A cura di Enrico Vigna *
Nella notte tra sabato 23 e domenica 24 settembre, membri della polizia del Kosovo, hanno tentato di rimuovere le barricate erette da un gruppo di serbi armati, all’ingresso del villaggio di Banjska. Sono seguiti violenti scontri a fuoco per tutta la giornata con 500 uomini delle KPS, Forze Speciali Kosovo. Poi sul terreno sono rimasti uccisi quattro serbi (tre assassinati da cecchini) e un poliziotto albanese. Ecco dove hanno portato nella regione, le politiche terroristiche e vessatorie contro la popolazione serba kosovara del fanatico sciovinista Albin Kurti, reggente le autorità illegittime di Pristina e le strategie de stabilizzatrici della NATO e degli USA. La guerra è sempre più all’ordine del giorno e potrebbe essere devastante per tutti i Balcani e non solo.
Il quarto serbo assassinato è stato ritrovato a 1,5 km dal luogo degli scontri.
Premettendo che la dinamica complessiva della vicenda, degli obiettivi e delle finalità ha molte lacune e punti incerti e che forse, solo nei prossimi giorni o mesi si avranno risposte più certe, qui cerco solo di informare e documentare i fatti conclamati e provati, con grande cautela e attenzione, senza entrare negli aspetti tuttora dubbi o interpretabili sotto diverse o contrastanti letture. Questo, per non incorrere in letture o interpretazioni personali o virtuali, che, come nel caso della crisi ucraina, poi si rivelano nei fatti scombinate. Saranno i prossimi eventi e passaggi fattuali ad avvicinarci agli aspetti più profondi e congrui, per ora non accertabili.
Pertanto qui espongo alcuni punti fermi e fatti che sono ad oggi fissati e riscontrati, utilizzando i contatti e le relazioni sul campo, queste sono sintesi e letture, di analisti, politici e militari serbi, tutte aperte a varie ipotesi in divenire, soprattutto politiche, come loro stessi confidano.
Nella notte di sabato 23 settembre, circa le 2,45, un gruppo, per la prima volta armato e molto bene equipaggiato di circa 30 cittadini serbi, ha installato due camion come barricate a Banjska, nel nord del Kosovo. Poi è arrivata la polizia del Kosovo, che ha cercato di rimuovere le barricate, ne è nato un conflitto con i serbi che hanno eretto barricate. Nel conflitto a fuoco è rimasto ucciso l’ufficiale di polizia A. Bunjaku e un’altra persona è rimasta ferita. E questo è un fatto accertato dai filmati, non è stato colpito a freddo o direttamente. Alle 8:37, i valichi amministrativi di Jarinje e Brnjak con la Serbia sono stati chiusi mentre gli scontri continuavano. Alle 10:15 è stato dato inizio alla “operazione antiterroristica”. Il gruppo armato si è allora diretto verso il Monastero ortodosso, sfondando il portone con un loro veicolo blindato hanno occupato il cortile e si sono preparati a resistere a un attacco esterno. La dotazione e la quantità di armamenti hanno fatto pensare addirittura ad una lunga resistenza ad un assedio. Nell’arco di un’ora e mezza sul posto convergono circa 500 agenti delle Forze Speciali albanesi (quelli addestrati e armati dalla NATO e dagli USA, che non dovrebbero esistere secondo l’ONU…) e cominciano sparatorie a distanza. L’ipotesi di una resistenza da assedio è legata, secondo alcuni esperti militari alla quantità di armamenti e dotazioni a disposizione, abbandonati e ritrovati poi nel cortile del Monastero. Un auto blindata, jeep, fuoristrada, moto quad, mine antiuomo, lanciarazzi portatili, dinamite, mitragliatrici, maschere antigas, oltre a grandi quantità di cibo, medicinali e altro. Poi, mentre le sparatorie si intensificavano e i cecchini sono riusciti ad uccidere e ferire molti del gruppo operativo, qualcosa deve essere cambiato nella progettualità militare, e molti video ricostruiscono la ritirata sulla montagna retrostante la loro posizione, probabilmente prima di essere completamente circondati, ma lasciando molto materiale all’interno, oltre ai veicoli.
