di Rita Newton
La revisione e riduzione numerica delle aliquote Irpef che sarà introdotta con la riforma voluta dalla maggioranza di governo è solo temporanea, perché mirata alla introduzione della flat tax.
Lo dice il testo approvato dal governo, che parla della prospettiva di arrivare ad una “aliquota impositiva unica”, ovvero la flat tax, che nella campagna elettorale della coalizione di governo è stata presentata come misura di semplificazione ed equità.
La proposta è invece contraria all’articolo 53 della Costituzione, secondo cui “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”
Progressività non è sinonimo di proporzionalità, come sembrano credere tutti gli sbandieratori della flat tax generalizzata e i loro sostenitori. Flat tax significa che tutti pagano la stessa percentuale di IRPEF, quindi le imposte pagate da ciascuno sono proporzionali al reddito percepito, non progressive come stabilito dalla Costituzione.
Il ragionamento che i nostri costituenti fecero è semplice ed equo, ovvero:
1) occorre garantire a tutti i cittadini almeno il livello essenziale di sussistenza, quindi, a partire da un reddito minimo non tassabile, ipotizziamo una cifra minima lorda di reddito e per quella cifra tassiamo tutti con una stessa percentuale in modo che resti un importo per vivere decentemente.
2) a mano a mano che il reddito lordo cresce, gli importi aggiuntivi sono sempre più superflui rispetto ai bisogni primari. Pertanto aumentare la tassazione sulla parte eccedente il precedente scaglione risulta sempre meno pesante al contribuente via via che aumenta il suo reddito.
In questo modo ogni contribuente partecipa in maniera equa (non uguale) alle spese dello stato.
La Flat Tax è la negazione di questo principio, anche ove si volssero applicare dei correttivi, a meno che questi non ne snaturino la sostanza. Tassare tutti i redditi allo stesso modo significa infatti che alcuni nemmeno potranno vivere ed altri avranno il superfluo e via via il superfluo del superfluo.
Non solo: abbassando l’imposta sui redditi maggiori, se non si stabilisce una percentuale di tassazione abbastanza alta non si riuscirà a raccogliere dalle imposte una somma pari all’attuale, quindi si dovranno tagliare ulteriormente servizi come scuola e sanità.
Peraltro l’ipotesi che abbassando l’IRPEF per i redditi alti (come già avverrà una volta entrata in funzione la riforma Meloni) si ridurrebbe l’evasione è indimostrabile, anche perché continuerebbero a farlo tutti coloro che evadono ritenendosi furbi o al di sopra di tutto e tutti. L'”evasione di necessità” è una categoria piuttosto soggettiva.