di MOWA
“C’è un legame stretto tra lentezza e memoria, tra velocità e oblio. […] Nella matematica esistenziale questa esperienza assume la forma di due equazioni elementari: il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria, il grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio.”
(Milan Kundera, ne La lentezza)
Da un po’ di tempo a questa parte subiamo un mirato attacco a questo sito con il probabile intento di scoraggiare chi vi scrive a pubblicare notizie che hanno un loro fondamento che è, anche, quello di aver individuato alcuni dei responsabili del disastro economico, sociale, morale, etico… che è sotto gli occhi di tutti.
Il metodo non è assolutamente nuovo a chi prova ad informare una platea vasta di persone, a fronte di uno schieramento di media molto asserviti al potere di una esigua élite di soggetti, come si sostiene da diversi decenni. Riscontri in tal senso ce ne sono a bizzeffe e il tempo ci ha dato ragione. I reazionari, strumentalmente, usando questi stessi argomenti ma con l’intento di mettere in caciara e imbrogliare l’opinione pubblica dando, in realtà, sostengno a quello stesso potere élitario (in modo non sempre dichiarato pubblicamente) che dice di combattere ma che, invece, alcune testate giornalistiche serie, come ad es. Report, hanno scoperto di quali mezzucci siano capaci di “inventarsi” pur di intricare e carpire la buona fede delle persone perbene e non modificare, se non in peggio, lo status quo, nella migliore tradizione gattopardesca.
Ma quali “armi” utilizzerebbero per stronacare chi, come noi, vuole mettere in risalto, cronologicamente, i fatti accaduti e costruire una storia comparata che abbia il valore di non spegnere la cosa più importante che abbia il genere umano e cioè la memoria?
“L’oblio”.
Negli anni passati è stata approvata una pessima direttiva europea dove si chiedeva (per dirlo usiamo le parole di Lucrezia Pedini):
“Il diritto all’oblio, inizialmente riconosciuto soltanto a livello giurisprudenziale sia in campo europeo che nazionale, può essere definito come l’interesse di un singolo ad essere dimenticato: la sua esplicazione consiste nella cancellazione dei contenuti dalle varie pagine web, di precedenti informazioni (spesso pregiudizievoli come ad esempio precedenti penali) che non rappresentano più la vera identità dell’interessato. Consiste, dunque, nella possibilità di richiedere l’eliminazione di notizie relative a fatti avvenuti in passato per tutelare la riservatezza e l’identità personale attuale di un soggetto.
Infatti, digitare il proprio nome su Google può essere un’esperienza che riserva molte sorprese. La lista dei risultati è un insieme di pezzi che va a comporre la nostra identità sul web: compare ciò che abbiamo postato sui social network, c’è il commento fatto nella bacheca dell’università o foto che abbiamo pubblicato tanti anni fa. Ma se qualcosa non ci piace, ci imbarazza o addirittura riteniamo sia calunniosa, abbiamo diritto a essere “dimenticati” dal motore di ricerca? Secondo la Corte di Giustizia europea, tecnicamente sì.”
La stessa Pedini solleva, anche, l’obiezione che il diritto all’oblio possa rappresentare:
“... una sorta di «difesa dal ritorno del rimosso». Il diritto all’oblio, inevitabilmente, si pone in contrapposizione con l’interesse alla conoscenza. Secondo alcuni, esso, se concepito come diritto incondizionato, andrebbe a contrapporsi, con effetti a dir poco disastrosi, allo stesso “diritto alla storia”, poiché, potendo, chiunque avrebbe interesse a non rendere più conoscibili tutte quelle notizie “scomode” che lo riguardano.”
L’articolo 17 (prima definito dall’art. 12 della Direttiva), infatti, si occupa del diritto all’oblio ed alla cancellazione dove vengono dati compiti specifici ai vari responsabili che, però, andrebbero a collidere con (sempre da Pedini):
(a) per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione;
(b) per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica;per finalità storiche, statistiche e di ricerca scientifica.