Questi sono ad oggi i fatti riscontrati e comprovati, per le interpretazioni, anche molto delicate e complesse, che questa azione ha prodotto, aspettiamo gli sviluppi documentabili.
Alcune considerazioni sono comunque inequivocabili, chi ha letto i miei articoli e documentazioni dell’ultimo anno sulla situazione nella regione, può trovare già lì molti riscontri e previsioni, che non occorreva avere grandi doti intellettive particolari per delinearle o coglierle:
1) le RESPONSABILITA’ di chi vuole, cerca, lavora strategicamente per propri interessi geopolitici, ad una situazione di conflitto permanente o poi dispiegato nella regione, con l’obiettivo primario della definitiva destabilizzazione della Serbia. Leggasi NATO e USA in primis.
2) il totale fallimento e la conferma delle menzogne e falsità utilizzate nel 1999 per distruggere la RFJ. Gli obiettivi della NATO e della cosiddetta “comunità internazionale” occidentale, NON erano lo sviluppo e la pacificazione dell’area, visto che la condizione sociale e di vita della stessa popolazione kosovara è a livelli del Bangladesh (da dati ONU…) e le violenze, tensioni e criminalità, sono la vita quotidiana nella provincia serba, nonostante settemila e oltre militari KFOR ed Eulex. Oggi 24 anni dopo è sotto gli occhi di tutti
3) Questo è il prodotto delle politiche di Albin Kurti, un freddo e cinico prosecutore in doppio petto del sciovinismo guerrafondaio dei suoi predecessori dell’UCK. Fondato su una metodologia terroristica, sul razzismo antiserbo, sulla negazione della multi etnicità, multi religiosità e della multiculturalità. e sul progetto della “Grande Albania”.
4) ritengo che potesse essere prevedibile e umanamente comprensibile, al di là della politica, che, all’interno della Comunità serba kosovara, potesse nascere una componente che decidesse una scelta e una risposta disperata o meno, questo è un altro aspetto. Una scelta di Resistenza anche armata, di non più accettazione nel vedere i propri diritti, i propri cari, il proprio presente colpiti e umiliati giorno per giorno da 24 anni, e senza alcuna prospettiva politica concreta di un futuro migliore. Ventiquattro anni di una vita quotidiana nella provincia, fatta di assassinii, ferimenti, arresti indiscriminati, pestaggi, incendi, discriminazioni e vessazioni anche contro bambini, donne e anziani, colpevoli solo di essere di etnia serba, ed una frustrazione per la mancanza da parte di tutti nel trovare una soluzione negoziata ed equilibrata, sotto l’egida del Diritto internazionale. Ora anche da dichiarazioni pubbliche in Serbia, di politici, analisti e militari, tra cui il presidente serbo, si sa che filtravano voci che indicavano da oltre un anno, che nella provincia serba, si stava organizzando una rete di Resistenza serba anche armata, alla violenza e alle umiliazioni subite quotidianamente da ventiquattro anni.
