di Sergio Bellavita
– La vicenda Ilva ha sempre più dell’incredibile. Il Governo dopo aver garantito 36 mesi di impunita’ ai Riva con il vergognoso decreto ad hoc che ritiene lecito inquinare e uccidere, si piega nuovamente alla banditesca proprietà che minaccia di non pagare gli stipendi, sino a paventare la chiusura, qualora non rientri in possesso subito dell’acciaio prodotto in violazione dell’ordinanza della magistratura Tarantina. I Ministri del Governo Monti pretendono ora che i giudici semplicemente la smettano di opporsi, come legittimamente stanno facendo, al decreto legge e riconsegnino la merce.
Quello che più volte abbiamo paventato sta purtroppo accadendo. I Riva non hanno alcuna intenzione di investire nel futuro dello stabilimento Tarantino. Governo, Istituzioni e Sindacati lo sanno bene. La questione salute, sicurezza e ambiente e’ semplicemente derubricata. Si finge che la soluzione sia lo sblocco delle merci e il rispetto del decreto per garantire il risanamento e le produzioni. (…)
Intanto si prende tempo garantendo cosi’ a Riva di rubare alla città ulteriori risorse senza nessuna garanzia. Eppure la storia di questi ultimi vent’anni e del sistema corrotto costruito intorno all’Ilva dovrebbero aver chiarito a tutti la natura della vocazione industriale e l’affidabilità dei Riva. E’ evidente che e’ meno costoso corrompere, chiudere occhi e tenere a freno lingue piuttosto che risanare e investire, sopratutto se il Governo garantisce la proprietà sino a delegittimare i giudici. Gli unici, guarda caso, che hanno concretamente agito a tutela della vita dei lavoratori e delle popolazioni. Invece pare che i Riva, oltre all’impunita’, possano godere persino di risorse pubbliche per proseguire a inquinare e uccidere. Cosi’ lo stesso libero mercato che impedirebbe la nazionalizzazione dell’Ilva, consentirebbe tuttavia di ingrossare con i nostri soldi il gruzzoletto dei profitti illeciti dei Riva. Uno strano concetto di intervento pubblico in economia! Tutto cio’ e’ inaccettabile!
Occorre da subito assumere, cosi’ come lanciato da settori di lavoratori Ilva, la battaglia per l’esproprio e la nazionalizzazione dell’acciaieria, cosa ben diversa dal concedere ulteriori danari pubblici e prestiti ai Riva! Le risorse che il pubblico potrà investire,solo dopo l’assunzione piena della proprieta’, consentiranno di predisporre un grande piano di risanamento ambientale, di adeguamento del ciclo produttivo sostenuto dall’intervento degli ammortizzatori sociali per garantire cosi’ occupazione,salute, ambiente e reddito. Non vi sono altre alternative credibili, solo lo stato ha le risorse adeguate per risanare l’Ilva. Nessun privato affronterebbe costi cosi’ elevati,non remunerativi, per impianti in attività. La vertenza Ilva, per queste ragioni, ha assunto, soprattutto in questa fase di crisi, una valenza generale. O si afferma un intervento pubblico che rimette al centro l’ambiente,i diritti, i bisogni degli uomini e delle donne anche attraverso una nuova politica industriale o passera’ la logica che il pubblico in economia e’ esclusivo appannaggio dei profitti privati e che, su questa via, e’ pronto a dichiarare guerra a magistrati, diritto e costituzione, trovando tanti, troppi disposti a indossare l’elmetto. Il rischio concreto e’ che di fronte all’impossibilita’ di arrestare i giudici la vertenza giunga in un vicolo cieco grazie all’incapacità di tutti i soggetti di produrre risposte concrete, di affrancarsi dall’ideologia dominante che impedisce loro persino di prendere in considerazione l’unica vera possibile soluzione per salvare lo stabilimento: la nazionalizzazione. La Costituzione lo consente. L’alternativa a questa battaglia sociale e’ la guerra tra poveri ed una sommossa violenta contro i giudici.