di Thierry Meyssan
È difficile ammetterlo, sebbene gli anglosassoni non ne facciano mistero. Parafrasando una celebre citazione del primo segretario generale dell’Alleanza, la Nato è stata creata per «tenere la Russia all’esterno, gli Americani all’interno e l’Unione Europea sotto tutela».
Non c’è altra spiegazione per il prolungamento delle inutili sanzioni contro Mosca e degli altrettanto inutili nonché letali combattimenti in Ucraina.
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Perché Josep Borrell, Charles Michel e Ursula von der Leyen, provatamente corrotti e incompetenti, sono diventati leader dell’Unione Europea? Per avallare le imposizioni di Jens Stoltenberg.
È passato quasi un anno dall’ingresso in Ucraina dell’esercito russo per applicare la risoluzione 2202 del Consiglio di Sicurezza. La Nato rifiuta questa motivazione e ritiene che la Russia abbia invaso l’Ucraina per annetterla. In quattro oblast i referendum per l’adesione alla Federazione di Russia sembrano confermare l’interpretazione della Nato, ma la storia della Novorossia conferma la motivazione della Russia. Le due narrazioni vanno avanti in parallelo, senza mai intersecarsi.
Durante la guerra del Kosovo pubblicavo un notiziario quotidiano [1]. Ricordo che all’epoca la narrazione della Nato era contestata da tutte le agenzie di stampa dei Balcani, ma non avevo possibilità di sapere da che parte stesse la ragione. Due giorni dopo la fine del conflitto i giornalisti dei Paesi membri dell’Alleanza Atlantica poterono recarsi sul posto e constatare di essere stati ingannati: le agenzie di stampa regionali avevano ragione; la Nato non aveva fatto che mentire.
Successivamente feci parte del governo libico. Potei costatare in prima persona come la Nato, incaricata dal Consiglio di Sicurezza di proteggere la popolazione, distorse il mandato al fine di rovesciare la Jamahiriya Araba Libica: uccise 120 mila delle persone che avrebbe dovuto proteggere.
Sono esperienze che mostrano come l’Occidente menta spudoratamente per coprire le proprie malefatte.
Oggi la Nato ci garantisce di non essere in guerra perché non ha dispiegato truppe in Ucraina. Tuttavia gigantesche quantità di armi vengono mandate in Ucraina affinché i nazionalisti integralisti ucraini [2], formati dalla Nato, resistano a Mosca; inoltre è in corso una guerra economica senza precedenti per distruggere l’economia russa. Tenuto conto dell’entità di questa guerra, per interposizione dell’Ucraina, lo scontro diretto fra Nato e Russia sembra suscettibile di scoppiare in ogni momento.
Una nuova guerra mondiale è tuttavia altamente improbabile, almeno a breve termine: i fatti già contraddicono la narrazione della Nato.
La guerra va avanti e continuerà ancora. Non perché le forze in campo siano paritetiche, ma perché la Nato non vuole affrontare la Russia. Lo abbiamo visto tre mesi fa, durante il G20 a Bali. Con l’accordo della Russia, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è intervenuto in videoconferenza da Kiev. Ha chiesto l’esclusione della Russia dal G20, come ne aveva chiesto l’esclusione dal G8 dopo l’adesione della Crimea alla Federazione Russa. Con sua grande sorpresa, nonché dei membri della Nato presenti al vertice, Stati Uniti e Regno Unito non lo hanno sostenuto [3]. Washington e Londra concordavano che esisteva una linea da non superare. E a ragione: le armi moderne russe sono molto superiori a quelle della Nato, la cui tecnologia risale agli anni Novanta. In caso di scontro, la Russia ne subirebbe sicuramente le conseguenze, ma schiaccerebbe gli Occidentali in pochi giorni.
Dobbiamo leggere gli avvenimenti alla luce di quanto accaduto a Bali.
L’afflusso di armi in Ucraina è un espediente: la maggior parte del materiale bellico non arriva su questo campo di battaglia. Rete Voltaire ha scritto che le armi inviate all’Ucraina in realtà servono a scatenare un’altra guerra nel Sahel [4]; il presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, lo ha pubblicamente confermato, affermando che molte armi destinate all’Ucraina sono già nelle mani degli jihadisti africani [5]. Del resto, costituire [in Ucraina] un arsenale alla bell’e meglio, aggiungendo armi di epoca e calibro differenti, non serve a nulla. Nessuno possiede la logistica necessaria per fornire ai soldati munizioni così diverse. Bisogna dedurne che queste armi non sono inviate all’Ucraina perché vinca la guerra.
