Jamil El Sadi
Per l’ambasciatrice Usa Caroline Kennedy, “potrebbe esserci una soluzione“. Risposte a ottobre
Si apre uno spiraglio per Julian Assange. L’ambasciatrice degli Stati Uniti in Australia Caroline Kennedy, figlia di JFK, ha accennato a un possibile accordo per consentire al fondatore di WikiLeaks. di tornare in Australia e porre fine alla sua detenzione nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh (Gran Bretagna) in cui si trova dal 2019. Le dichiarazioni di Kennedy, rilasciate lunedì al Sydney Morning Herald, danno un’altra chance dopo le parole del Segretario di Stato americano Antony Blinken, il quale a fine luglio aveva fatto intendere che gli Stati Uniti non avevano alcuna intenzione di ritirare la richiesta di estradizione per il fondatore di WikiLeaks. Su di lui pendono 17 capi d’accusa, per un totale di 175 anni di prigione circa, per aver rivelato – tra le altre cose -, i crimini contro l’umanità commessi dall’Occidente in Afghanistan e in Iraq durante le cosiddette “guerre al terrore” “made in Usa”. Gli Stati Uniti lo vogliono processare e condannare per cospirazione e spionaggio. Tutto in base alle disposizioni dell’Espionage Act del 1917 che punisce, in particolare, le interferenze con le relazioni internazionali e commerciali degli Stati Uniti e le attività di spionaggio. La “colpa” di Assange, dunque, è aver fatto giornalismo d’inchiesta e aver pubblicato documenti che certificano gravi violazioni dei diritti umani. Ma secondo la Kennedy c’è un modo per risolvere tutte le controversie ed il Dipartimento di Giustizia sarebbe già al lavoro.
Stando a quanto riportato dal Sydney Morning Herald, le opzioni legali di Assange per evitare di essere estradato dal Regno Unito agli USA potrebbero esaurirsi entro due mesi, in coincidenza con una visita del Primo ministro australiano Anthony Albanese a Washington D.C. prevista per la fine di ottobre. Alla domanda se riteneva possibile per gli Stati Uniti e l’Australia raggiungere un risultato diplomatico sulla questione Assange, Kennedy ha detto che era un “caso in corso” gestito dal Dipartimento di Giustizia. “Quindi non è davvero una questione diplomatica, ma penso che potrebbe assolutamente esserci una soluzione“, ha detto in un’intervista nella sua residenza a Canberra. Incalzata sul fatto che le autorità statunitensi potessero concludere un accordo con Assange per ridurre le accuse contro di lui in cambio di una dichiarazione di colpevolezza, la Kennedy ha concluso: “Dipende dal dipartimento della giustizia”.