Ronald Coase si sbagliava, la Cina non è diventato un paese capitalista a tutti gli effetti. Quando Deng disse che “non importa se il gatto sia bianco o nero, l’importante è che prenda il topo”, di fatto preparava una serie di riforme che hanno dato vita a una complessa economia mista, basata sì su una grande apertura alla proprietà privata e al mercato, ma anche fondata su un ruolo cruciale dello Stato e del partito comunista nei processi economici: una pianificazione che contribuisce al successo dell’economia cinese. Resta tuttavia un dilemma: questo complesso equilibrio tra il partito comunista e una classe di capitalisti privati emergente e rapace, quanto può durare? A quali condizioni? Come ogni venerdì su RAI radio uno, il commento dell’economista Emiliano Brancaccio dell’Università del Sannio.
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