Carissime compagne e compagni
abbiamo trovato un interessante video che spiega la posizione di Enrico Berlinguer
sull’austerità, nata in contrapposizione ai cedimenti teorici e politici di Giorgio Amendola.
Per avere una completa comprensione delle posizioni e delle battaglie di Berlinguer alleghiamo
quello che è stato scritto nel libro “Ipotesi di complotto”… in merito alla questione dell’austerità.
Buona lettura e saluti comunisti
La redazione di iskrae.eu
«Alla chiamata alle armi della P2 e di tutte le forze reazionarie
contro la proposta politica del PCI si uniscono – senza
che ai protagonisti sorga il dubbio per l’ampiezza dello schieramento
– anche la parte più filorussa del PCI e le formazioni
di estrema sinistra, da quelle trotskiste a quelle m-l autodefinitesi
staliniste. Per questo fronte il compromesso storico
rappresenta una svendita teorica e pratica invece che una
necessità per non compiere gli errori dell’esperienza cilena
e, quindi, acquisire quei rapporti di forza nella società – che
andassero ben oltre il cinquantuno per cento – utili per governare
e risanare l’Italia conservandone l’unità, senza far pagare
al proletariato e alle classi subalterne i costi delle riforme
economiche.
Il compromesso storico è stato anche una politica di mediazione
all’interno del partito con la componente migliorista,
della quale Berlinguer riesce a smussare tutti gli elementi di
cedevolezza, fino alla morte di Moro.
Questo era il vero senso della proposta del PCI a Moro e
della conseguente politica di austerità per la borghesia:
«Il punto fondamentale è chi paga, prevalentemente, le spese
della fuoriuscita dalla crisi e del risollevamento economico e
sociale del Paese. Da questo punto di vista noi rifiutiamo che a
pagare siano i soliti, siano gli operai, siano le masse popolari;
e riteniamo che, se sacrifici devono esserci, e tutti in misura
proporzionale vi debbono contribuire, debbono servire a rag giungere
determinati traguardi e non a far tornare indietro il
Paese» (Dall’intervista di Giovanni Minoli a Enrico Berlinguer,
“Mixer” 1983 – Rai 2).
Il pensiero lungo di Berlinguer, sintetizzato nella trasmissione televisiva, nasce da una profonda elaborazione sul significato strutturale della crisi petrolifera del 1973, è legato alla critica al capitalismo e al suo individualismo consumista.
Per il segretario del PCI esiste un nesso preciso tra la sua concezione di austerità e l’avanzata verso il socialismo:
«L’austerità non è oggi un mero strumento di politica
economica cui si debba ricorrere per superare una difficoltà
temporanea, congiunturale, per poter consentire la ripresa e il
ripristino dei vecchi meccanismi economici e sociali. Questo
è il modo con cui l’austerità viene concepita e presentata dai
gruppi dominanti e dalla forze politiche conservatrici. Ma non
è così per noi. Per noi l’austerità è il mezzo per contrastare
alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è
entrato in crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel
sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero,
l’esaltazione di particolarismi e dell’individualismo più
sfrenati, del consumismo più dissennato. L’austerità significa
rigore, efficienza, serietà, e significa giustizia; cioè il contrario
di tutto ciò che abbiamo conosciuto e pagato finora, e che ci
ha portato alla crisi gravissima i cui guasti si accumulano da
anni e che oggi si manifesta in Italia in tutta la sua drammatica
portata. […] Lungi dall’essere, dunque, una concessione agli
interessi dei gruppi dominanti e alle esigenze di sopravvivenza
del capitalismo, l’austerità può essere una scelta che ha un
avanzato, concreto contenuto di classe, può e deve essere uno
dei modi attraverso cui il movimento operaio si fa portatore
di un modo diverso del vivere sociale, attraverso cui la lotta
per affermare, nelle condizioni di oggi, i suoi antichi e sempre
validi ideali di liberazione. […] Viviamo, io credo, in uno di
quei momenti nei quali – come afferma il Manifesto dei comunisti
– per alcuni paesi, e in ogni caso per il nostro, o si avvia
“una trasformazione rivoluzionaria della società” o si può andare
incontro “alla rovina comune delle classi in lotta”; e cioè alla
decadenza di una civiltà, alla rovina di un paese.
Ma una trasformazione rivoluzionaria può essere avviata nelle
condizioni attuali solo se sa affrontare i problemi nuovi posti
all’Occidente dal moto di liberazione dei popoli del Terzo mondo.
E ciò, secondo noi comunisti, comporta per l’Occidente, e
soprattutto per il nostro paese, due conseguenze fondamentali:
aprirsi a una piena comprensione delle ragioni di sviluppo e
di giustizia di questi paesi e instaurare con essi una politica di
cooperazione su basi di uguaglianza; abbandonare l’illusione
che sia possibile perpetuare un tipo di sviluppo fondato su quella
artificiosa espansione dei consumi individuali che è fonte di
sprechi, di parassitismi, di privilegi, di dissipazione delle risorse,
di dissesto finanziario. […] Una politica di austerità, invece,
deve avere come scopo – ed è per questo che essa può, deve essere
fatta propria dal movimento operaio – quello di instaurare
giustizia, efficienza, ordine, e, aggiungo, una moralità nuova»
(Estratti dall’intervento al convegno degli intellettuali organizzato
dal PCI presso il Teatro Eliseo di Roma il 15 gennaio 1977,
pubblicato con il titolo “Conclusioni al convegno degli intellettuali”,
in E. Berlinguer, Austerità: occasione per trasformare
l’Italia , Editori Riuniti, Roma 1977).