Il New York Times ha lanciato l’allarme sostenendo che le industrie occidentali della Difesa non riescono a produrre armi e munizioni in quantità sufficiente. Le scorte sono già esaurite e gli eserciti occidentali sono costretti a privarsi di materiale militare indispensabile alla propria difesa. Lo ha confermato il segretario Usa alla Marina, Carlos Del Toro, che ha ammonito riguardo al depauperamento delle forze armate statunitensi [6]. Del Toro ha precisato che, se il complesso militare-industriale Usa non riuscisse entro sei mesi a produrre più armi della Russia, le forze armate statunitensi non potrebbero portare a termine la missione.
Prima osservazione: se politici Usa volessero scatenare l’Armageddon entro i prossimi sei mesi non avrebbero mezzi per farlo e, probabilmente, nemmeno dopo.
Analizziamo ora la guerra economica. Lasciamo perdere che essa venga pudicamente dissimulata sotto il termine “sanzioni”. Ho già affrontato l’argomento sottolineando che non sono sanzioni decise da un tribunale e che dunque sono illegittime, secondo il diritto internazionale. Osserviamo la quotazione delle valute. Il dollaro ha sopraffatto il rublo per due mesi, poi è sceso al valore del periodo 2015-2020, senza causare un indebitamento massiccio della Russia. In altri termini, le cosiddette sanzioni hanno avuto un effetto trascurabile sulla Russia: ne hanno perturbato pesantemente gli scambi per i primi due mesi, ma ora non la intralciano più. Ma, d’altro canto, le sanzioni non hanno avuto un costo nemmeno per gli Stati Uniti, che non ne sono stati affatto colpiti.
Sappiamo che, laddove impediscono agli alleati d’importare idrocarburi russi, gli Stati Uniti ne importano attraverso l’India e ricostituiscono le scorte cui hanno attinto nei primi mesi del conflitto [7].
Osserviamo invece uno sconvolgimento dell’economia europea, costretta a ricorrere massicciamente al prestito per sostenere il regime di Kiev. Non abbiamo dati sull’entità dell’indebitamento né conosciamo l’identità dei creditori. È tuttavia chiaro che i governi europei fanno ricorso a Washington a titolo della legge Usa di prestito-affitto (Ukraine Democracy Defense Lend-Lease Act of 2022). Gli aiuti europei all’Ucraina hanno un costo, che però sarà contabilizzato solo alla fine della guerra. Solo allora verrà calcolato l’ammontare della fattura, che sarà esorbitante. Fino a quel momento tutto va bene.
Il sabotaggio del 26 settembre 2022 dei gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 non è stato rivendicato immediatamente; è stato annunciato anticipatamente dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden il 7 febbraio 2022, alla Casa Bianca, alla presenza del cancelliere Olaf Scholz. Certamente in quell’occasione Biden ha assunto l’impegno di distruggere il Nord Stream 2 se la Russia avesse invaso l’Ucraina, ma lo ha fatto perché la giornalista che lo stava intervistando vi si era focalizzata, non osando immaginare che avrebbe potuto fare altrettanto con il Nord Stream 1. Con questa dichiarazione, e ancor più con il sabotaggio, Washington ha mostrato il suo disprezzo verso l’alleato tedesco. Non è cambiato nulla da quando il primo segretario generale della Nato, Lord Ismay, dichiarò che il vero scopo dell’Alleanza era «tenere all’esterno l’Unione Sovietica, gli americani all’interno e i tedeschi sotto tutela» («keep the Soviet Union out. The Americans in, and the Germans down») [8]. L’Unione Sovietica non c’è più e la Germania guida l’Unione Europea. Se fosse ancora in vita, Lord Ismay probabilmente direbbe che l’obiettivo della Nato è tenere all’esterno la Russia, gli americani all’interno e l’Unione Europea sotto tutela.
La Germania, per la quale il sabotaggio di questi gasdotti è il più grave colpo dalla fine della seconda guerra mondiale, ha incassato senza fiatare. Contemporaneamente ha ingoiato il piano Biden di salvataggio dell’economia Usa a danno dell’industria automobilistica tedesca. Berlino ha reagito avvicinandosi alla Cina ed evitando di litigare con la Polonia, nuova carta vincente degli Stati Uniti in Europa. La Germania ora si propone di rilanciare la propria industria sviluppando le fabbriche di munizioni per rifornire l’Alleanza.