Il presidente della Serbia Aleksandar Vučić in un discorso alla nazione serba il 24 sera ha detto:
“…Cosa è successo veramente? I serbi del Kosovo e Metohija si sono ribellati, non volendo subire più il terrore di Kurti….Cosa è successo a Banjska? Una cosa incredibile: in appena un’ora e venti minuti, quelle decine di serbi sono stati circondati, ed è stato effettuato un attacco brutale contro di loro. Hanno dato a Kurti carta bianca per affrontare i rivoltosi, da quel momento sono stati uccisi tre serbi, due di loro sono stati sicuramente uccisi dal fuoco dei cecchini, quando non era necessario che venissero uccisi, altri due sono rimasti gravemente feriti e si teme che sia stata uccisa anche una quarta persona…Hanno usato i cecchini anche per attaccare case private, dove c’erano degli anziani. Da chi sono stati mandati lì…perché non è intervenuta la KFOR o Eulex? …Non voglio giustificare l’uccisione di un poliziotto albanese, è riprovevole e nessuno ne aveva bisogno, men che meno il popolo serbo, soprattutto nel momento in cui tutti si sono resi conto che Kurti è il principale organizzatore del caos e non c’è troppo da girare intorno al problema… Chiediamo a Pristina di rendere pubblici i filmati che hanno registrato i vari momenti, noi non abbiamo paura della verità, se loro non lo faranno significherà che sono loro a temerla…Hanno scritto che pellegrini e monaci erano tenuti in ostaggio o addirittura complici. Questo per attaccare la Chiesa ortodossa serba, il che è anch’essa una menzogna…Kurti è l’unico colpevole. L’unico che vuole conflitti e guerre. Nessuno vuole la guerra tranne lui e chi lo manovra. Il desiderio della sua vita è trascinarci in una guerra con la NATO, non ha altra ambizione. E questa è l’unica cosa che fa in giro per il mondo… Invito la comunità internazionale ad adempiere alle condizioni concordate all’ONU e a formare il Consiglio delle Comunità Serbe,, nonché ad avere i poliziotti serbi nel nord, perché questo è l’unico modo per evitare che i serbi vengano perseguitati dai loro focolari secolari e per preservare la pace…Hanno sempre cercato un motivo per accusare la Serbia di qualsiasi cosa finché non riconosiamo l’indipendenza del Kosovo, questa è la sostanza: fare pressione sulla Serbia finché non riconosceremo l’indipendenza del Kosovo. E allora lo ripeto per l’ennesima volta, qui davanti alla nazione e a loro: nonostante tutto quello che avete fatto finora, compreso quello che avete compiuto oggi: non riconosceremo mai il Kosovo indipendente. Potete ucciderci tutti, la Serbia non riconoscerà mai il Kosovo indipendente, la bizzarra creazione che avete fatto con tutte le bugie possibili… Per noi, al di là di valutazioni e giudizi politici, i serbi morti nel conflitto con la polizia del cosiddetto Kosovo non saranno mai dei terroristi.…Erano tutti padri di famiglia e uomini profondamente credenti e onesti, e saranno comunque onorati e considerati come caduti per la Serbia e la Patria…Le nostre condoglianze vanno alle famiglie dei nostri fratelli serbi assassinati e anche a quella del poliziotto ucciso. Kurti è responsabile di tutto. Se non fosse stato per la polizia albanese, con quella serba, non sarebbe successo nulla…Nelle intercettazioni radio dei comandanti l’operazione, le battute erano ‘uccideteli tutti…i feriti possono anche morire, fate con calma…’.…Una cosa è certa, il Kosovo non otterrà mai l’indipendenza, almeno non dalla Serbia. Non ho alcun problema, qualunque cosa facciano i fattori esterni. Nei prossimi giorni decideremo a mente fredda come e in che modo proteggeremo la popolazione…”, ha detto il presidente serbo.
