Aaron Pettinari ed Albert Ifrim
L’imprenditore di Palmi è indagato a Reggio Calabria
Dagli inquirenti della Procura di Reggio Calabria viene indicato come uno dei più grandi riciclatori di denaro di tutti i tempi di un cartello di clan calabresi, siciliani e campani. Parliamo di Roberto Recordare, imprenditore di Palmi, il cui nome è comparso lo scorso anno in un’informativa depositata agli atti del processo “Euphemos”.
In quelle carte veniva indicato come l’uomo che avrebbe gestito per i clan fondi per 500 miliardi e perfettamente in grado di far muovere soldi con conti aperti in svariati luoghi e carte di credito intestate a vari prestanome, cittadini dell’Europa dell’Est e della Penisola Arabica.
Carte di credito che, avevano annotato gli inquirenti, a loro volta sono agganciate a conti in Paesi, come gli Emirati Arabi, dove i controlli antiriciclaggio scarseggiano.
Lunedì, la trasmissione Report, condotta da Sigfrido Ranucci, ha dedicato un servizio sul broker con il giornalista Giorgio Mottola che lo ha addirittura intervistato, raggiungendolo negli uffici della sua società, la Golem Software, che si occupa della vendita dei software alle pubbliche amministrazioni.
Un’inchiesta, intitolata “Riciclatore autonomo”, che sin dalle prime battute ha messo in evidenza la ricchezza delle mafie, con il Procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, che ha evidenziato come ogni anno, tra sequestiri e confische, “sostanzialmente si riesce a recuperare il due percento”. Numeri irrisori anche a causa della mancanza di una “rete europea nel contrasto del riciclaggio”.
Le cifre in ballo sono da capogiro, e sono solo la punta di un iceberg della ricchezza sommersa nell’economia illegale. Nelle intercettazioni che lo riguardano l’imprenditore calabrese afferma di essere in grado di gestire fondi per 500 miliardi di euro, di cui 36 miliardi in contanti (Dei fondi dei 500 miliardi, parliamo dei 36 miliardi. Basta fare un download ed io c’ho le chiavi di trasferimento… se serve atterrare da qualche parte ci dicono loro dove atterrare e atterriamo quei 36 miliardi. Dopodiché andiamo a costruire tutto il resto…”).
Ovviamente, di fronte alle telecamere, Recordare ha smentito ogni cosa dicendosi particolarmente infastidito per quell’accusa di aver “riciclato soldi della ‘Ndrangheta”. Perché a suo dire a Palmi la ‘Ndrangheta non c’è.
“Ora spezzo una lancia io a favore della ‘Ndrangheta – ha detto con strafottente disinvoltura – Facciamo finta che tutto sia vero e che io abbia riciclato 500 miliardi. Perché questi cazzo di 500 miliardi devono essere della ‘Ndrangheta e non di tutte le mafie del mondo? Posso fare un cazzo di reato a nome mio e non avere il brand della ‘Ndrangheta?”.
Proprio questo suo modo di fare, tra il serio ed il faceto, ha caratterizzato l’intera intervista. E anche l’arredamento dei suoi uffici manifestano la sua ostilità nei confronti di quella magistratura che osa indagare certi poteri, svelandoli al grande pubblico. Basti pensare che tra le mura della società informatica è raffigurato un quadro con il ritratto del Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, rappresentato con fattezze diaboliche con tanto di corna.
Il metodo Recordare
Come ha ricordato Mottola, nel suo servizio, gli investigatori lo hanno pedinato per un anno e hanno tracciato le sue triangolazioni dall’Italia verso Malta, il Tagikistan, l’Afghanistan, Dubai, il Pakistan, la Malesia e la Germania.
Ed è attraverso le banche di questi paesi che i fondi illeciti sarebbero circolati per poi entrare nelle banche europee passando per giurisdizioni offshore, diventando così legali.
Un sistema che, in studio, Sigfrido Ranucci ha definito come “manuale del perfetto riciclatore”, spiegandolo in poche battute: “Vengono messi dei soldi in contanti nelle banche. E poi dopo si sposta il conto corrente con in pancia i miliardi in un’altra banca, per far perdere l’origine, e poi attraverso società e giurisdizioni offshore, vengono spostate in banche europee e lì c’è il ‘libera tutti’. Sono soldi puliti. Ma con Recordare si è toccato forse un livello superiore, mai visto in precedenza. Recordare ha rapporti con delle banche centrali e soprattutto con le banche asiatiche a giurisdizione islamica, dove ci sono meno controlli e dove un occhio terzo ha difficoltà, è quasi impossibilitato ad andare a ficcare il naso. E dove i privati non è che possono operare in maniera così semplice. E anzi possono farlo solo se hanno degli accordi particolari, con delle strutture particolari. Ora, può darsi anche che Recordare li avesse perché è riuscito a spostare soldi dall’Afghanistan al Pakistan, fino a sbarcare nell’Orien Bank che è la banca più importante del Tagikistan, che ha il 93 percento della popolazione islamica”.
