Una ammissione di colpa parziale, servizi sociali al posto del carcere, l’accordo quasi raggiunto. Si tratta sul giudizio di «condotta disonorevole» che lo escluderebbe da ogni possibile incarico pubblico. Comunque vada a finire la trattativa in corso, certo l’epilogo dell’era Netanyahu che tanto ha pesato su tutto il Medio Oriente.
Difficili trattative non solo giudiziarie con il mondo politico israeliano, già estremamente frammentato, alla prese con spaccature certe nel Likud, sino ad oggi il partito maggioritario che fu di Netanyahu.
Ancora l’ombra del carcere
«Le possibilità di raggiungere un patteggiamento con l’ex primo ministro Benjamin Netanyahu prima della fine del mandato del procuratore generale Avichai Mendelblit sono “scarse”, hanno affermato domenica i soci del procuratore generale», avverte Netael Bandel su Haaretz.
«Secondo una fonte vicina a Mendelblit , anche se Netanyahu stasera accetta i tre principi che Mendelblit ha posto come condizione dell’accordo: ammettere due casi di frode e violazione della fiducia, accettare una constatazione di turpitudine morale e rispettare un sentenza di servizio alla comunità – non è chiaro se sarà possibile mettere in atto tali dettagli entro le prossime due settimane».
L’addio di Netanyau per evitare il carcere
Due fatti certi. Che l’ex premier (ma non la sua famiglia, sembra) sia deciso a patteggiare avendo come quasi certa alternativa in carcere, e che lo voglia anche il suo grande accusatore, il Procuratore generale Avichai Mandelblit, col problema di dover concludere entro la scadenza del suo mandato a febbraio. Mentre non è più un mistero che a mediare tra le parti sia l’influente ex presidente della Corte Suprema il giudice Aharon Barak: nome pesante del sistema costituzionale israeliano.
‘Condotta disonorevole’
Questione pendente, il giudizio di “condotta disonorevole” che, se applicato nel patteggiamento, escluderebbe di fatto l’ex premier per un lungo tempo (7 anni) da ogni attività politica. Per evitare questo Netanyahu si dichiarerebbe colpevole di frode e abuso di potere nei 3 casi in questione, ma non di corruzione sullo acambio di favori con l’editore-imprenditore Arnon Mozes per una copertura mediatica benevola da parte del media Walla.
Ma chi si fida di Netanyahu?
L’impasse ha finora bloccato l’accordo, ma la soluzione sarebbe quella di lasciare ai giudici, dopo il patteggiamento, la parola definitiva sulla “condotta disonorevole”. Una strada che tuttavia ancora non convince Mandelblit e la Procura, timorosi che Netanyahu non mantenga poi i patti. Certo è che l’impegno di Barak a favore dell’accordo tra le parti ha scatenato un putiferio soprattutto quando ha sostenuto di averlo fatto in omaggio “ai grandi contributi di Netanyahu al Paese e alla sua difesa del sistema giudiziario”.
Minaccia politica permanente
In ballo, se passasse la “condotta disonorevole” non c’è solo il seggio di Netanyahu alla Knesset, ma anche la sua leadership sul Likud. Tolto di scena definitivamente l’ex premier – hanno sottolineato gli analisti – non è così sicuro che le forze di destra restino all’interno dell’attuale maggioranza di governo e non preferiscano invece raggiungere il Likud (primo partito alla Knesset) per un nuovo esecutivo. Un ragionamento sul quale il premier attuale Naftali Bennet (leader di ‘Yamina’, ’Destra’) è intervenuto per escludere ogni scossone.
«A tutti i commentatori politici che elaborano i loro grafici e scenari – ha detto – state tranquilli. Il governo israeliano sta lavorando e agendo». Speriamo in maniera troppo veemente verso l’Iran.
17 Gennaio 2022