Sempre più pensionati continuano a lavorare per necessità economiche, spesso andando incontro a incidenti mortali: “C’è un problema di salari e pensioni bassi, ma anche di ricambio generazionale e soprattutto di invecchiamento – spiega Valentina Fragassi, Cgil Lecce – e dunque di sicurezza”.
A cura di Chiara Ammendola
Pensionati costretti a lavorare per necessità. È questo il preoccupante fenomeno che denuncia la Cgil e che emerge dopo la morte dell’operaio 72enne Donato Marti, precipitato da un ponteggio, e di altri come lui nel territorio del Leccese: tutti edili over 60, senza contratto, che si prestano a lavori occasionali andando incontro anche a una maggiore possibilità di incidenti visto che si tratta di lavori usuranti, così come denuncia a Fanpage.it la segretaria della Cgil Lecce Valentina Fragassi: “Perché queste persone, pur avendo maturato i requisiti per ottenere la pensione, potrebbero godersi il meritato riposo dopo 40 anni di lavoro e invece non lo fanno? Alla base di tutto c’è una necessità”.
“A Lecce la pensione media – continua – non garantisce alle persone, dopo anni di lavoro, di potersi sostenere. Inoltre i nostri pensionati fungono anche da ammortizzatori sociali per i nipoti che non trovano lavoro e per i figli che sono stati espulsi dal mondo del lavoro e non riescono a ricollocarsi”. Secondo Fragassi c’è un problema di salari bassi, ma anche “di ricambio generazionale e soprattutto di invecchiamento: se io ho oltre 60 anni e continuo a salire sui ponteggi non mi sembra una condizione che può essere classificata come condizione di sicurezza”.
Ci sono persone che lavorano anche dopo la pensione per necessità: che percezione ha la Cgil di questo fenomeno?
Non è il primo infortunio mortale di un pensionato qui nella provincia di Lecce. E allora dobbiamo chiederci una cosa, soprattutto considerato il periodo storico in cui stiamo vivendo: perché queste persone, pur avendo maturato i requisiti per ottenere la pensione, potrebbero godersi il meritato riposo dopo 40 anni di lavoro e invece non lo fanno? Alla base di tutto c’è una necessità e quindi un’esigenza che continuano a spingere i pensionati a lavorare. Ed è un fenomeno che riguarda non solo gli edili, ma anche gli agricoltori, i raccoglitori nei campi o quei pensionati che pur avendo raggiunto l’età pensionabile continuano a fare lavori autonomi perché c’è uno stato di bisogno.
Quali sono i dati dai quali bisogna partire per interpretare questa realtà?
Sono anni che chiediamo al governo interventi soprattutto per quanto riguarda salute e sicurezza sul lavoro. Lecce è la seconda provincia per infortuni mortali in Puglia e la seconda in tutta Italia. Una maglia nera che non rappresenta un’emergenza ma una mattanza se non vengono presi provvedimenti. Anche perché c’è un tema che riguarda i lavori usuranti: se noi pensiamo che il 22% degli edili che il sindacato Fillea Cgil rappresenta a Lecce è over 60 e meno del 5% è under 30, si capisce che c’è un problema di poca attenzione al lavoro e di sicurezza. C’è un problema di ricambio generazionale e soprattutto di invecchiamento: se io ho oltre 60 anni e continuo a salire sui ponteggi non mi sembra una condizione che può essere classificata come condizione di sicurezza.
Questi non sono però gli unici temi
Insieme a questo c’è una condizione sociale molto più dura: l’inflazione cresce e i salari restano fermi. E se guardiamo alle pensioni, in Salento la media è di 657 euro. Parliamo di pensioni che non garantiscono alle persone dopo anni di lavoro di potersi sopravvivere, sapendo che molto spesso i nostri pensionati fungono anche da ammortizzatori sociali per i nipoti che non trovano lavoro e per i figli che sono stati espulsi dal mondo del lavoro e non riescono a ricollocarsi. E allora c’è un tema di salari, ovvero dell’adeguamento di salari e pensioni al costo della vita, visto l’aumento del costo dei beni di prima necessità: se non si interviene in questo senso si destinerà una fascia della popolazione alla povertà.
La maggior parte di queste persone lavora senza un contratto
Lavorano senza un contratto, molto spesso lavorano senza dispositivi di sicurezza: ci sono prescrizioni di legge su come fare un cantiere edile ma per poter essere fiscali su questi temi abbiamo bisogno di investimenti in termini di personale. Servono persone che vadano nei lì a verificare le condizioni nelle quali ogni giorno i lavoratori operano e purtroppo non ci sono. Qui il personale è esiguo e fa quello che può. È vero che viviamo un momento eccezionale ma dobbiamo rimettere al centro il lavoro e quindi la dignità delle persone di poter lavorare ma anche di poter stare in pensione.
Oltre al divario tra Nord e Sud , c’è un gap anche di genere
C’è un problema di accesso lavorativo per quanto riguarda le donne che arrivano a lavorare dopo. A parità di mansioni infatti vanno in pensione con un gap notevolmente più basso rispetto alla pensione di un uomo, perché la pensione si costruisce negli anni: se io faccio un lavoro part time e il mio collega uomo invece è full time io avrò una pensione più bassa. Se il riconoscimento del mio salario o anche l’individuazione della mia mansione è più bassa a parità di condizioni rispetto ad un uomo io avrò una pensione più bassa.
Qual è il primo passo da fare in questo senso?
Noi chiediamo riforme strutturali a partire dall’equità sociale, perché non è vero che la crisi si è equamente distribuita su tutti. Non è vero che dopo la pandemia tutti abbiamo contribuito equamente alle casse dello Stato. Se noi non costruiamo uno scheletro forte di questo paese che si poggi sulla dignità lavorativa, credo che perderemo una grossa occasione.
24 Giugno 2022