Tratto da ANPI Provinciale di Milano
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Il 23 maggio 1992 Giovanni Falcone e la moglie Francesca, di ritorno da Roma, atterrano a Palermo con un aereo partito dall’aeroporto romano di Ciampino alle ore 16,40. Tre auto, una Croma marrone, una bianca e una azzurra li aspettano. È la scorta di Giovanni, la squadra affiatatissima che ha il compito di sorvegliarlo dopo il fallito attentato del 1989 dell’Addaura. Ma poco dopo aver imboccato l’autostrada che congiunge l’aeroporto alla città, all’altezza dello svincolo di Capaci, una terrificante esplosione (500 kg di tritolo) disintegra il corteo di auto e uccide Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Un attentato ordinato da Cosa Nostra, il cui obiettivo era un simbolo: Giovanni Falcone, che operava dal 1980, insieme a Paolo Borsellino, nel pool antimafia ideato e diretto da Rocco Chinnici. Giovanni Falcone così scriveva: “Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere.”
Roberto Cenati – Presidente Anpi Provinciale di Milano