di MOWA
«La gente ha poca memoria, invece si dovrebbe ricordare la dittatura, perché ci ricasca in continuazione.» (Paolo Poli, attore)
La Storia postuma (se avremo modo di viverla, ancora) al conflitto russo-ucraino farà riflettere (se non stravolte tutte le testimonianze) le nuove generazioni che avranno modo di analizzare quanti e quali siano state le menzogne narrate e non solamente descritte di quanto stava accadendo.
Qualcosa di simile viene raccolto, anche, oggi, da quei vari testimoni oculari che si sono sottratti alla cronaca raccontata basata sulle veline militari e che hanno scelto (pena la gogna, ingiustificata, del mainstream) di non sottostare a quelle regole d’ingaggio e illustrare quello che vedevano, sentivano… realmente in terra di conflitto.
Un esempio di riscatto professionale clamoroso è quello dei giornalisti che hanno fatto un appello pubblico di dissenso dal titolo: “La guerra di propaganda fa un’altra vittima eccellente: il giornalismo” a cui, via via si stanno aggiungendo firme prestigiose.
Ci sono, anche, altre vicende di dissenso (e, si dovrebbe dire anche, di onestà intellettuale) come quella descritta nell’intevista su l’Antidiplomatico di
«Benedetta Piola Caselli, avvocato di Roma che, con le credenziali di un quotidiano nazionale, si è recata due volte in Ucraina realizzando video-reportages tutti pubblicati sul suo profilo Facebook. Video da vedere assolutamente anche perché costituiscono uno dei rari esempi di giornalismo teso a capire, dietro la propaganda, cosa sta veramente succedendo.»
Ma il problema dell’onestà e/o di avere la più correta possibile informazione viene analizzata sulle varie pagine del web (che ormai raggiungono livelli altissimi di ascolto perchè sostitutivi ai palinsesti tradizionali) di vari professionisti i quali chiariscono le varie fake sostenute da blasonati giornalisti che hanno pensato più al portafoglio che alla deontologia del mestiere.
Infatti, sul conflitto russo-ucraino in una delle tante e lucide pagine, quella di Pierluigi Fagan, si legge questa perfetta e condivisibile analisi:
«Alcuni si sono irritati e sorpresi dai miei recenti toni con cui ho trattato Zelensky. Chiunque abbia avuto esperienze di marketing e pubblicità non potrà non notare come tutta la narrazione Zelensky ricalchi in tutta evidenza una chiara strategia. Forse questa affermazione risulterà infondata ai più, ma io ho lavorato in quel campo per due decenni e passa, diciamo ad alti livelli, con una specializzazione professionale specifica proprio in strategie di marketing e comunicazione. Non c’è alcuna possibilità che possiate sostenere il contrario, credetemi, la mia non è una convinzione politica è meramente una constatazione tecnica. Zelensky è il testimonial (bravissimo) di una strategia di comunicazione (abilissima e molto professionale) che presuppone un abilissimo team che ne cura immagine e testi, team ovviamente non ucraino. Ma è anche un PR con un altro team che gli apre porte di parlamenti, interventi nelle piazze pacifiste, interviste, servizi copertina e da ultimo anche merchandising e tutto il noto sistema che accompagna il format “rivoluzioni colorate”. E chi lo dirige gestisce anche le sue relazioni internazionali, l’amicizia con i Trimarium in funzione anti-UE, gli attacchi a Germania e qualche volta Israele, l’ambiguo rapporto con la Turchia che sta nella NATO tanto quanto si bilancia con la Russia e molto altro. O mi volete dire che un comico ucraino in politica da tre anni con un Paese al 133° posto per Pil, è in grado di far tutto questo da solo?
Ogni giorno concede qualcosa facendo respirare gli animi pacifisti e ragionevoli, un minuto dopo fa marcia indietro. Ogni giorno alza la posta paranoica contro l’inumanità russa (che è per molti versi obiettiva), poi chiede più armi, più soldi, più riconoscimento e più odio per il nemico. Ogni giorno noi non abbiamo alcuna informazione terza sui teatri di guerra, ma abbiamo cori di esperti che fanno sperare: “i russi sono impantanati”, “i russi cedono psicologicamente”, “i russi stanno preparando attacchi biochimici ed atomici (quando queste sono pari accuse fatte dai russi nei loro confronti). Non vediamo i militari russi, non vediamo i militari ucraini, vediamo solo immagini ucraine e sentiamo solo comunicati ucraini. Se c’è speranza c’è un invio d’armi e tutto il circuito si rilancia. Ogni giorno gli europei vanno incontro a questo tsunami emotivo terrorizzante spinti da dirette h24 gestite da professionisti della comunicazione che non hanno mai un dubbio, un’alzata di sopracciglio, un possibile ricordo del necessario bilanciamento quando si stratta di comunicazione di guerra. Così i popoli, così i loro intellettuali principali, così i partiti annichiliti. Granelli di sabbia in questa abbondante vasellina sono subito coperti di ignominia ed ostracizzati.»
Ecco, allora, determinante il ruolo delle popolazioni di tutti quei Paesi che sono tirati in ballo da una leadership che, arbitrariamente, non rispetta le regole della convivenza, della pace, della necessità di far valere la diplomazia come valore indiscutibile al posto delle armi o di qualunque altro mezzo distruttivo o autodistruttivo i quali devono essere contestati in ogni piazza, ogni angolo di via, ogni sede o luogo rilanciando parole di rispetto di quello che si è riusciti ad affermare dopo la Seconda Guerra Mondiale come l’auspicio di un disarmo generalizzato.
Si devono contrastare i vari sostenitori della guerra – sotto le varie sfumature – e ricordare ciò che fanno e decidono come, ad esempio, quanto approvato pochi mesi fa, esattamente il 18 novembre 2021, alla Terza Commissione dell’Onu dove veniva votata la risoluzione che vietava la “glorificazione del nazismo” raccomandando a tutti i Governi di attivarsi con misure specifiche contro ogni discriminazione xenofoba e razziale. In quella risoluzione votarono a favore 125 Stati (tra questi quelli più popolosi, come Cina, India, Russia, Pakistan, Brasile, Indonesia…), i contrari furono 2 – Stati Uniti e Ucraina (guarda il caso!) -, gli astenuti 53, fra questi tutti quelli dei Paesi NATO, Italia compresa.
E quella del nazismo è una delle obiezioni per cui la Russia ha dato corso al conflitto in Ucraina; ma, anche, per quei Paesi spergiuri che non hanno rispettato quanto avevano concordato rispetto la non espansione della NATO ad Est come testimonia questo stralcio di documento
e riportata, per diritto di cronaca, su questo sito, Zero Edge, dal titolo: Germany’s Spiegel Asks “Is Vladimir Putin Right?” Over NATO Expansion.
La pace non è un valore commercializzabile ma un diritto che ogni persona di buon senso deve perseguire e mettere sempre davanti ad ogni cosa perchè sia raggiunta per tutti i popoli…
Foto di Dea Piratedea