Il verdetto prevede che l’attività dell’area a caldo dello stabilimento possa riprendere. L’organo costituzionale ha annullato la sentenza del Tar di Lecce e la precedente decisione del sindaco Melucci, che avevano fermato gli impianti. Venturi (Fiom): “Transizione credibile. Ora serve acciaio sostenibile”
Come annunciato dall’Acciaierie d’Italia, il Consiglio di Stato ha disposto l’annullamento della sentenza 249/2021 del Tar di Lecce. Il verdetto dello scorso febbraio aveva imposto lo spegnimento degli impianti dell’ ex Ilva di Taranto perché inquinanti. Con questa decisione, invece, cadono le ipotesi di stop dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto e di fermata degli impianti connessi: la produzione e la trasformazione dell’acciaio del polo di Taranto proseguiranno senza interruzioni.
Il verdetto ribalta quanto stabilito diversi mesi fa dal Tar di Lecce, che aveva confermato la precedente ordinanza del sindaco di Taranto del febbraio 2020. In quell’occasione, infatti, il primo cittadino Rinaldo Melucci aveva disposto lo spegnimento dell’area a caldo dell’impianto dell’ex Ilva. Ma come si legge nelle motivazioni della sentenza n. 4802, la quarta sezione del Consiglio di Stato ha stabilito che “il potere di ordinanza non risulta suffragato da un’adeguata istruttoria e risulta, al contempo, viziato da intrinseca contraddittorietà e difetto di motivazione”.
La sentenza del Tar era stata impugnata al Consiglio di Stato da Arcelor Mittal spa e Ilva spa in amministrazione straordinaria. Secondo l’organo costituzionale, il potere di ordinanza d’urgenza è stato poi esercitato in assenza dei presupposti di legge, considerando come non emerga la sussistenza di “fatti, elementi o circostanze tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare l’ordinanza contingibile e urgente, oppure che il pericolo paventato comportasse un aggravamento della situazione sanitaria in essere nella città di Taranto, tale da indurre ad anticipare la tempistica prefissata per la realizzazione delle migliorie dell’impianto”.
Riguardo all’ordinanza del sindaco di Taranto e alla decisione del Tar di Lecce, il Consiglio di Stato sostiene che “pur senza negare la grave situazione ambientale e sanitaria da tempo esistente nella città di Taranto […], da un lato è emerso che i più recenti episodi emissivi non sono dovuti a difetti strutturali dell’impianto, dall’altro è stata acquisita una congerie di dati a volte non pertinenti e comunque non tali da provare in modo certo l’esistenza di particolari anomalie tali da costituire serio e imminente pericolo per la popolazione. L’ordinanza risulta quindi emessa senza che vi sia stata un’univoca individuazione delle cause del potenziale pericolo e senza che sia risultata acclarata sufficientemente la probabilità della loro ripetizione”.
“La sentenza con cui il Consiglio di Stato ha annullato l’ordinanza del sindaco di Taranto che aveva disposto la chiusura dell’area a caldo, fa uscire la vicenda del gruppo ex Ilva dal cono d’ombra delle iniziative della magistratura”, ha dichiarato Gianni Venturi, segretario nazionale e responsabile siderurgia della Fiom Cgil.
Per il segretario confederale della Cgil Emilio Miceli, “è tempo di avviare quella fase nuova disegnata negli accordi con il sindacato. L’Italia ha bisogno di produrre acciaio, e Taranto di guardare finalmente con maggiore tranquillità al proprio futuro e di misurare la capacità della nuova società di fare un salto di qualità nell’impatto delle produzioni sull’ambiente. Speriamo che da oggi nulla sia più come prima”.