I serbi feriti nel conflitto a Banjska che si sono rifugiati in Serbia, hanno ricevuto le prime cure mediche presso l’Ospedale Generale di Novi Pazar, dopodiché sono stati trasferiti in altre strutture sanitarie. Come riportato dal giornalista di N1 si trovavano nel reparto di terapia intensiva del reparto chirurgico, uomini di età compresa tra 26 e 29 anni. Uno è stato ricoverato con ferite da arma da fuoco al braccio e alla gamba, mentre l’altro è stato colpito al petto, ma non aveva ferite da arma da fuoco perché era protetto da un giubbotto antiproiettile. Il quotidiano Danas ha annunciato che lunedì tra le 12 e le 13, accompagnato dalla polizia, è stato portato dentro un altro ferito con una ferita da arma da fuoco alla gamba. Dopo le cure è stato trasferito in un’altra struttura sanitaria. Domenica i media hanno riferito che davanti al reparto chirurgico dell’ospedale Novi Pazar c’era una presenza visibile della polizia. Il ministro degli Interni del Kosovo D. Svećlja ha detto che nell’ospedale di Novi Pazar ci sono sei aggressori feriti e ha chiesto alle autorità serbe di consegnarli. L’Ospedale Generale di Novi Pazar è l’istituzione sanitaria nel territorio della Serbia centrale più vicina al luogo del Kosovo dove è avvenuto l’incidente. Da Rogozna si può prendere le strade forestali fino al centro di Banjska, e su quel percorso non ci sono attraversamenti amministrativi ufficiali.
In una sessione straordinaria, il governo serbo ha dichiarato il 27 settembre 2023 giorno di lutto nazionale in occasione dei tragici eventi in Kosovo e Metohija.
CRONACA dei soli ultimi venti giorni di ordinario terrore e violenza contro i serbi in Kosovo. Così vive da 24 anni la popolazione serba….139 atti di violenza a sfondo etnico contro i serbi in Kosovo Metohija dall’inizio di quest’anno
La casa di Bosiljka Nojić (77 anni) a Gnjilan, vicino al cimitero cittadino, è stata presa a sassate e una finestra è stata rotta. Da sabato 16 settembre al 22, in questa cittadina del Kosovo Metohija ci sono stati quattro assalti con pietre alle abitazioni di serbi. Sabato 16 settembre la casa è stata attaccata con pietre, lunedì 18 settembre con immondizie. L’anziana è disabile e vive con il genero. I Nojić sono rimpatriati, sono tornati nella loro città nel 2009 e sono l’unica famiglia serba in quella parte della città. Da quando sono tornati a Gnjilane sono stati bersaglio di molteplici attacchi da parte degli albanesi e la loro macchina era già stata bruciata negli scorsi anni.
Il 22 settembre un albanese ha aggredito con dei coltelli i figli del serbo Nenad O., mentre giocavano nel cortile di Mikro naselje a Mitrovica Nord, i bambini sono stati aggrediti mentre giocavano nel parco giochi. Una persona di nazionalità albanese ha estratto due coltelli e ha aggredito i bambini serbi, gridando minacce terrificanti. I bambini erano riusciti a scappare in un edificio vicino. Questo è il sedicesimo attacco contro i bambini serbi in Kosovo da novembre 2022.
Il 26 settembre intorno alle 22.30, le finestre della scuola elementare “Braća Aksić” di Lipljan, sono state prese a sassate, finestre rotte e danni materiali.
Nikola Elezovic, figlio di Ilija Elezovic, uno dei tre serbi arrestati pochi giorni fa, ha denunciato che la detenzione in cella, per la vita di suo padre, potrebbe essere fatale. Egli è malato di tumore e anche il medico albanese ha affermato nel rapporto, che tale paziente dovrebbe essere ricoverato in ospedale, ma il Tribunale e la Procura di Pristina lo hanno ignorato.
Lui sottolinea che dal momento dell’arresto fino ad oggi nessuno ha contattato la famiglia dell’arrestato. “…Né la polizia, né la procura, non conosciamo il suo stato di salute, l’unico contatto con lui è l’avvocato L. Pantovic, e le sue parole sono preoccupanti. Mio padre, era un rispettato cittadino di Kosovska Mitrovica, fuggito con la famiglia dal villaggio vicino a Vucitrn nel 1999 durante la guerra. Molto rispettato e apprezzato in città, come testimonia il numero di amici che chiamano e non riescono a credere a quello che sta succedendo. Per noi è molto difficile, crediamo profondamente che l’accusa contro di lui di quei crimini di ventiquattro anni fa siano completamente falsi, egli ha sempre aiutato gli albanesi e tutte le persone che avevano bisogno di aiuto. Abbiamo contatti con molte persone, anche con albanesi che non credono a ciò perché sanno che è un brav’uomo e vogliono aiutarlo…”,
A Ranilug, nelle prime ore del mattino, sconosciuti hanno lanciato ordigni esplosivi contro tre case serbe. Non ci sono stati feriti, ma c’è paura tra le famiglie aggredite, così come tra la gente del posto.
