Riceviamo e pubblichiamo.
Lo staff iskrae
comunicato stampa Milano, 1 ottobre 2020 Forte attesa delle associazioni di parte civile e dei familiari per l’udienza di venerdì 2 ottobre del processo per i morti di amianto alla Scala di Milano. Sono 5 i dirigenti del Teatro imputati per omicidio colposo per la morte causata dall’amianto di 10 lavoratori, fra tecnici, cantanti, musicisti, operai e manutentori: una lista tragica arrivata nel frattempo a 13 deceduti e destinata ad allungarsi. C’è forte attesa da parte delle associazioni di parte civile e dei familiari delle vittime per l’udienza di venerdì 2 ottobre, in Tribunale a Milano, del processo per i morti di amianto al Teatro alla Scala, la terza dopo l’interruzione di 8 mesi, dovuta all’emergenza COVID: all’odg la Relazione di un altro consulente della direzione della Scala, il prof. Enrico Pira, per gli aspetti delle patologie dei lavoratori morti di amianto. “Che cosa accadrà? Assisteremo ancora una volta ai tentativi di minimizzazione già sentiti nell’udienza del 21 settembre, scorso con le relazioni dell’ing Giuseppe Nano e del prof. Carlo La Vecchia, consulenti della difesa? Ci auguriamo di no, perché occorre rispetto per chi è morto per una patologia così grave, contratta sul luogo di lavoro”, ha detto Fulvio Aurora, responsabile vertenze giudiziarie di Medicina Democratica, una delle associazioni costituitesi parte civile. Il processo per i morti e i malati di amianto al Teatro alla Scala è cominciato il 9 febbraio 2017 e vede imputati per omicidio colposo 5 dirigenti della Scala per la morte di 10 persone, di cui 7 per mesotelioma pleurico, il cancro che non perdona, causato esclusivamente per esposizione alle fibre di amianto, come ha sottolineato nell’udienza del 14 settembre, Enzo Merler, consulente di parte civile, epidemiologo di prestigio indiscusso, già responsabile del Registro regionale veneto dei casi di mesotelioma. L’amianto alla Scala era dappertutto, persino nel sipario, con pericolo per le maestranze e per il pubblico ignaro, come aveva sottolineato egli stesso, e come è descritto in maniera inequivocabile nel Dossier presentato nel febbraio scorso dal Comitato Ambiente Salute Teatro Scala Solo grazie alle denunce ripetute dei lavoratori , dagli anni 2000 i dirigenti della Scala avevano provveduto a successive bonifiche ed era stato finalmente siglato nel dicembre 2013 un Protocollo d’intesa fra il Comitato Ambiente Salute Teatro Scala, , l’Asl, la Fondazione Scala e la Clinica del Lavoro per attivare la sorveglianza sanitaria, a riprova scientifica e inoppugnabile che l’amianto c’era e che i lavoratori da decenni ne avevano respirato le fibre, con gravi conseguenze per la salute, come i fatti purtroppo stanno dimostrando. Oggi si contano purtroppo 13 morti, di cui 9 per mesotelioma e gli altri per asbestosi e carcinomi polmonari, tutti provocati dall’amianto. Soltanto un lavoratore Franco Colombo, elettricista e fonico dal 1968 al 1995, malato di mesotelioma pleurico, è ancora in vita ed è testimone di questo dramma: “Una lista tragica, destinata ad allungarsi e che stiamo ricostruendo attraverso i contatti e le informazioni raccolte sulle morti di quanti hanno lavorato per decenni, qui insieme a noi”, ha detto Roberto d’Ambrosio, del Comitato Ambiente Salute Teatro Scala, che sta seguendo tutte le fasi processuali con Fulvio Aurora, di Medicina democratica e AIEA, Pierluigi Sostaro del CUB e Michele Michelino del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di lavoro e nel Territorio. “Siamo fortemente perplessi- ha aggiunto Fulvio Aurora- per la piega che rischia di prendere questo processo: nell’udienza del 21 settembre è stato di fatto impedito alla nostra avvocata Laura Mara di formulare domande scomode al Consulente delle Difese, che invece vengono comunemente ammesse in tutti gli altri procedimenti penali aventi le medesime imputazioni. Riteniamo e ribadiamo, oggi con ancor più forza, che la ricerca della verità e della giustizia debba sempre prevalere su qualsivoglia altro interesse. Ma ci domandiamo: se le prove contrarie rispetto alle tesi negazioniste perorate dai Consulenti delle Difese non riescono ad entrare nel processo, come potremo mai raggiungere verità e giustizia per le vittime e per i Loro famigliari?”. Le associazioni hanno chiesto che il processo vada avanti il più velocemente possibile: “Quanti lavoratori- ha detto Fulvio Aurora- cantanti, musicisti, tecnici devono ancora morire di mesotelioma, asbestosi, carcinomi polmonari, causati dall’amianto perché si prenda atto che esiste “un caso La Scala” e venga fatta giustizia, con una equa condanna dei responsabili? Sono oltre 40 i processi per i morti di amianto nei luoghi di lavoro, che seguiamo da anni, con AIEA, Associazione Italiana Esposti Amianto, da un capo all’altro dell’Italia, ma è la prima volta che siamo intervenuti per chiedere giustizia per i deceduti d’amianto in un teatro, per di più in uno dei maggiori teatri riconosciuti a livello mondiale. Mai avremmo immaginato una simile ecatombe. I dirigenti delle Scala non potevano non sapere che l’amianto era pericoloso e che quindi non doveva essere utilizzato.” Fulvio Aurora 3392516050, Medicina Democratica e Associazione Italiana Esposti Amianto Pierluigi Sostaro 3286438556 , Comitato Ambiente e Salute del Teatro alla Scala Michele Michelino 3357850799, Comitato per la difesa della Salute nei luoghi di lavoro e nel territorio– Carmìna Conte 393 177616 |
