di Marta Capaccioni
È finito il tempo. Il 24 gennaio Camera, Senato e rappresentanti delle Regioni si riuniranno per eleggere il nuovo garante della Costituzione italiana.
Silvio Berlusconi, Mario Draghi, “una donna”. Al di là della profonda misoginia, maschilismo e denigrazione con cui i mezzi di informazione e il dibattito politico hanno trattato la possibilità della elezione di una donna come Capo dello Stato, ciò che più fa rabbrividire è leggere in tutti i giornali i nomi dei primi due candidati.
Per questo è doveroso secondo noi ricordare, di fronte a quella insopportabile abitudine a dimenticare o per ignoranza, o per indifferenza, o peggio, per complicità, la storia, i fatti e i tabù che macchiano in modo indelebile queste due figure, insignite di grandi meriti dal 99% della stampa italiana, ormai mera servitrice del potere.
Ma procediamo con ordine.
La prima scelta sarebbe proprio quella di Silvio Berlusconi
Parliamo del garante per decenni della corruzione in Parlamento, che ha comprato senatori, pagandoli fior di milioni, per ribaltare sconfitte elettorali e addirittura causare la caduta di governi in carica (come governo Prodi, del 2008). Il suo gruppo, con soldi suoi, ha corrotto politici, giudici, ufficiali della Guardia di Finanza e testimoni.
Parliamo del sostenitore della prostituzione, anche minorile e dell’emblema del maschilismo e del sessismo più maleducato e volgare. È impossibile oggi elencare tutte le sue uscite offensive dette pubblicamente ai danni di donne rappresentanti della politica italiana, europea e non solo.
Parliamo di un soggetto con una scheda giudiziaria forse peggiore di quella di svariati criminali. Più di 100 procedimenti, 588 visite della polizia giudiziaria e della Guardia di finanza, 2600 udienze in 14 anni, 36 processi in totale in cui Berlusconi è stato indagato: frode fiscale, falso in bilancio, appropriazione indebita, corruzione giudiziaria, corruzione generica e istigazione alla corruzione, finanziamento illecito ai partiti, rivelazione di segreto istruttorio d’ufficio, falsa testimonianza, prostituzione minorile, concussione aggravata, evasione fiscale e altri reati tributari, diffamazione aggravato, abuso d’ufficio. Berlusconi è stato sempre salvato grazie ai vari lodi (Maccanico, Schifani e Alfano) che hanno garantito l’immunità assoluta e la sospensione dei processi per cinque cariche istituzionali, grazie alle numerosissime leggi ad personam (come la legge Severino) emanate proprio quando era presidente in carica e grazie alle prescrizioni in altri processi (che comunque hanno provato i fatti e accertato i reati commessi).
E così l’unica condanna è stata quella a 4 anni per frode fiscale, per aver derubato le casse dello Stato e dei cittadini italiani.
Parliamo di un soggetto che per 20 anni ha finanziato la mafia ed è sancito in una sentenza definitiva della Corte di Cassazione. Il suo storico braccio destro, nonché co-fondatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, è stato condannato in via definitiva a 7 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa e per essere stato l’intermediario di quell’accordo stipulato tra Forza Italia e le famiglie mafiose palermitane operante tra il 1974 e il 1992.
Ed è doveroso ricordare, per quanto faccia male, che mentre l’ex premier pagava la mafia, la stessa mafia faceva saltare in aria giornalisti, magistrati, forze dell’ordine e cittadini.
Quel patto, firmato dopo una riunione tra Berlusconi, Dell’Utri e alcuni capimafia, tra cui Stefano Bontade e Francesco Di Carlo prevedeva il versamento da parte di Berlusconi a Cosa Nostra di somme ingenti di denaro, in cambio della protezione personale ed imprenditoriale garantita dall’organizzazione mafiosa. Proprio il boss Vittorio Mangano, presentato pubblicamente dall’ex premier come lo “stalliere di Arcore” (anche se nella villa non c’erano cavalli all’epoca), era il garante di quel patto all’interno della villa.
Questi sono fatti storici, che il tempo non potrà mai cancellare. Ma i processi fanno comodo solo quando si prescrivono e le sentenze vanno rispettate solo quando assolvono gli imputati.
Per la coppia Berlusconi-Dell’Utri non è finita qui.