La sottomissione della Germania alla sovranità Usa è stata di conseguenza condivisa dall’Unione Europea, controllata da Berlino [9].
Seconda osservazione: i tedeschi, nonché l’insieme dei Paesi dell’Unione Europea, hanno preso atto dell’abbassamento del loro tenore di vita. Insieme agli ucraini, gli europei sono le uniche vittime della guerra in corso e vi si adattano.
Nel 1992, quando dalle rovine dell’Unione Sovietica nasceva la Federazione di Russia, Dick Cheney, all’epoca segretario alla Difesa, comandò allo straussiano [10] Paul Wolfowitz un rapporto che ci è giunto censurato, con molte parti occultate. Dagli estratti pubblicati dal New York Times e dallo Washington Post è emerso che Washington non considerava più la Russa una minaccia, ma l’Unione Europea un potenziale rivale [11]. Vi si leggeva: «Benché gli Stati Uniti sostengano il progetto d’integrazione europea, dobbiamo vigilare al fine di prevenire l’emergere di un sistema di sicurezza esclusivamente europeo che minerebbe la Nato, in particolare la sua struttura di comando militare integrato». In altri termini: Washington approva una Difesa europea subordinata alla Nato, ma è pronto a distruggere l’Unione Europea qualora aspiri a diventare una potenza politica in grado di tenergli testa.
L’attuale strategia degli Stati Uniti, che non indebolisce la Russia ma l’Unione Europea con il pretesto di combattere la Russia, è la seconda applicazione concreta della dottrina Wolfowitz. La prima applicazione risale al 2003, quando la Francia di Jacques Chirac e la Germania di Gerhard Schröder furono punite per essersi opposte alla distruzione dell’Iraq da parte della Nato [12].
È esattamente quanto dichiarato il 20 gennaio dal presidente del comitato dei capi di stato-maggiore Usa, generale Mark Milley, durante una conferenza stampa al termine della riunione degli alleati a Ramstein. Pur avendo preteso da ciascun partecipante l’invio di armi a Kiev, davanti ai giornalisti ha ammesso che «sarà molto difficile quest’anno liberare dalle forze russe ogni centimetro quadrato dell’Ucraina occupata» («This year, it would be very, very difficult to military eject the Russian forces from every inch of Russian-occupied Ukraine»). In altri termini, gli Alleati devono dissanguarsi, sebbene non ci sia alcuna speranza di prevalere nel 2023 sulla Russia.
Terza osservazione: l’obiettivo di questa guerra non è la Russia, ma l’indebolimento dell’Unione Europea.
Rachele Marmetti
[1] Le Journal de la Guerre en Europe.
[2] “Chi sono i nazionalisti integralisti ucraini?”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 15 novembre 2022.
[3] “Zelensky incastrato da Mosca e Washington”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 22 novembre 2022.
[4] “Si prepara una nuova guerra per il dopo-disfatta contro la Russia”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 24 maggio 2022.
[5] «Muhammadu Buhari met en garde contre le flux d’armes de la guerre russo-ukrainienne en Afrique», Actu Niger, 30 novembre 2022.
[6] «Navy Secretary Warns: If Defense Industry Can’t Boost Production, Arming Both Ukraine and the US May Become ‘Challenging’», Marcus Weisgerber, Defense One, January 11, 2023.
[7] « India’s breaking all records for buying Russian oil, but who is the surprise buyer ? », Paran Balakrishnan, The Telegraph of India, January 16, 2022.
[8] Una citazione che impreziosisce fieramente il sito ufficiale dell’Alleanza Atlantica.
[9] « Déclaration conjointe sur la coopération entre l’UE et l’Otan », Réseau Voltaire, 10 janvier 2023.
[10] “È agli Straussiani che la Russia ha dichiarato guerra”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 7 marzo 2022.
[11] « US Strategy Plan Calls For Insuring No Rivals Develop », Patrick E. Tyler, and « Excerpts from Pentagon’s Plan : “Prevent the Re-Emergence of a New Rival” », New York Times, March 8, 1992. « Keeping the US First, Pentagon Would preclude a Rival Superpower » Barton Gellman, The Washington Post, March 11, 1992.
[12] « Instructions et conclusions sur les marchés de reconstruction et d’aide en Irak », par Paul Wolfowitz, Réseau Voltaire, 10 décembre 2003.