Luca Grossi
I Servizi segreti reclutavano personale esterno, anche donne, utili alle ‘operazioni coperte’
A Sky TG24, nello speciale del marzo scorso “Live In Napoli” è stata mostrata un’intervista esclusiva alla testimone di giustizia Marianna Castro, ex moglie del poliziotto Giovanni Peluso accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, con riferimenti alle stragi del 1993 e sui presunti incontri che il suo ex marito e Giovanni Aiello (anche noto come Faccia da mostro, ndr) ebbero nei giorni precedenti alla strage di Firenze sulla Roma-Napoli.
Peluso, sempre secondo le dichiarazioni fatte alle procure da Marianna Castro, avrebbe fatto da scorta all’ex capo della polizia Vincenzo Parisi.
Al giornalista Massimiliano Giannantoni, Castro ha raccontato l’incontro avuto dal suo compagno con Giovanni Aiello presso lo svincolo Roma-Napoli il giorno prima della strage di Firenze la notte fra il 26 e il 27 maggio 1993, dove lo aveva accompagnato. Aiello, secondo la testimonianza, era in attesa di Peluso a bordo di una Mercedes scura in compagnia di due donne: una bionda, al suo fianco, e una mora seduta sui sedili posteriori.
La Castro aveva chiesto a Peluso chi erano quelle donne: “Quella vicino è la segretaria del mio amico, Antonella, quella dietro è una mia collega dei servizi segreti”.
Antonella, alias Virginia, e di Rosa, alias Cipollina soprannominata così a ‘causa della capigliatura’.
Stesso copione, come riportato da ‘l’Espresso‘ in un articolo a firma di Simona Zecchi si era verificato prima della strage di Milano quando tra il 26 e il 27 luglio 1993 scoppiò un’autobomba vicino alla Villa comunale e al museo di arte contemporanea (Pac). Il solo elemento diverso era l’auto sulla quale sono in attesa le stesse tre persone, una BMW chiara.
Castro, durante l’intervista, aveva detto chiaramente che l’Antonella (su cui da sempre si indaga) aveva come nome di battesimo Virginia, non tanto alta dai capelli chiari a caschetto; mentre l’altra, mora alta, detta anche Cipollina si chiamava Rosa: l’una con l’accento campano l’altra con un accento del Nord.
La possibile presenza di donne nella strategia stragista è sempre stato un punto di grande interesse per gli investigatori: d’altronde in un corposo documento, una sorta di manuale sull’arruolamento di personale esterno utile alle operazioni coperte, denominato esplicitamente “La ricerca occulta”, esiste un riferimento specifico alle donne che “possono essere utilmente impiegate per compiti particolari”.
Castro ha raccontato al giornalista anche alcune sue considerazioni che legavano le partenze del compagno con il verificarsi delle stragi: “Lui quando tornava gli dico… scusa, ogni volta siete partiti, siete tornati e poi succedono le stragi”. Peluso avrebbe risposto “Che vuoi dire? Che siamo stati noi?”.
“No”, ha risposto Castro, “non dico che siete stati voi, però per Firenze è stato così, per Milano è stato così. Siete andati giù a Capaci ed è stato così, e pure quando c’è stata via d’Amelio lui è mancato quel periodo… come mai tutte le stragi e tu non sei mai stato a casa? Hai sempre detto che sei andato a fare i rilievi, però partendo prima? Però siccome era un soggetto molto pericoloso… (ho detto) lasciamo perdere”.
(foto) La strage di via Palestro a Milano nel 1993
La documentazione su Virginia Gargano
Nell’elenco Aise proveniente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, e riguardante materiale Gladio (che ancora non è possibile visionare), si legge un altro nome di donna più volte, secondo l’Espresso, comparso in queste vicende, quello di Virginia Gargano: la donna che avrebbe accompagnato Giovanni Aiello ad alcuni incontri con uomini della ’Ndrangheta e non solo. La documentazione che la riguarda, riporta sempre l’Espresso, è stata versata il 21 dicembre 2021 nelle stanze degli archivi consisterebbe di 12 pagine e non riporta alcuna data.
Oltre a questo particolare tutta la vicenda dovrà essere passata al vaglio dell’autorità giudiziaria. Così come dovrà essere verificata la documentazione che riguarda Virginia Gargano ‘marchiata’ Gladio. Ma non solo. Il suo fascicolo personale, datato marzo 1983, è inserito in un lungo elenco di nomi in cui sono compresi anche dei familiari della Gargano (soprattutto due fratelli) e, come già in parte noto anche dell’ex marito, il gladiatore Maurizio Castagna, nipote dell’ex capo del Sisde e poi della Polizia, Vincenzo Parisi. Una parte di questi dati, scritti a quanto pare di proprio pugno dalla Gargano, riguarda una visita compiuta dalla stessa a una sua amica, Rosalba, con una macchina allora di sua proprietà, una Mini Minor blu.
