Gli episodi al largo delle coste degli Emirati Arabi. Sospetti su elementi vicini all’Iran che però respinge le accuse. Notizie contradditorie che poi scompaiono, un gioco pericoloso all’allarmismo per arrivare a cosa? Sulle rotte del petrolio con altre pessime intenzioni?
Golfo Persico, petroliere pirati e montature
La cronaca più recente dal seriosissimo Corriere della Sera. «Ben quattro petroliere, che si trovano in navigazione nel Golfo Persico, avrebbero lanciato Sos: è quanto riportano media israeliani». Ed ecco che il problema delle credibilità passa dal Corsera a imprecisati media israeliani, e qui, data la materia, il ‘forse’ si impone. Peggio: per due di loro l’allarme è successivamente rientrato. Ma almeno un atto di pirateria sembra alla fine risultare certo. «La ‘Ashpalt Princess’, che batte bandiera panamense, ha subito la presa in ostaggio dell’intero personale a bordo, secondo quanto confermato dall’agenzia del traffico marittimo britannica. Almeno otto uomini armati sarebbero saliti a bordo della Asphalt Princess prendendone possesso». La notizia –questa- è stata riferita da media britannici e israeliani. Messe assieme e a confronto, la ‘fonti’ diventano più credibili. «Uno dei due assalti è avvenuto a 60 miglia dalla costa degli Emirati Arabi, all’altezza di Fujirah. Le alte unità che hanno lanciato l’allarme via radio sono la Golden Brilliant, l’indiana Jag Puja e la vietnamita Abyss, ma in almeno due di questi casi si sarebbe trattato di problemi tecnici poi superati».
Rischio ‘pirateria utile’ o alla Salgari
Sempre secondo fonti giornalistiche –ma il giornalismo è solo l’ultimo anello della catena di eventuali menzogne ed inganni, a sua volta vittima- «l’atto ‘è stato compiuto’ (sarebbe stato compiuto, la formula più corretta) da elementi vicini all’Iran, che però –concessione al giornalismo elementare- al momento respinge le accuse». Ed ecco che anche i cattivi hanno diritto a dire la loro: «I Guardiani della Rivoluzione iraniani hanno infatti smentito che elementi riconducibili a Teheran o a suoi alleati abbiano aggredito imbarcazioni nel Golfo di Oman». Secondo una nota diffusa dalla televisione di stato iraniana, «I Guardiani della Rivoluzione sostengono che le notizie diffuse dai media britannici e israeliani, in particolare quelle relative al dirottamento della Asphalt Princess, sono un pretesto per ‘azioni ostili’ contro la Repubblica Islamica». Gli Ayatollah non sono certo agnellini (mancano favole marinare note da citare), ma lì attorno di lupi ne circolano in abbondanza e di tutte le razze.
Tensione altissima da giorni
Ancora Corriere poi cambiamo fonte. «La tensione in tutta la zona è altissima da giorni: ieri un’altra petroliera aveva subito un attacco ad opera di droni davanti alle coste dell’Oman. Si tratta di un nodo geopolitico cruciale per tutto il pianeta dal momento che dallo stretto di Hormuz passano ogni giorno 20,7 milioni di barili di petrolio, circa il 40% di tutto quello commerciato via mare». Un’utile, fondamentale precisazione. Per Repubblica, Big numero due sempre più moderato, «L’attacco alla petroliera nell’Oman, ultimo episodio della lunga guerra nell’ombra tra Iran e Israele», scrive Sharon Nizza, che sulla materia avrebbe qualche possibile partigianeria di origine, ma nessun motivo nostro per dubitare. E scopriamo che sull’incidente certo, un drone kamikaze che ha colpito la Mercer Street di proprietà israeliana facendo due morti, il tentativo di Teheran di negare il proprio coinvolgimento, viene definito dal premier israeliano Bennet «un atto di codardia». Col segretario di Stato Usa Blinken che parla di “indagine congiunta” prima di reagire, mentre l’inglese Raab già vorrebbe partire per la guerra.
