di MOWA
“Panem et circenses”
(Giovenale, Satire, X, 81)
Ecco comparire, con impressionante precisione, lo spauracchio delle Nuove Brigate rosse.
Un’incredibile “coincidenza” quella della comparsa delle formazioni terroristiche che fa da pari con quanto già occorso negli anni passati nel tentativo (e, purtroppo, riuscito) di bloccare l’aumento della presa di coscienza di classe determinato, ieri, grazie al grande lavoro di informazione del P.C.I. (da Togliatti a Berlinguer-Natta), e oggi, causato, in parte, dalla crisi pandemica che sta risvegliando sentimenti di unitarietà e desiderio di programmazione comune. Non sono poche oggi, infatti, le voci di richiesta di riscatto sociale e della riformulazione di un partito che abbia le identiche assonanze con quel P.C.I. che sapeva muovere con avvedutezza e precise analisi quanto c’era bisogno di fare per il Paese e gli oppressi.
Ecco, allora, la “straordinaria coincidenza” , sicuramente, nel tentativo di arrestare quel difficile processo elaborativo di cui avrebbero bisogno quei ceti sociali (che stanno ricomprendendo che non vi è altra soluzione d’uscita da queste continue crisi, siano esse economiche che salutistiche), che vorrebbero ricomporre quell’humus che li aveva contraddistinti nel passato con un grande partito comunista, ritornare alla ribalta equivoche sigle che nulla hanno da spartire con quella tradizione.
Ultimo episodio è quello accaduto alla redazione dei giornalisti di Report, a cui si rinnova la solidarietà, che hanno ricevuto una lettera di minacce a firma Nuove Brigate rosse.
Una brutta sigla che, ai disinformati, mescolerebbe, in modo diverso, gli elementi di cui sono composti, come i canditi nel panettone, le certezze delle conquiste ottenute democraticamente con infelici ricordi di privazione della libertà.
Ma, difatti, cosa c’entrano questi “tizi” con la storiografia del comunismo? Niente. Anzi, a ben vedere, si scopre, come fu per le Brigate rosse, essere talmente imbastardite con apparati dei servizi (sia stranieri che italiani) da risultare fare il gioco per tutt’altra parte. Sarebbe sufficiente vedere il recente pignolissimo documentario, dal titolo eloquente, per capire per chi lavorassero realmente: Com’è NATO un golpe: il caso Moro.
Storicamente la funzione del terrorismo è equiparabile alla parte non dichiarabile del potere. Infatti, non c’è episodio storico terroristico negli ultimi 2/300 anni che non sia servito agli interessi del massocapitalsimo ma, volendo, si potrebbe andare anche più in là.
Si prenda nota, inoltre, della straordinaria “coincidenza” di come i massocapitalisti abbiano necessità di dover recuperare sull’opinione pubblica quella credibilità, un po’ annebbiata dal problema sanitario (causato dal covid-19), in quanto avevano (ed hanno) già da tempo, pianificato, per aumentare i loro profitti, ulteriori guerre sul pianeta, e di come siano esponenzialmente sorti attori come i black bloc, le varie primavere colorate…
Una delle grandi prove di manovra sperimentale nel concreto fu, con molta probabilità, quella del G8 a Genova nel 2001, dove li si videro in azione e l’entourage politico fece loro da sponda in un contesto completamente nuovo perché accaduto in un paese evoluto e con una propensione diffusa di democrazia e giustizia sociale e radicata in una ineguagliabile Costituzione.
Seguirono, poi, episodi in altri Stati europei (o limitrofi) sino ad avere, persino, il colpo di stato in Ucraina che è diventata, guarda caso, base di addestramento per i nazisti di tutto il Mondo; e, sempre per una straordinaria “coincidenza”, con la supervisione della NATO.
I piani diversificati del terrorismo si basano, per straordinarie “coincidenze”, su progettualità diverse che vanno da quelle su basi economiche a quelle di intervento indiretto delle mafie, da quelle con disordini pubblici a eliminazioni fisiche individuali (camuffate magari da incidenti o sotto forma di formazioni politiche), da quelle con invio di lettere minatorie a far sequestrare persone disserzienti… sino ad arrivare a far richiedere leggi speciali.
Le molteplicità dell’uso del terrorismo, sempre per straordinaria “coincidenza”, lo si sta notando sia nel caso di Giulio Regeni che in quello di Patrick Zaki sequestrati da componenti dell’Egitto che fanno uscire di scena gli enormi interessi economico-politici dell’Italia con quel paese a favore di altri Stati che erano marginalizzati. Ecco la, probabile, ragione del perché non vogliono fare chiarezza su quei malcapitati che sono solo un “mezzo” per aprire altre strade. Infatti, rimangono in ombra i paesi coinvolti come Inghilterra, Francia, Usa e, persino, Germania. Ma, potremmo fare lo stesso ragionamento per la Libia che vede l’Italia perdere il primato degli scambi economico-commerciali per dare spazio a nuovi soggetti. E che soggetti! Forse, in quel caso, potremmo dare un volto pubblico e la divisa al terrorismo.
Una ragione ulteriore per non perdere tempo nel formare il soggetto politico che sappia difendere gli interessi degli oppressi e non cadere nelle maglie dei maestri del terrore che non stanno, sicuramente, tra le fila dei comunisti ma in tutt’altra famiglia perché la Storia ci dimostra che sono i primi ad aver fatto lotte per la pace (compresa quella sovietica) contro gli interessi imperialistici di pochi elementi.
Foto di copertina di FLY:D