Ci si chiede, a questo punto, se la collettività (che ha forma indistinta) può avere diritto di rientrare, con le proprie analisi, in quella che si definisce storia comparata (dizionario Treccani: Indagine sistematica, alla luce di determinate problematiche, delle analogie e delle differenze tra due o più fenomeni storici, con lo scopo di fornire una descrizione e una spiegazione il più possibile accurate e di pervenire a interpretazioni più generali di eventi, esperienze, strutture e processi storici) o dobbiamo definire la direttiva europea discriminante al punto da sottrarre a tutti i cittadini questo diritto d’opinione, d’espressione tutelato dalla Costituzione italiana.
Ora ci sarebbero alcune questioni da approfondire, un esempio? Se sia giusto o meno per la collettività avere il diritto di sapere se tizio o caio abbia avuto problemi seri come quelli gravi di natura giudiziaria e che le cronache ne abbiano dato notizia e che tali fatti facciano,quindi, storia per i posteri… e che magari possano sfociare in qualche opera artistica e/o letteraria.
Perché sarebbe una menzogna sostenere che tale diritto all’oblio sia bilanciato tra chi riporta la notizia di cronaca nei media, siti, ecc. in internet e chi gestisce i motori di ricerca in quanto chiunque sia a conoscenza di un minimo di informatica sa che il dato rimane permanentemente.
Lasciamo a quei pochissimi proprietari e collaboratori dei motori di ricerca il dato per farne quale uso?
Ecco, allora, che la direttiva europea sottrae, invece, ai cittadini la possibilità di fare analisi con quei dati, con la scusa dell’oblio, e favorisce quell’élite che questo sito cerca di contrastare attraverso l’aumento di una massa critica e contro quelle che è la gestione di istituzioni che producono leggi penalizzanti allo sviluppo della democrazia in una orwelliana società fatta da una neolingua che ci sta spingendo verso la soppressione di autentici diritti e, invece, future guerre.
Non si venga a dire che la privacy è una costante prevalente della direttiva europea perché verrebbe smentita da quanto spiegato dall’ex appartenente alla NSA, Edward Snowden, il quale sostiene che, persino, il servizio segreto britannico può manipolare il contenuto di internet a piacimento. Altro che hacker.
Vogliamo dimenticare, forse, le continue persecuzioni, messe in atto da queste fantomatiche élite imprenditoriali, nei confronti di tutte quelle persone perbene (in prevalenza comuniste) che si sono attivate per migliorare il paese partendo dai posti di lavoro e che venivano, già allora, schedate e confinate in reparti castigo o, addirittura, licenziate?
Si possono, forse, dimenticare e mettere nell’oblio criminali che hanno costruito le “prime formazioni paramilitari finanziate dalla Confindustria e dalla FIAT”? Oppure il “progetto neogollista ed atlantista di Sogno e Pacciardi. La propaganda psicologica di Luigi Cavallo contro la FIOM ed il PCI. La vicenda di Roberto Dotti e di Corrado Simioni. Il sequestro Moro sullo sfondo dello scontro tra Italia ed Israele. L’ombra di Gladio”? [1] Ma, allora, le parole del Presidente della Repubblica, Mattarella, pronunciate in commemorazione della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, contro l’oblio da qualunue parti arrivi ed anzi approfondire, sono da considerarsi carta straccia?
Possiamo sollevare l’interrogazione che la questione non sia se la notizia sia fresca o meno ma se si vuole mantenere il dato alla portata di una pluralità di soggetti o meno. E, qualora si dovesse offendere, minacciare ecc. si paghi, giustamente, davanti alle leggi.
Ma far passare come conquista la rimozione delle notizie di cronaca con l’oblio, significa per i più distratti:
“dimenticanza (non come fatto momentaneo, per distrazione o per difetto di memoria, ma come stato più o meno duraturo, come scomparsa o sospensione dal ricordo)”
e che in psicologia significa frutto di un progressivo indebolimento dei depositi mnesici; cioè, per la medicina, un disturbo e non una cosa meritevole.
Si chiede ai parlamentari, giuristi, di rivedere alcuni aspetti penalizzanti di suddetta direttiva. Questo sito si sta attrezzando in tal senso.