#Bolivia Aumenta la protesta contro il governo golpista della autoproclamata presidente Áñez che per la terza volta intende rinviare le elezioni.
A 4 giorni dall’inizio dello sciopero generale a oltranza deciso dalla Centrale Operaia Boliviana (COB), ci sono già circa 80 punti con blocchi stradali in un paese dove oltre il 90% dei trasporti avviene su strada.
Il Ministro per il Governo Murillo e l’intero gruppo golpista stanno cercando di calunniare le mobilitazioni attraverso i grandi media con l’argomento che le morti per Covid-19 starebbero avvenendo a causa della mancanza di ossigeno il quale non arriverebbe nei centri ospedalieri.
La radio Kawsachum Coca ha invece smentito queste dichiarazioni, affermando che la libera circolazione dell’ossigeno e delle medicine era stata da subito una regola stabilita ai vari punti di blocco.
La verità è che da settimane il collasso sanitario è tale che le persone muoiono nelle loro case o per strada per mancanza di ossigeno, o anche negli ospedali dove i pazienti possono essere ricoverati solamente se c’è un letto e se portano loro stessi, a proprie spese, una bombola di ossigeno; la stessa situazione che si verifica in altri paesi come Perú ed Ecuador.
Inoltre va sottolineato come il crollo del sistema sanitario ha fatto esplodere la speculazione e la corruzione all’interno delle cliniche, dei laboratori e delle aziende farmaceutiche, a cui ora si somma la speculazione dei distributori di ossigeno, dove i prezzi sono quotati in migliaia di bolivianos, per comprare a una bombola, cifra irraggiungibilie per buona parte della popolazione boliviana.
Il governo golpista incoraggia gli accordi tra il settore privato e gli imprenditori del campo sanitario, attraverso i quali i settori popolari vengono condannati a trattamenti di dubbia efficacia come la Ivermectina, un antiparassitario che secondo alcuni contribuirebbe alla lotta contro la malattia. Altri incoraggiano l’uso del biossido di cloro, un disinfettante industriale, per combattere la malattia.
In altre parole, la gestione criminale della pandemia da parte della autoproclamata presidente Áñez e dei suoi ministri condanna la maggioranza dei lavoratori e dei settori popolari, delle comunità, delle popolazioni indigene e dei contadini al “si salvi chi può” ed alla rassegnazione.
La misura di protesta pacifica dei blocchi stradali portata avanti soprattutto nelle zone minerarie, andine e contadine, e dello sciopero generale a oltranza non viene seguita pienamente in alcune città dove qualche organizzazione ha sottolineato che, in fondo, le elezioni sarebbero state rinviate “solamente” di 43 giorni.
Questa visione, “dimentica” che in realtà questo è il terzo rinvio. Il timore di ampi settori popolari, come è stato espresso nelle mobilitazioni, è che il blocco golpista intenda programmare nuovi rinvii di fronte all’aumento geometrico dei contagi e dove, inoltre, i vari rappresentanti del golpe, nonché la stampa egemonica dei media, sottolineano costantemente che il virus non scomparirà nei prossimi mesi, il che lascerebbe la porta aperta ai golpisti per continuare a rimandare il calendario elettorale.
Juan Carlos Huarachi, segretario esecutivo del COB, ha sfidato oggi il presidente golpista del Tribunale Supremo Elettorale (TSE), Salvador Romero, a un dibattito che venga trasmesso in diretta.
Il Tribunale Elettorale ha convocato le organizzazioni sociali sperando di convincerle sulla necessità di rinviare le elezioni al 18 ottobre e a rimuovere i blocchi stradali.
Nel caso in cui questa tattica di dialogo non funzioni, il ministro Arturo Murillo ha affermato che se i blocchi non verranno tolti volontariamente, dovranno farlo con la forza, in una chiara minaccia di repressione della polizia e militare, sostenendo che devono garantire l’arrivo dell’ossigeno a ospedali, una questione che verrebbe interrotta a causa dei blocchi.
Ha anche affermato che se la TSE organizza che le elezioni si svolgano “domani”, in quanto governo e fronte elettorale INSIEME, non avranno problemi ad andare alle elezioni di domani. Questa affermazione, che cerca di focalizzare l’oggetto del conflitto sulla TSE valutando la possibilità di raggiungere nuovi accordi con il MAS prima di ricorrere alla forza, si inserisce in un quadro di crepe crescenti all’interno del gabinetto.
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