Nessun aiuto ad Assad, queste le dichiarazioni del Segretario di Stato Usa Tony Blinken, che ha spiegato come gli aiuti Usa per il popolo siriano, bombardato del sisma più devastante degli ultimi anni, passeranno dai canali usati finora.
Aiuti solo ad Al Quaeda
Ciò vuol dire che nessun aiuto americano arriverà alla popolazione che ricade sotto il controllo di Damasco, ma solo alla zona di Idlib, controllata dagli epigoni di al Qaeda.
Una dichiarazione che suona come un diktat per l’Occidente a non deviare dalla linea dura tenuta finora, che vede la Siria, ovvero la zona succitata, restare sotto la stretta delle sanzioni internazionali.
Nessun aiuto occidentale, dunque, giungerà ad Aleppo, dove il sisma si è abbattuto su edifici già provati da più di un decennio di guerra (le foto dei palazzi di Aleppo al tempo della guerra danno l’idea di cosa può essere accaduto quando gli stessi palazzi sono stati investiti dal sisma).
Così alla morsa delle sanzioni, varate all’inizio del conflitto (2011), si aggiunge quella del sisma, che quindi è usato per fare ulteriori pressioni sulla popolazione civile, per aumentarne la sofferenza all’indicibile così da renderlo più malleabile alle sirene del regime-change.
In un conflitto ibrido come quello siriano, durante il quale Washington e alleati hanno tentato invano di rovesciare Assad, non si butta niente, come per il maiale: è stata usata la pandemia, durante la quale le sanzioni non sono state rimosse, ora si usa il terremoto. Nulla di nuovo sotto il sole.
Orrori “indicibili” e lentezza dei soccorsi
Qualcosa di simile si sta registrando per la Turchia. Erdogan è malvisto dalle Cancellerie occidentali, sia per le sue esitazioni a far entrare Svezia e Finlandia nella Nato, sia, soprattutto, perché continua a relazionarsi con il paria Putin e a proporsi come mediatore di un conflitto che si qualcuno vuol far durare all’infinito.
Da qui la possibilità di sfruttare il sisma per erodere il potere di Erdogan, che a giugno prossimo è chiamato a confrontarsi con le urne per restare al potere. Citiamo a titolo di esempio un titolo della BBC: “Erdogan visita l’area del terremoto mentre la rabbia cresce per la scarsa velocità dei soccorsi”.
Ad oggi la spinta a usare la tragedia a fini politici è circoscritta, ma la pressione potrebbe aumentare, con incremento esponenziale se aumenta il numero delle vittime.
I morti, al momento in cui scriviamo, sono già 11mila e potrebbero aumentare di molto perché, come si legge in un comunicato dei caschi bianchi, un’asserita organizzazione umanitaria, “Il numero dovrebbe aumentare in modo significativo perché, a più di 50 ore dal terremoto, centinaia di famiglie sono ancora sotto le macerie”.
Comunicato pubblicato in un articolo di Haaretz nel quale si paventa che il numero delle vittime potrebbe diventare “indicibile”. È ovvio che dar vita a regime-change in Siria e Turchia, o in uno solo dei due Paesi, porterebbe con sé altri orrori, causati dall’ulteriore violenza e dalla destabilizzazione di cui sono forieri tali moti.
La tragedia imprevedibile, già insostenibile, potrebbe provocarne altre, non solo prevedibili, ma addirittura auspicate. Il mondo gira così.
8 Febbraio 2023