Perché in questo momento entrambi sono indagati alla procura di Firenze per concorso in stragi, come mandanti esterni di quella stagione sanguinaria che nel 1993 colpì Roma, Firenze e Milano e che rappresentò l’ultimo colpo di grazia inferto alla nostra Repubblica dopo gli attentati di Capaci e Via D’Amelio, in cui morirono Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e i loro agenti di scorta (Rocco Dicillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro, Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina).
Rispetto ai mandanti esterni, il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza aveva raccontato l’incontro al Bar Doney di Roma, avvenuto il 22 gennaio ‘94, assieme allo stragista Giuseppe Graviano. Quest’ultimo gli aveva fatto il nome di Berlusconi spiegandogli di “avere il paese nelle mani” grazie “al nostro compaesano Dell’Utri”.
Recentemente anche lo stesso Graviano, potente capomafia di Cosa Nostra, picciotto ed erede di Riina e Provenzano, attualmente in carcere al 41 bis, ha parlato ai magistrati di Reggio Calabria, raccontando degli investimenti della sua famiglia al Nord, attraverso le società di Berlusconi e dichiarando di aver incontrato l’ex premier mentre era latitante per “almeno tre volte” a Milano 3. L’ultimo incontro sarebbe avvenuto nel dicembre del 1993.
Certo, rimangono le dichiarazioni di un boss mafioso e non di un pentito, ma le sue parole, inserite nel quadro storico e politico dei fatti che vedono coinvolto l’ex premier e molti esponenti del suo partito, dovrebbero lanciare un gravissimo allarme.
Parliamo di un affiliato alla loggia massonica segreta P2 del Maestro Venerabile Licio Gelli. Quest’ultimo aveva elaborato un Piano di rinascita democratica, che prevedeva una vera e propria strategia di conquista dall’interno della politica, della magistratura, dell’informazione. È preoccupante che oggi proprio i punti di quel Piano si stanno realizzando e certe normative vergognose e oltraggiose nei confronti dei principi costituzionali tornano di nuovo sulla bocca di Berlusconi: la riforma del Csm, che prevede di fatto la sottrazione dell’autonomia al Consiglio, la responsabilità civile dei magistrati; l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione in primo grado di giudizio; nonché norme più liberali e garantiste sulle intercettazioni, che ovviamente andrebbero a tutelare i soliti colletti bianchi. Alla faccia di una giustizia uguale per tutti.
Parliamo di un soggetto che nel 2017 dichiarò che “Mussolini forse proprio un dittatore non lo era” e che “fece anche cose buone”. Parole sconcertanti che rappresentano un oltraggio alla morte di milioni di italiani, alle sofferenze di madri, padri e figli e alla distruzione di intere famiglie.
E la seconda scelta? Il Presidente del Consiglio Mario Draghi.
Parliamo del figlio delle più grandi lobby finanziarie ed economiche del Paese, delle élite oligarchiche e dei grandi interessi finanziari anglo-americani che hanno distrutto economicamente il nostro Paese e guidato la svendita del patrimonio nazionale.
Parliamo del figlio delle grandi banche d’affari, come la statunitense Goldman Sachs, che tramite condotte illegali ha provocato la crisi finanziaria mondiale del 2008.
Parliamo di un personaggio che il 2 giugno del 1992, dopo pochissimi giorni dalla strage di Capaci, in veste di Direttore Generale del Tesoro, ha partecipato insieme ai dirigenti delle più grandi banche, delle maggiori società finanziarie anglo-americane ed i manager delle principali aziende di Stato ad una riunione in cui si stabilì l’inizio dell’ondata di privatizzazione che avrebbe messo da parte il benessere del popolo e la democrazia, per accomodare le pretese delle maggiori istituzioni finanziarie mondiali.
Parliamo di un soggetto che, il 5 agosto 2011, nei panni di Governatore della BCE, aveva fatto arrivare al Governo Berlusconi una lettera, firmata anche da Jean-Claude Trichet, l’allora Vice Presidente della BCE, in cui si incitava il governo italiano appunto, ad applicare tutte quelle riforme e politiche neoliberiste a cui ci hanno abituati negli ultimi trent’anni: tagli alla spesa pubblica, peggioramento delle condizioni di lavoro e delle condizioni salariali per “aumentare la competitività”, privatizzazioni, innalzamento dell’età pensionabile, libertà garantite solo alle imprese multinazionali ed alle grandi banche, leggi ad hoc a favore della finanza speculativa, ma distruttive per l’economia reale.