‘La battaglia tra le guerre’
La “battaglia tra le guerre” – o nel suo acronimo ebraico “Mabam”– ci insegna Sharom Nizza, che nella sua cronaca non fa sconti. «Mabam che lo Stato ebraico e l’Iran conducono da anni nella penombra su diversi fronti. Il più noto è la Siria, dove l’aviazione israeliana colpisce periodicamente gli interessi di Teheran. Lo scontro marittimo principalmente al largo del Golfo Persico ha registrato negli ultimi sei mesi una decina di episodi, ma potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Solo nei mesi scorsi è trapelato questo nuovo fronte, dove almeno dal 2019 Israele attacca navi da carico e petroliere iraniane per sabotare il contrabbando di armi a Hezbollah e le spedizioni di petrolio in Siria. Dal canto suo l’Iran ha aumentato il tiro perché sa che sul fronte marittimo gioca in casa, vicino alle proprie coste, mentre Israele con una escalation rischia di danneggiare le proprie rotte commerciali, che al 99% dipendono da compagnie straniere. Un aumento dei costi assicurativi potrebbe incidere direttamente sull’economia israeliana».
Ora a caccia di Sandokan o chi per lui
«A bordo della Asphalt Princess battente bandiera panamense è salito un gruppo di 8 o 9 persone armate per prenderne il controllo», è l’incipit de La Stampa, forse medaglia di bronzo tra i quotidiani. «E’ un possibile dirottamento l’incidente che ha coinvolto una nave britannica nel Golfo dell’Oman, a 60 miglia dalla costa di Fujairah, negli Emirati Arabi Uniti. Lo ha reso noto la Marina britannica. L’Asphalt Princess, battente bandiera panamense, è stata sequestrata: otto o nove persone armate sono salite a bordo prendendo il controllo: l’equipaggio è ora in ostaggio». Da La Stampa al The Times, che su Twitter, scrive che per il sospetto dirottamento della petroliera è sotto accusa l’Iran. «Gli uomini armati saliti a bordo sarebbero infatti «membri dell’esercito iraniano o loro alleati». Ma fonti dell’intelligence (le spie) hanno riferito al Times che «l’Asphalt Princess non ha legami né con la Gran Bretagna né con Israele». Va a finire che erano pirati veri a caccia di un favoloso riscatto.
E le altre petroliere ‘sequestrate’?
Ne troviamo traccia nella cronaca dell’AGI, l’agenzia Italia, via US CENTRAL COMMAND (CENTCOM) / AFP del 3 agosto, ore 23:37.
«Almeno sei petroliere nelle scorse ore hanno avvertito di essere “non sotto controllo” al largo della costa emiratina di Fujairah e una di esse, la panamense Asphalt Princess, sarebbe stata sequestrata da almeno otto uomini armati che avrebbero preso in ostaggio l’equipaggio, secondo quanto riferito da fonti dell’intelligence britannica, che puntano il dito sull’Iran e sui suoi alleati. Lloyds List Maritime Intelligence ha confermato alla Bbc che la nave, che era partita da Khor Fakkan (Emirati) ed era destinata a Sohar (Oman) è diretta verso l’Iran». Intelligence schierata ma un po’ confusionaria a questo punto frena: «Tra le petroliere che nelle scorse ore avevano segnalato problemi risultano ancora “non sotto controllo” l’indiana Jag Pooja e la Kamdhenu, battente bandiera delle Isole Cook ma, in mancanza di ulteriori informazioni, non è possibile al momento escludere che abbiano incontrato semplici problemi tecnici».
Guerra navale forse evitata, per ora
Ancora AGI, «Nessuna delle petroliere coinvolte risulta legata a interessi israeliani o britannici. Un aereo delle forze armate dell’Oman sta monitorando l’area a bassa quota». Ma da La Stampa la precisazione meno rassicurante (anche se ovvia) da parte della Nato: «La libertà di navigazione è vitale per tutti gli alleati della Nato, e deve essere sostenuta in conformità col diritto internazionale».
Per fortuna lo scorso anno, piena Pandemia e gravi ristrettezze economiche è stata annullata la partecipazione di una fregata della Marina Militare italiana alla missione europea (European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz, EMASOH) a guida francese nello Stretto di Hormuz, sulla rotta del petrolio allo sbocco del Golfo persico tra Iran, Iraq e Arabia saudita prevista dal gennaio scorso.
5 Agosto 2021