Come nel ’93, in una lettera, lancia un appello rivolgendosi ai Fratelli del Grande Oriente d’Italia
Il Gran Maestro Giuliano Di Bernardo, uomo chiave nella storia della massoneria italiana (già Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia e della Gran Loggia Regolare d’Italia), torna a prendere posizione contro “inquietanti compromissioni”, “orride nefandezze” e “condotte tremende”, denunciando l’esistenza di rapporti con i “mafiosi” e le difficoltà ad emanare “decreti di espulsione”.
Lo fa con una lettera inoltrata via mail a tutte le quasi 900 Logge del Grande Oriente d’Italia in cui si rivolge a tutti i “Fratelli Maestri, Compagni d’Arte e Apprendisti” in cui viene puntato il dito in maniera chiara contro i Vertici del Goi, che avrebbero compiuto scelte discutibili sul piano “regolamentare”.
E’ stata portata alla nostra attenzione e ci è stata descritta come “il più forte appello possibile ad un necessario e non più procrastinabile ‘colpo di reni’ della Massoneria italiana sul fronte della legalità (e non di meno pure dello stile)”.
Nella lettera viene evidenziato da Di Bernardo un “drammatico parallelismo” tra “quanto di abnorme – moralmente e istituzionalmente – sta avvenendo al Vertice del Grande Oriente d’Italia” e “quanto occorse di denunciare, purtroppo inutilmente, trent’anni or sono” quando scrisse alla Fratellanza giustinianea manifestando l’impossibilità di intervenire rispetto a “inquietanti situazioni”.
Le denunce del passato
Per comprendere meglio ciò a cui si riferisce Di Bernardo basta andare a riprendere le sue dichiarazioni nel processo ‘Ndrangheta stragista, tenutosi a Reggio Calabria, che si è concluso nei mesi scorsi con la condanna in secondo grado all’ergastolo per il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e il mammasantissima di Melicucco, Rocco Santo Filippone.
Rispondendo alle domande del Procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, quando fu sentito l’11 gennaio 2019 raccontò dei fatti spaventosi che in un Paese normale avrebbero fatto sobbalzare un intero Stato. Riferì che nel corso delle sue funzioni, venne a conoscenza di un fenomeno di infiltrazione della mafia nei vertici meridionali del Grande Oriente d’Italia e, prima di andare via sbattendo la porta, indagò a fondo raccogliendo diversi documenti.
Quindi raccontò del tentativo del Venerabile Gelli di rientrare nella massoneria del Goi, barattando la “vera lista della P2”, certificando quindi il dato che la lista rinvenuta a Castiglion Fibocchi non fosse completa. E parlando della legge Anselmi-Spadolini disse che con la stessa “si è solo sciolta una sigla, ma non si è intaccata la sostanza della loggia P2”.
Trent’anni dopo un nuovo appello
Oggi Di Bernardo, nella lettera, pone al centro la “questione morale” all’interno della Massoneria e affronta i casi che hanno riguardato le condanne per fatti di mafia di due “Venerabili” e l’arresto di Alfonso Tumbarello, medico che ha curato il boss Matteo Messina Denaro durante la latitanza e che è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e falso.
Alcuni passaggi della lettera sono inquietanti.
“Inquietanti compromissioni (mi riferisco ai casi di Vito Lauria, Lucio Lutri e Alfonso Tumbarello) in sferzante offesa alla legalità e alla sana amministrazione della res publica, si sono unite agli insulti gratuiti, ripetuti in volgare cantilena, nientemeno che al signor Presidente della Repubblica – scrive Di Bernardo – Per infausti protagonisti, a Palermo e a Licata come a Cagliari, uomini delle Logge chiamati ad importanti dignità rituali. Tutti ‘coperti’ (in qualche modo), nelle loro condotte, da altri dignitari… purtroppo di perduta dignità”.
E poi ancora aggiunge: “Quanto dico lo affermo a ragion veduta, trovando conforto in precise inadempienze regolamentari. Perché, infatti, non portare al vaglio interno, cioè tradotti in un giusto e regolare processo massonico, comportamenti tanto riprovevoli sia nel contesto profano sia in quello iniziatico? Perché scegliere di boicottare il disposto dell’art. 187 del Regolamento dell’Ordine, insieme a quei ‘Decreti di espulsione’ che sono gli unici atti capaci di recidere – e recidere per davvero! – ogni legame tra l’Obbedienza e chi si produce in condotte ignominiose? Perché tanta reticenza a voler stigmatizzare ciò che va stigmatizzato, e a colpire ciò che va colpito? Perché limitarsi a stabilire “sospensioni” quando invece si potrebbe arrivare, utilizzando il normale strumentario giuridico interno, ad espellere, come corpo estraneo, coloro che sono certamente indegni della frequentazione del Tempio?. Per la cronaca: chi insulta il signor Presidente della Repubblica non può aver diritto di cittadinanza né nella Massoneria italiana né tantomeno in quella universale. Per riconoscerlo dobbiamo forse aspettare che ce lo rammenti la sentenza definitiva di un giudice profano? E siamo sicuri che non ci si possa sbarazzare, ben prima di una pronuncia in Cassazione, di ‘fratelli’ che hanno utilizzato “jammer / disturbatori di frequenze” per non essere intercettati dalla Direzione Investigativa Antimafia, mentre concertavano, insieme ai mafiosi, crimini contro lo Stato cui tutti apparteniamo?”.
Nel suo appello Di Bernardo si chiede “esiste o non esiste un ‘minimo comun denominatore’ che possa certificare il decoro e la condotta di ogni massone? E se esiste, qual è? Domando questo perché l’eccesso di tolleranza – costi quel che costi – spacciata per “garantismo”, non tutela affatto la Famiglia, bensì la affossa”.
Secondo Di Bernardo, dunque, vi sarebbe all’interno del Goi un uso distorto e anticostituzionale della cosiddetta “giustizia massonica”.
Ed è per questo motivo che “di fronte a tanto scivolo” si rivolge non ai “Vertici”, ma a tutti i massoni.
“L’essere partecipi ad una Comunione – conclude Di Bernardo – impone alla coscienza e all’intelligenza, direi alla dignità e alla responsabilità di tutti, di essere e qualificarsi non ‘folla plaudente’ o ‘folla dileggiante’, ma soggettività autonome e pensanti, associate da superiori vincoli di morale (sì, di morale!), mai di caserma”.
E “i massoni quotizzanti del Grande Oriente d’Italia – da Palermo e Cagliari a Milano e Torino e Trento, da Venezia e Campobasso a Potenza e Pescara, da Napoli e Firenze a Genova e Bari, da Udine e Bologna a Reggio Calabria, Ancona e Perugia fino a Roma – devono oggi stesso prendere piena e completa conoscenza degli eventi che sopra la loro testa – finora liquidata come ‘anonima’ – si sono compiuti. Eventi e circostanze gravemente lesivi del patrimonio morale della storica Fratellanza di Giuseppe Garibaldi ed Ernesto Nathan, e concluderne con personale piena assunzione di responsabilità”.
01 Luglio 2023
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