Certo è che intercettazioni e i pedinamenti hanno provato che Recordare si recava effettivamente in questi Paesi, aveva effettivamente contatti con banchieri e personalità di altissimo livello.
Una di queste, ha sempre ricordato il conduttore di Report, “è il ministro delle Finanze del sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme e Malta (da non confondere con l’Ordine di Malta, ndr). Ecco questo signore è Gaetano Bordonaro, e si mette a disposizione di Recordare per fare entrare dei soldi”. Ed è lo stesso Bordonaro a dirlo in un’intercettazione. “Investiremo i vostri soldi in acquisto di titoli! Ma sempre dicendo che è per opere finalizzate ad opere umanitarie…. però – specifica Bordonaro – noi siamo qui per fare business!”.
Nel corso della puntata è stato anche mostrato come, oltre alle banche private come la Orienbank del Tagikistan, oppure la Deutsche Bank di Francoforte, Recordare si sia avvalso della collaborazione di diverse banche centrali internazionali. In particolare il faccendiere della criminalità organizzata avrebbe anche avuto in gestione alcun certificati di deposito della banca centrale danese e quella degli Emirati Arabi, per un valore complessivo di 1.8 miliardi di dollari.
Interpellato dai cronisti di Report Gian Gaetano Bellavia, esperto di riciclaggio, ha spiegato che quella mole di somme non rappresenterebbero “cifre enormi per le banche centrali”. E ha evidenziato proprio il dato che uno dei depositi di Recordare riporta alla banca centrale degli Emirati sottolineando che per fare questo tipo di operazione però implica che “le banche centrali si prestino a questo genere di attività”.
Il certificato da 500 miliardi
Rispondendo alle domande di Mottola su un documento da 36 miliardi, il consulente ha replicato di essere solo un tecnico, provocando gli investigatori (“Il nocciolo della questione è capire se questi fondi sono leciti o sono illeciti. Se sono illeciti andate a prenderli. La truffa esiste, se uno truffa qualcuno. Ma io chi avrei truffato?”).
Report, nella sua inchiesta, ha quindi incontrato un commerciante d’arte, Maurizio Contessa, che rivendica la paternità del certificato da 500 miliardi. Spiegando che quei documenti siano suoi e li abbia ritrovati rifacendo i lavori di ristrutturazione a casa del padre che “negli anni Ottanta gestiva prestiti al casinò di Montecarlo”. Un casinò, ricordano gli autori di Report, finito al centro di diverse inchieste per operazioni di riciclaggio di denari provenienti dalle mafie.
Contessa ha quindi spiegato che si sarebbe rivolto a Recordare per cercare di recuperare quei depositi scoperti in maniera così casuale nell’intercapedine di un muro. Sulla natura di quei fondi, però, nulla ha da dire in quanto il padre non disse nulla.
I rapporti con uomini vicini al clan Santapaola
Tornando alle relazioni pericolose dell’imprenditore di Palmi vale la pena ricordare che gli inquirenti hanno registrato collegamenti con i Parrello-Gagliostro di Palmi e lo storico casato degli Alvaro di Sinopoli. Ma anche imprenditori catanesi in odor di Santapaola e i camorristi del clan Iarunese di Casal di Principe, tutti rappresentati da 12 faccendieri, metà italiani e metà stranieri.
Ed è proprio sulle relazioni con due soggetti vicini al clan dei Santapaola di Catania che Report si è concentrato: Giovanni D’Urso e Felice Naselli.
Emblematiche alcune intercettazioni. “Una volta che hai consolidato in Malesia – diceva Recordare in una conversazione registrata – ti danno la pulizia. Ti certificano che il denaro è di fonte pulita. Ti danno la giustificazione, perciò non c’è nessun problema da quel punto di vista”. Rispondendo ad una sollecitazione sulla metodologia per “ripulire” i fondi mandandoli in Tagikistan, Recordare spiegava: “No vabbè, ma tanto sono scaricati su un conto di corrispondenza”.
