Ennio Remondino *
La notizia ha del clamoroso ma non trova conferme da parte italiana. Il ministero della difesa russo ha deciso di aprire il suo fronte di guerra alle telecamere delle principali tv internazionali. Poche e selezionate. Ed ecco come ci arriva la notizia. Un collega di una tv pubblica estera, amico di guerre lontane, mi chiama per sapere cosa farà la Rai, ma con dieci anni di ritardo dalla mia uscita dall’azienda. ‘Se non va la Rai vado io’ , dice lui. Ma la Rai non risponde. Innaro, imbavagliato a Mosca, rifiuta quasi il saluto a vecchi amici e rinvia a Roma, viale Mazzini 14 di sabato pomeriggio. Praticamente il vuoto. Dovremo aspettare mercoledì per vedere se la Rai sarà presente con suoi giornalisti nel Donbass.
Mentre oggi prendono posizione tutti i corrispondenti esteri Rai chiedendo ai vertici aziendali di riaprire l’informazione dalla sede di Mosca
Mercoledì una verità giornalistica
I fatti certi, appurati attraverso il collega non italiano a Mosca. «Il ministero della difesa russo ha chiamato le principali televisioni estere per invitarle ad una trasferta sul fronte di guerra in Ucraina dalla parte russa. Donbass e il resto è segreto». «Pochi e di maggior prestigio. Noi non ci siamo», la lamentazione. Poi la malizia eterna del mestiere. «Sai se Innaro ci va? Sai con questi casini in casa Rai? Lui non mi risponde al telefono e da giorni rifiuta qualsiasi dichiarazione». Risposta a caldo, di pancia ma anche di testa: «Beh, fa bene. Con l’aria che tira e con certi vertici aziendali».
Una prestigiosa tv europea
Sempre il collega di antiche avventure jugoslave, ambedue ad alternarci tra la parte delle vittime e quella dei cattivi per cercare di capire e di meglio spiegare. Il collega mi dice che la partenza verso il fronte russo è prevista per mercoledì da Rostov: giornalista più operatore con telecamera e zainetto per la trasmissione. Risposta della tv invitata, entro la giornata di oggi, sabato 19 marzo, San Giuseppe. Come se a me, nella Sarajevo assediata avessero offerto un giro sul fronte degli assedianti serbi del pessimo Karadzic. Il realtà riuscii a farlo, col Tg1 di allora che annunciò al mondo la liberazione dei caschi blu tenuti in ostaggio dalla voce dello stesso duce sequestratore ora in galera.
Una offerta a cui non puoi dire di no
L’affermazione categorica del titoletto, alla don Corleone, fa riferimento ad una storia di giornalismo non embedded e non partigiano che ovviamente esalta le differenze tra aggredito e aggressore, ma non si arruola, come accadeva ancora nella seconda guerra mondiale con gli Hemingway messi in divisa col grado di capitano, ma solo con la macchina da scrivere come arma. Ora, una parte della Rai, i suoi vertici e alcuni direttori di testata, stando a ciò che vediamo in onda, sembra abbiamo deciso una copertura della tragedia ucraina unilaterale e quindi incompleta. Poco servizio pubblico e tanto opportunismo politico.
Zitti e Mosca
Oltre all’assurdità anche giuridica di un giornalista in zona di conflitto, perché di fatto questa è anche Mosca, messo di autorità in ‘ferie forzate’. Se mai fosse, all’ufficio del Personale qualcuno o è fuori di testa o cerca guai giudiziari. Ma alla fin fine, ricordando i miei 40 anni di Rai alle spalle e tanti bei ricordi, cerco di trovare difficili giustificazioni a tali insensatezze. Col timore che abbia davvero ragione il severissimo ‘Fatto Quotidiano’ che titola in prima pagina «Zitti e Mosca», denunciando con molte argomentazioni politiche e giornalistiche difficilmente confutabili, l’episodio di censura politica e personale nei confronti di Marc Innaro. Punendo con lui tutti noi, utenti Rai che rivendichiamo il diritto ad una informazione completa.
Per non parlare di chi le guerre vere e le complessità politiche internazionali ha dovuto assaggiarle da vicino, rispetto e chi la sola politica che conosce e le sole guerre che è costretto ad affrontare sono quelle di qualche onorevole in cerca di titolo giornalistico o di forze politiche in grave fase di incertezza.
L’APPELLO DEI CORRISPONDENTI ESTERI DELLA RAI: «RIPRENDIAMO A INFORMARE DA MOSCA»
I corrispondenti esteri Rai chiedono di riprendere ad informare dalla Russia dopo la sospensione di tutti i servizi -versione ufficiale-, per tutela dei giornalisti dopo le leggi russe sulla pubblicazione di notizie ritenute ‘false‘ dalle autorità. In realtà, la decisione dei vertici Rai era seguita da una pretestuosa polemica politica sulle ragioni dichiarate dalla parte russa e doverosamente riferite da Innaro e dagli inviati sul campo.
Le parole dei corrispondenti esteri Rai
- «Con il passare dei giorni la decisione aziendale di fermare la produzione informativa dalla sede di Mosca appare non più giustificata dai fatti».
- «Tutti i principali network internazionali hanno ripreso il flusso informativo da Mosca con i propri corrispondenti o con i propri inviati».
- «I corrispondenti esteri della Rai esprimono piena solidarietà al collega Marc Innaro e a tutti i colleghi fatti oggetto di critiche pretestuose da settori della politica e dell’editoria».
- «Auspicano che la Rai non ceda a pressioni improprie provenienti dall’esterno».
- «Chiedono che i vertici aziendali tutelino il buon nome dei propri dipendenti e che al più presto la Rai riprenda a informare dalla Russia con i suoi corrispondenti della sede di Mosca, osservatorio strategico come non mai in questo momento storico e con i suoi inviati sul campo».
19 Marzo 2022
* Giornalista prima nella carta stampata, poi 40 anni di radio televisione, per finire col web. Inviato speciale al Tg1 tra terrorismo, trame e mafia, corrispondente estero Rai per ‘Europa centro sud orientale’ con sedi successive a Belgrado, Gerusalemme, Berlino e Istanbul. Reporter nelle guerre balcaniche, dall’assedio di Sarajevo ai bombardamenti Nato sulla Jugoslavia per il Kosovo, in Iraq, Medio Oriente, Afghanistan. Ora, ‘diversamente giovane’, Remocontro.it per non perdere il vizio