Parliamo di un soggetto che attualmente è Senior Member del Gruppo dei Trenta, lobby composta dai banchieri e finanzieri più potenti a livello mondiale, e che nel 2020 ha firmato un report inammissibile intitolato “Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid”. Questo report invita le nazioni a permettere e ad incoraggiare un processo di “distruzione creativa”, lasciando fallire le imprese in difficoltà e aiutando soltanto quelle più competitive. Invita ad indurre al fallimento i ristoranti, i bar, gli artigiani, le piccole medie attività perché non sosterrebbero la competizione futura, abbandonando intere famiglie in nome delle spietate logiche di mercato.
Parliamo di un presidente del consiglio che recentemente, in collaborazione con il Ministro della giustizia Marta Cartabia, ha elaborato una riforma della giustizia che taglierà i processi, garantirà l’impunità a politici e colletti bianchi, creando una fortissima disuguaglianza tra cittadini, aumenterà il carico di lavoro per gli uffici giudiziari, spoglierà i magistrati della propria indipendenza e agevolerà la proliferazione dei traffici della mafia e dei sistemi criminali.
Parliamo di un personaggio che di fronte alla crisi pandemica, al disagio sociale, alla disoccupazione, alla povertà, all’aumento dei suicidi, al fallimento di migliaia di imprese, alle pessime condizioni degli istituti scolastici e sanitari e alla distruzione dei servizi pubblici, quest’anno ha stanziato 25 miliardi di euro per la spesa di armamenti militari e nucleari e per il prossimo anno 27 miliardi.
Parliamo di un soggetto che, quindi, in ogni ambito politico ed istituzionale da lui ricoperto, ha unicamente applicato “la democrazia” dei mercati, delle banche, delle multinazionali, totalmente in contrasto con la nostra Costituzione che prevede un modello economico, politico e sociale basato sulla cooperazione, sull’armonia, sulla pace e la giustizia tra le persone e le nazioni.
Come potrebbero questi due personaggi, Berlusconi o Draghi, essere “degni” garanti della nostra Costituzione, rappresentare l’Unità della Nazione, presiedere l’organo di indipendenza della magistratura, comandare le forze armate, avere il potere, di convocare e sciogliere le camere, di concedere la grazia e di impedire la promulgazione delle leggi?
Come potrebbero farsi portavoce di quei profondi valori di legalità, giustizia, eguaglianza, che animano la Carta, o dei pilastri della nostra democrazia, come l’autonomia dei magistrati, la dignità delle donne, la parità di genere, la libertà di stampa, l’equità fiscale, la scuola e la sanità pubblica?
Come potrebbero prestare giuramento di fedeltà di fronte al popolo italiano, se lo hanno già tradito prima di entrare nelle stanze del Quirinale?
PER TUTTI QUESTI MOTIVI CHIAMIAMO TUTTI E TUTTE A PARTECIPARE ALLA CALL TO ACTION CHE LANCEREMO PRESTO SUI NOSTRI SOCIAL.
NON POSSIAMO SCENDERE A COMPROMESSI O A PATTI NÉ ACCONTENTARCI DEL COLUI O COLEI CHE CI VIENE PRESENTATO/A COME IL “MENO PEGGIO”: NESSUN NOME DI CANDIDATO/A CHE È USCITO PER ADESSO PUBBLICAMENTE, OLTRE A QUELLI DI DRAGHI E DI BERLUSCONI, È DEGNO/A DI RAPPRESENTARE IL NOSTRO PAESE.
Pretendiamo che la carica di PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA venga veramente ricoperta da una persona (donna o uomo) ispirata dai valori a cui è ispirata la nostra Costituzione, che sia fuori dalle logiche lobbistiche, corrotte e mafiose del potere politico, economico e finanziario, che sia super partes e che metta da parte i propri interessi personali per garantire indistintamente ad ogni cittadino e ad ogni cittadina una GIUSTIZIA UGUALE PER TUTTI/E ed una tutela SOSTANZIALE E “DI FATTO” dei diritti umani, civili e politici sanciti dalla nostra Carta costituzionale.
12 Gennaio 2022