Già dal 1986 la AsL aveva segnalato la necessità di dismettere tutto ciò che conteneva la fibra killer, contenuta persino nelle lampadine dei lampadari e nella scuola di ballo per ragazzi. Dopo lunghe battaglie giudiziarie si approda in aula
di Maria Cristina Fraddosio 1 OTTOBRE 2020
Una lamiera di 17 metri per 12 completamente foderata di stoffa in amianto e collocata tra il palcoscenico e la sala del Teatro alla Scala di Milano. È questo il simbolo, noto come “pattona”, di una battaglia giudiziaria che dura da anni. Si chiudeva e apriva assieme al sipario durante i cambi di scena e a fine spettacolo. Fungeva da tagliafuoco e isolamento acustico. La sala, il palcoscenico e l’orchestra, ad ogni movimento, venivano inondati dalle polveri. Poi nel 1992 è crollata durante una prova di scena. L’hanno messa via alla bell’e meglio. Tagli netti coi flessibili e lo spettacolo è continuato. Il problema sembrava risolto. Non era così. Impianti meccanici ed elettrici, proiettori di scena, tra gli stipiti delle porte tagliafuoco: l’amianto era ovunque. Dalle coperte antincendio per far fronte al calore dei proiettori ai guanti utilizzati per spegnere le torce e le candele. Anche i tavoli della sartoria erano rivestiti in amianto. Nessuno era al sicuro: vigili del fuoco, elettricisti, sarte, scenografi, meccanici, falegnami, parrucchieri, macchinisti, comparse, calzolai, e poi gli artisti, ballerini, coristi, direttori d’orchestra.
Domani a Milano ci sarà l’udienza del processo di primo grado già in fase dibattimentale. Il pm Maurizio Ascione, tra i massimi esperti di amianto in Italia, sentirà l’anatomopatologo nominato dal Teatro per analizzare i decessi. Sono dieci in tutto i morti. Cinque gli imputati rinviati a giudizio per omicidio colposo plurimo, ma uno è deceduto qualche mese fa. Si tratta degli ex dirigenti della Scala (due ex direttori
dell’allestimento scenico, un ex direttore tecnico e l’ex capo dell’ufficio tecnico) e dell’ex sovrintendente Carlo Fontana. Il processo è iniziato nel 2017. L‘anno prima vennero prosciolti i quattro ex sindaci di Milano, Carlo Tognoli. Paolo Pillitteri, Giampiero Borghini e Marco Fomentini, che erano stati indagati in quanto presidenti del Cda del Teatro.
Le indagini erano partite dalla morte di sette dipendenti della Scala, per l‘esposizione all‘amianto già dal 1986, ovvero da quando l‘Asl aveva segnalato la necessità di dismettere tutto ciò che lo conteneva. Ma non fu dato seguito. I numerosi esposti delle associazioni, con in prima linea il Comitato ambiente salute teatro Scala, oltre a Medicina democratica, avevano convinto la Procura di Milano a indagare. Persino 400 lampadine del lampadario in vetro soffiato risultarono fatte di amianto. Molti di questi dettagli choc sono stati resi noti durante il processo in un dossier presentato da alcuni lavoratori, costituitisi parte civile al fianco dei 19 familiari delle vittime morte per mesotelioma pleurico. C‘è chi è ancora vivo e affronta le patologie asbesto correlate. Oggi i lavoratori della Scala sono monitorati dall‘Asl di Milano, dopo che nell‘ottobre del 2013 hanno ottenuto di essere iscritti nel registro degli ex esposti amianto della Regione Lombardia. A un centinaio è stato così riconosciuto il diritto alla sorveglianza sanitaria, secondo una catalogazione di tutte le categorie professionali (Allegato 1).
Le bonifiche del Teatro alla Scala, che venne costruito per volontà dell‘imperatrice Maria Teresa d‘Austria, su progettazione dell‘architetto
Giuseppe Piermarini, e venne inaugurato nel 1778, sono avvenute a più riprese. Dagli anni ‘90 in poi. Quando sembravano ultimate, emergeva altro amianto. È stata la scrupolosità dei lavoratori a fare la differenza. “L‘amianto – scrive il Comitato ambiente salute – era presente in tutto il teatro e aveva anche coinvolto spazi come la palazzina di via Verdi che era collegata direttamente al teatro e che per tantissimi anni ha ospitato l‘ex–scuola di ballo dove centinaia di bambine/ ragazzi/ hanno studiato per 8–12 ore al giorno. Gli uffici amministrativi per alcuni anni sono stati ospitati in quella palazzina che aveva soffitti e muri in cemento amianto, compresa la tromba della scala principale” (Allegato 2). C‘è grande apprensione tra i lavoratori ora per il processo. In questi anni denunciare non è stato facile. Il primo a farlo fu Demetrio Asta, ex siparista, andato in pensione nel ‘91. Fece causa alla Scala e gli fu fatto divieto di rimettere piede in teatro. Ottenne il risarcimento per asbestosi cronica in sede civile. Poco dopo però morì. Nel frattempo le denunce aumentavano. I decessi e le malattie pure.
1 OTTOBRE 2020