Fine marzo, tutti guardare alla guerra ucraina e pochi badano al mese sacro del Ramadan, compreso il prezzo alle spalle dei datteri, cibo con cui interrompere il digiuno al tramonto. Sui social marocchini, in quei giorni, diversi account lanciavano l’hashtag #BoycottAlgerianDates, “Boicotta i datteri algerini”. Ma non era l’eterna sfida nazional commerciale di sempre.
Valeria Cagnazzo su Pagine Esteri, non solo a stupire, ma far paura. Terrorismo vero e tutto occidentale all’incontrario.
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Sotto la sabbia le scorie francesi che avvelenano l’Algeria
«Protezionismo e rivalità politica, indubbiamente, ma la “guerra dei datteri” chiamava in causa anche un altro spettro del passato». I detrattori del dattero di importazione accusavano gli agricoltori algerini di coltivare i propri prodotti in campi “troppo vicini” alle aree del deserto del Sahara contaminate da “scorie nucleari”. Una realtà con la quale Algeri da decenni in qualche modo deve fare i conti: quello che i colonizzatori francesi hanno lasciato sotto la sabbia quando sono andati via.
Tragici lasciti coloniali
Il 18 marzo 1962, la Francia riconosceva l’indipendenza dell’Algeria, dopo anni di scontri sanguinosi. Ma nella sua colonia nord-africana, la potenza francese aveva condotto test nucleari, sia atmosferici che sotterranei. I siti si trovavano nel Sahara algerino, vicino alle cittadine di Reggane e In Ekker. «È lì che la Francia fece esplodere la sua prima bomba atomica, nel febbraio del 1960, con l’esperimento soprannominato “Jerboa Blu”». Esplosione quattro volte più potente di quella di Hiroshima.
Dopo gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica e la Gran Bretagna, il Paese di Le Gaulle diventava la quarta potenza nucleare del mondo grazie ai test nel Sahara e nella Polinesia francese. Le scorie nucleari venivano nascoste sotto la sabbia, nella massima segretezza.
Oltre l’indipendenza algerina, ancora il nucleare
Indipendenza relativa, con altri cinque anni di esperimenti nucleari. «Nessun cenno allo smaltimento delle scorie, alla bonifica del terreno alla fine dei cinque anni, né alla salute della popolazione locale». Utile ricordare che la Francia eseguì 17 test nucleari sul suolo algerino, e ben 11 di questi dopo l’indipendenza dell’Algeria. «Nel 1967, poi, abbandonò definitivamente i suoi siti nucleari del Sahara, senza occuparsi delle conseguenze dei suoi esperimenti sull’ambiente e sulla salute delle persone».
Parigi criminale
Sessant’anni dopo, le aree desertiche di Reggane e In Ekker sono ancora visitabili solo indossando dispositivi di sicurezza e per brevissimi intervalli di tempo, dato l’altissimo livello di radioattività atmosferica. Ma da sempre, nelle aree attorno, un’altissima incidenza di tumori del sangue, della pelle, della mammella, e di malformazioni congenite. All’epoca dei test, il governo francese sosteneva la totale sicurezza dei test nucleari. Villaggi per la manodopera locale attorno e sola precauzione, «buttarsi a terra e tenere gli occhi chiusi durante l’esplosione».
Il generale e dell’operazione ‘Jerboa blu’
«Gerard Dellac era un generale dell’esercito francese ai tempi dell’operazione “Jerboa blu”. Intervistato da France24 nel 2021, non è in grado di pronunciare molte parole a causa di un tumore maligno alla bocca ma non ha dubbi sull’origine del cancro». Dellac, però, è stato risarcito dal governo francese per la malattia dopo gli esperimenti nucleari. Decine di francesi, da allora, hanno ottenuto un risarcimento dal governo. Non è stato lo stesso per le vittime algerine. «Solo una di loro, su oltre 50 persone che chiesto i danni da radiazioni, è riuscita a essere risarcita dalla Francia».
Vergogna francese sotto la sabbia
«La politica francese all’epoca dei test era semplice: tutto quello che poteva essere “contaminato”, doveva essere nascosto sotto terra. Le scorie delle esplosioni, invece, vale a dire lastre, rocce e sabbia vetrificata, venivano con incuria abbandonate all’aperto» . E per decenni, il ministero degli Interni francese ha negato l’accesso alle mappe dei siti nel Sahara algerino nei quali negli anni ’60 le sostanze radioattive erano state sotterrate. «Solo nel 2010, grazie a un’indagine indipendente, è stata rivelata la distribuzione di alcuni dei rifiuti tossici seppelliti sotto alla sabbia», sempre da Pagine Esteri e dall’attentata Valeria Cagnazzo.
Risanamento ambientale
Il rapporto, “Radioattività sotto la sabbia” pubblicato da Jean-Marie Collin e Patrice Bouveret nel 2020, compila un primo inventario di tutti i materiali di scarto, radioattivi e non, che la Francia si è lasciata dietro nelle aree di Reggane e In Ekker. Ma anche alle autorità algerine viene chiesto di condurre indagini sanitarie accurate sulla salute dei bambini all’epoca degli esperimenti e sui loro discendenti. Salvo far prevalere la convenienza della dimenticanza rispetto ad assassinii del passato sepolti anche loro sotto la sabbia. Come la moralità di certa politica e di certi uomini di Stato.
27 Luglio 2022