Richiesta di pubblicazione. iskrae
Domenico Maceri
Pochi mesi dopo la sua elezione a senatore del Delaware nel 1972, Joe Biden perse la prima moglie Neilia e la figlia Naomi di appena un anno in un incidente stradale in cui gli altri due figli Beau e Hunter furono gravemente feriti. Nel 2015 Beau, primogenito dell’allora vice presidente Biden, morì di un tumore al cervello. Aveva 46 anni. Il vice di Barack Obama versava in modeste condizioni economiche e stava considerando di vendere la propria casa per coprire le spese mediche del figlio. Il presidente Obama, che aveva fatto notevoli guadagni con la pubblicazione dei suoi libri, promise di pagargli le spese. Alla fine il caso si risolse senza problemi finanziari per Biden ma le tragiche morti non sono state le uniche angosce dell’attuale presidente degli Usa. Di questi giorni, Hunter, l’unico dei tre figli di Biden ancora vivente, è stato soggetto di attenzione mediatica che ha creato un’ombra sull’attuale inquilino della Casa Bianca.
Il secondogenito di Biden ha avuto una vita spericolata con problemi di alcol e droga ma i suoi affari in finanza internazionale lo hanno trasformato in uno dei bersagli principali di Donald Trump e dei suoi alleati repubblicani. Hunter avrebbe commesso reati in lobby internazionali e lavaggio di denaro usando il cognome della famiglia per trovare clienti. Per queste accuse il Dipartimento di Giustizia aveva aperto un’inchiesta nel 2018 quando Trump era ancora presidente. Il mese scorso, dopo cinque anni di indagini, la vicenda sembrava avere raggiunto la conclusione con un patteggiamento che avrebbe evitato il processo. Hunter si era dichiarato colpevole di evasione fiscale e possesso abusivo di un’arma da fuoco. Il giudice però ha riscontrato dei punti poco chiari e ha raccomandato alle due parti di rivedere l’accordo.
La pressione politica della retorica repubblicana e forse altre informazioni non ancora venute a galla hanno convinto il ministro della Giustizia Merrick Garland, nominato da Biden, di promuovere il magistrato David Weiss, nominato da Trump nel 2018, a procuratore speciale. Questa “promozione” gli conferirà più risorse per completare le indagini e se sarà necessario incriminare Hunter o mettere a tacere le accuse di corruzione allo stesso Biden.
Che cosa avrà convinto Garland a modificare il ruolo di Weiss non è chiaro ma dal punto di vista politico si capisce. Un procuratore speciale ottiene più potere di manovrare e lo allontana da possibili accuse politiche caricandolo di una certa obiettività. Garland aveva già fatto la stessa cosa con la nomina di Jack Smith a procuratore speciale per l’insurrezione del 6 gennaio 2021. Il suo lavoro ha “fruttato” due incriminazioni criminali a Trump, una nel caso dei documenti top secret e l’altra per cospirazione nel tentativo di ribaltare l’elezione del 2020. Il procuratore speciale ottiene una certa indipendenza e anche legittimità. Nel caso di Weiss, nominato da Trump e riconfermato da Biden, si avrebbe un procuratore con legami nelle due recenti amministrazioni presidenziali. Biden non commenta i casi giudiziari in corso a differenza di Trump che attacca in maniera velenosa e volgare i procuratori e chiunque non dimostri riverenza verso di lui. Biden, invece, si comporta in maniera presidenziale. Rispondendo alle domande di un giornalista se il presidente sarebbe disposto a concedere la grazia a Hunter, la portavoce della Casa Bianca ha risposto con un secco “no”.
I repubblicani avevano aspramente criticato il patteggiamento sfumato considerandolo una leggera tirata di orecchie e avevano richiesto la nomina di un procuratore speciale. Adesso però non sono affatto soddisfatti. L’azione di Garland gli toglie la scusa di strillare alla corruzione non solo di Hunter ma quella presunta anche del padre, il vero bersaglio dei repubblicani. Trump, cercando di prendere distanze dai propri guai giudiziari, tenendo presente le 3 incriminazioni criminali, e la quarta appena annunciata in Georgia, vorrebbe inquinare la reputazione di Biden. Lo fa spesso nei suoi tweet velenosi accusando l’attuale presidente di usare il ministero di Giustizia di perseguitarlo per ragioni politiche.
Attaccando Hunter Biden, Trump e i suoi alleati repubblicani, specialmente alla Camera, cercano di inquinare le acque e distogliere le attenzioni dai serissimi guai giudiziari dell’ex presidente. Senza difendere l’innocenza di Trump, si limitano ad attaccare in generale il ministero di giustizia, che secondo loro, riflette due pesi e due misure.
Hunter Biden è l’unico figlio dell’attuale presidente il quale ha spesso riconosciuto le difficoltà del figlio continuando a dimostrargli il suo affetto in pubblico e anche in privato. Questo rapporto è stato strumentalizzato e nel campo politico si concentra sugli aspetti sospettosi, ignorando generalmente quelli personali. I due però spesso si intrecciano. Hunter è rimasto in grande misura fuori dalla campagna politica presidenziale del 2020 che ha visto suo padre eletto presidente. La nomina di Weiss a procuratore speciale potrebbe creare nuvole nere per la rielezione di Biden. Gli analisti però ci dicono che i familiari del candidato hanno poca influenza nel successo alle urne con i cosiddetti “swing voters”, gli elettori in bilico che hanno una forte influenza negli esiti finali delle elezioni. Secondo alcuni analisti repubblicani questi elettori dimostrano empatia sui problemi personali di Hunter Biden che vedono separati dall’operato del presidente Biden. Questi elettori vedono i problemi personali tipici di tutte le famiglie. Il fatto che Biden abbia numerose volte espresso parole di incoraggiamento e di amore verso il figlio pubblicamente potrebbe persino rivelarsi un fattore positivo dal punto di vista politico. L’umanità, invece, è una qualità che sembra essere completamente assente dal linguaggio e comportamenti di Trump.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.