di MOWA
“La lingua, come la realtà, è vendicativa: o la pensi o sei pensato. E se sei pensato, sei fritto.” (di Aldo Busi)
Il paese, causa la pandemia, ha dovuto, obtorto collo, abituarsi ad usare terminologie derivate da fonti lontane dal vivere civile come (ad es.) quella del lockdown che, tradotto, vuol dire confinare e che viene, prevalentemente, usato da sistemi totalitari per indicare il relegare in un dato luogo chi non si adegua, oppure, coprifuoco, d’origine medievale che serviva a coprire il fuoco con la cenere per evitare incendi ma, successivamente, dai militari come divieto straordinario di uscire durante le ore serali e notturne imposto per motivi di ordine pubblico. Tutto ciò, per effetto di ordinanze che sono, solitamente e originariamente, uno dei modi per organizzare un esercito, una milizia.
Una forma lessicale da tenere sotto osservazione per non abituarsi a strani stereotipi che potrebbero ingenerare storture interpretative, e portare ad una graduale abitudine ad immergersi in un mondo/modo linguistico che è molto lontano da quello a cui i padri costituenti si sarebbero immaginati di arrivare, loro che hanno combattuto per la libertà. I partigiani hanno ridato la democrazia all’Italia e richiedevano, proprio, la libertà di fronte ad un sistema totalitario come quello fascista che aveva stravolto lo stile di vita (anche linguistico – si ricordi il divieto di usare le lingue straniere) di milioni di italiani producendo le peggiori e disumane brutalità sugli esseri viventi.
Un linguaggio troppe volte sottovalutato e che, in realtà, pesa più dei macigni perché riesce a stordire, frastornare, confondere… le scelte di chi ascolta portandoli a commettere – come ipnotizzati – stupide azioni e in controtendenza al buon andamento del vivere civile. Esempio ne sono le ultime manifestazioni che hanno dato sfogo al peggior nichilismo di reazionaria memoria sino al fanatismo “religioso” che si è concluso con truci azioni assassine di ignari passanti in Austria. Base comune è la rigidità, l’eccessiva severità con cui si esige l’osservanza di una norma, tipica forma mentis educativa di chi non è stato abituato a mettere sul piatto il confronto, il dialogo, che sono fonti indispensabili e da cui si abbevera la democrazia.
Il ruolo degli intellettuali e dei media diventa, quindi, un importante veicolatore degli usi e dei costumi della popolazione e, quindi, come dicono oggi, un influencer dello stile di vita di molti cittadini e, dunque, è importante contrapporre forti basi valoriali come succedeva negli anni in cui vi erano sistemi organizzati (P.C.I. di Enrico Berlinguer in testa) per rispondere alle lusinghe consumistiche di un paradigma errato sin dalle sue fondamenta come il capitalismo.
Avere un organismo organizzato e culturalmente adeguato che si opponga ai propugnatori delle tante storpiature del vivere civile diventa indispensabile per la democrazia stessa, per non vedere tanti giovani reagire individualmente ed essere preda di falsi miti che portano a fare il gioco di chi vuol conservare il proprio status quo con differenze sostanziali e ineguali ai reali bisogni dell’essere umano come salute, lavoro, diritti sociali ecc…, un organismo che propugni la pace tra i popoli e uno sviluppo per tutti che sia, realmente, tale e a 360 gradi.
Foto di copertina di Daniel Minárik