In un’altra conversazione con Giovanni D’Urso, Recordare fa persino riferimento ad un conto in Liechtenstein che sarebbe stato aperto per Matteo Renzi il giorno prima della sua ascesa al Palazzo Chigi. Secondo la fonte confidenziale di Recordare coloro che avrebbero aperto il conto sarebbero le stesse persone che avrebbero deciso la sua nomina al governo. Circostanza smentita categoricamente dal leader di Italia viva.
Il documento falso in una risata
Può sembrare esilarante, ma è al contempo inquietante, il confronto tra Mottola e Recordare sulla “morte e resurrezione” che ruota intorno al fondo da un miliardo di euro che fa base a Cipro.
Titolare di quel conto è un certo Dimitri Verchtl, morto negli anni ‘80 e resuscitato 30 anni dopo, nel 2017, per aprire il conto e delegarlo allo stesso imprenditore. “Ma non è la cosa più strana” dice Mottola. Perché “nella foto che ha sul passaporto Dimitri c’è una vaga somiglianza con Roberto Recordare”. Dopo aver in un primo momento negato, tra qualche risata e momento di serietà irreale, ha ammesso di essere lui quello ritratto nella foto, giustificandosi che in tanti hanno passaporti con nomi diversi.
A ben vedere lo squarcio aperto sul “Sistema Recordare” è solo una finestra sul mondo.
La rete di connessione tra la criminalità organizzata con le istituzioni, la politica, l’economia e l’alta finanza ci pone di fronte a grandi squilibri sociali. E’ lo stesso imprenditore, in alcune intercettazioni, a far ritenere che vi sia un mondo ancora più grande dietro a certi giri: “Comunque considera che noi stiamo spostando cose dove i servizi segreti, cioè stiamo sconquassando il mondo e l’equilibrio mondiale”.
Recordare ha l’aria di chi non teme nulla. Come se sapesse già che le sue vicende possano risolversi in un nulla di fatto. Certo, l’inchiesta riservatissima che lo vede indagato è stata svelata nel momento in cui alcuni atti sono finiti agli atti di un processo che non lo riguarda direttamente. Report ha raccontato che vi sarebbe stato un errore all’interno del Tribunale di Reggio.
Fare luce su quel Sistema criminale integrato che vede le mafie che si servono dei medesimi canali per riciclare i ricavati dei propri traffici illeciti è un’impresa ardua.
E ci sono magistrati che con coraggio cercando di svelare quei complessi intrecci mafioso-politici e lobbysti.
Uno di essi è certamente il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, che in un’intervista rilasciata alla nostra testata nel 2015 metteva in evidenza come “un insieme di soggetti, sono tutti coloro i quali operano in maniera infedele negli ambiti strategici a livello mondiale, soprattutto in ambito finanziario, economico, imprenditoriale, ma anche politico e istituzionale”. E poi ancora aggiungeva: “Sono soggetti che hanno rapporti stabili in settori chiave, che passano dal sistema bancario ai principali sistemi finanziari e, soprattutto, entrano in quegli apparati che governano il potere reale. L’errore di fondo da non fare è considerare nel 2015 la ‘Ndrangheta come un’organizzazione tipicamente calabrese o Cosa Nostra come un’organizzazione tipicamente siciliana, perché operano in un mercato mondiale ed in quello spazio economico godono di autorevolezza senza pari. Se da una parte sembrano aver perso le loro singole individualità, in realtà hanno acquistato un potere sempre maggiore proprio perché non si presentano come espressioni di singole realtà locali: nel momento in cui il grande capo mafia calabrese ha necessità di operare in uno Stato estero o ha necessità di aprire nuovi canali operativi in ambito finanziario, ricorre al sistema criminale integrato di cui è parte che lo agevola e lo protegge, rendendolo invisibile”.
Quel mondo sommerso muove miliardi su miliardi. Molti dei quali non vengono mai rintracciati.
Gratteri ha ricordato come solo il 2% viene in qualche maniera recuperato. Ed è chiaro, dunque, il vero potere delle mafie. La puntata di Report porta a riflettere anche su quanto sia veramente efficace la lotta all’economia illegale oggi.
In assenza di un quadro normativo internazionale, che abolisca i paradisi fiscali offshore garantendo la trasparenza e la tracciabilità dei flussi finanziari è evidente che le criminalità organizzate saranno sempre un passo avanti e potranno condizionare, se non dominare, l’intera economia mondiale.
La puntata INTEGRALE: Report – Il riciclatore autonomo