama, o è possibile un’alternativa? Cuba con le sue pratiche economiche solidali e la sua agricoltura biologica sembra dimostrare l’esistenza di nuove possibilità in alternativa ad un sistema economico che produce effetti nefasti sull’ambiente e che ha soverchiato le altre sfere dell’esistenza umana. Forse si può immaginare un nuovo orizzonte.
Rebecca Graziosi