L’Espresso ha riportato anche l’esistenza di un altro documento che fa riferimento a una Virginia: “l’Elenco Personale Sad/Cag” che compare in un fascicolo sempre datato marzo 1983. L’appunto porta successivo al dossier personale della donna. La sezione Studi e addestramento (Sad) è stata un prototipo della VII divisione Sismi al cui interno il Centro addestramento guastatori (Cag) poi Cagp, dove “p” sta per paracadutisti, svolgeva il ruolo di reclutamento di componenti esterni e interni per l’Operazione “G” (Gladio), come viene identificata nei documenti ora visibili.
L’Operazione “G” (Gladio) è in effetti la descrizione che appare da un certo punto in poi in tutta una serie di documenti presenti nell’Archivio di Stato di Roma sulla Stay behind italiana, lì convogliati dopo l’emanazione della direttiva Draghi dell’agosto 2021.
La cosiddetta “raccolta occulta” di personale per utilizzi particolari è dunque il marchio che contraddistingue quelle operazioni che non si possono del tutto indicare nero su bianco, ma le cui tracce in qualche modo restano e giungono fino a noi.
L’analisi del Sisde sul biennio stragista
A intervenire nella strage di via Palestro a Milano, secondo i servizi segreti, sarebbe stato un gruppo composto da quattro persone di cui due artificieri “di circa 32/35 anni e capelli molto corti e neri”. Un altro invece avrebbe avuto il ruolo di autista “chiesto in prestito” alla malavita milanese per la conoscenza delle strade cittadine.
E poi vi sarebbe anche una donna legata sentimentalmente, sempre secondo il documento, a uno degli artificieri.
Una donna che l’identikit aveva sempre ritratto come ‘bionda’ ma che invece secondo la nota del Sisde è “bruna, con i capelli a caschetto, è alta circa cm. 160/165, età 30/32 anni, occhi verdi chiari (con taglio diverso e più arrotondato rispetto all’identikit)”. “Alcuni anni fa avrebbe lavorato per circa un anno presso enti pubblici tra cui la Regione Lombardia dove avrebbe prestato la sua opera negli uffici territoriali, con impiego specifico presso l’ufficio Vidimazioni. Fino al luglio – agosto 1992 avrebbe usufruito di aspettativa”.
Secondo la fonte del Servizio, “operante nell’ambito della criminalità organizzata”, la donna avrebbe anche “una cicatrice su una coscia, causata da una ferita riportata in un incidente stradale avvenuto circa 5 anni orsono” e in passato “soprannominata cipollina” per via della capigliatura.
Questo particolare è stato confermato dall’ex pm Enzo Macrì che nel 93 lavorò su un’altra donna, tale Rosalba Scaramuzzino di Reggio Calabria.
“La suddetta” – continua la nota – “non sarebbe la stessa donna ‘bionda’ dell’attentato perpetrato il 14 maggio 1993 in via Fauro a Roma”.
In sostanza i servizi segreti hanno una grande quantità di informazioni riguardanti questa donna, compresi i suoi spostamenti “sul lago di Garda” nei fine settimana.
Stragi del ’93, Rosa Belotti ai pm: “Io nella foto, ma con via Palestro non c’entro”
Avrebbe ammesso di essere la donna ritratta nella foto trovata nel settembre del 1993 in un villino ad Alcamo (Trapani) Rosa Belotti, la 57enne che secondo l’ipotesi accusatoria della Dda di Firenze potrebbe essere “l’esecutrice materiale che ha guidato la Fiat Uno grigia imbottita di esplosivo sottratta alla proprietaria (…) condotta in via Palestro per colpire il PAC”.
Rosa Belotti ha risposto alle domande dei pm Luca Tescaroli e Luca Turco ed ha negato nettamente di avere a che fare con la strage di via Palestro, precisando di essere estranea ai fatti contestati, pur consapevole di non poter fornire, a tanti anni di distanza, un alibi certo su dove fosse la sera della strage.
Alla donna è stata mostrata una foto che fu trovata durante una perquisizione effettuata nell’ambito delle indagini sulla strage nel settembre 1993 e che portò al sequestro di numerose armi. L’immagine, nascosta in un volume di enciclopedia, fu trovata grazie alle indicazioni fornite a un poliziotto, Antonio Federico, da un suo confidente. A quasi 29 anni di distanza dall’attentato, i carabinieri del Ros sarebbero arrivati a Rosa Belotti grazie alla comparazione tra questo scatto, una sua foto segnaletica risalente al 1992 e l’identikit della donna bionda di via Palestro.
Ciò che è emerso dalle indagini della Procura di Firenze è che le due fotografie si somigliano, mentre la somiglianza con l’identikit della ‘bionda di via Palestro’ e la foto di Rosa Belotti viene considerata come “da non escludere”. A tanti anni di distanza dalle stragi la ricerca della verità non si ferma, ma ovviamente, nel caso specifico, ogni condizionale è d’obbligo.
Certamente vi è la possibilità di chiedersi se quella Cipollina (Rosa), citata dalla Castro, potrebbe essere Rosa Belotti. Così come è possibile chiedersi se quella Virginia potrebbe essere Virginia Gargano.
E quella Rosalba, amica di Virginia, potrebbe essere la stessa Rosalba Scaramuzzino di Reggio Calabria su cui indagò Enzo Macrì?
25 Aprile 2023