Il vicesindaco di Ranilug, V. Aritonovic, ha detto che questo è il quinto ordigno esplosivo lanciato nel comune di Ranilug negli ultimi due mesi, aggiungendo che “ i cittadini sono preoccupati e temono per la propria esistenza. chiaramente, il motivo di questo attacco è l’intimidazione, perché non vedo nessun altro motivo per cui qualcuno dovrebbe lanciare un ordigno esplosivo contro la nostra gente pacifica. Questo è il quinto ordigno esplosivo che è stato lanciato negli ultimi due mesi a Ranilug e Glogovac”. Al momento di questi ignobili attacchi, intere famiglie erano nelle loro case, compresi i bambini.
Un ordigno esplosivo è stato lanciato anche contro la casa del direttore del Centro per i servizi sociali di Ranilug, Zoran Ristic, ma non è esploso. Una “brutale intimidazione nei confronti dei rappresentanti della Lista serba, che arriva solo pochi giorni dopo le minacce di Albin Kurti secondo cui “i serbi e la Lista serba ‘soffriranno e pagheranno’, Kurti,, ha cominciato ad attuare il suo piano prima arrestando tre serbi e ora sono state lanciate bombe contro case serbe…”.
Nuovi arresti di serbi a Mitrovica Nord e Zvecan, il 20 settembre
A Mitrovica Nord è stato arrestato IE nelle prime ore del mattino, e a Zvecan è stato arrestato anche l’ex membro della polizia del Kosovo, DM. Secondo testimoni oculari, IE è stato fermato e portato via vicino alla Scuola Tecnica da membri delle forze speciali di polizia ed è stato messo in un veicolo che si dè diretto verso Mitrovica sud. Il suo arresto è stato confermato dalla sua famiglia, che fino a questo momento non sa dove si trovi.
Nello stesso giorno è stato arrestato anche DM, ex membro della polizia del Kosovo. Secondo quanto riferito, è stato arrestato dalle forze speciali del Kosovo vicino a una fermata dell’autobus a Zvecan.
Arrestato un altro serbo a Priluzje
Un altro serbo, ZK, è stato arrestato il 20 settembre a Priluzje e poi portato a Pristina. È stato arrestato a casa sua dalla polizia del Kosovo. Il motivo dell’arresto di ZK è ancora sconosciuto.
Messaggi di odio con la scritta UCK, sono stati tracciati sulla scuola elementare “San Sava” di Klokot, il 15 settembre, frequentata da più di 70 bambini. “Un’altra preoccupante conferma che l’odio verso tutto ciò che è serbo, compresi i bambini, è la base ideologica della politica di Kurti e che è visibile ovunque in Kosovo, il pericolo di una destabilizzazione incontrollata e di un’escalation di violenza…”, ha denunciato l’Ufficio serbo per il Kosovo Metohija.
Madre di due giovani picchiati e arrestati a Gracanica: “ sono molto angosciata, gli hanno rotto la clavicola e le costole, oltre al viso”
Andrijana Micic di Gracanica, la madre dei due giovani che sono stati picchiati e arrestati dalla polizia del Kosovo, ha denunciato che dopo l’arresto non gli permettono di vedere i figli. L’episodio in cui sono stati picchiati i giovani serbi Andrija Micic di 24 anni e Mihajlo di 19 anni, è avvenuto nel centro di Gracanica, dopo essere stati fermati per un’infrazione al codice della strada, la polizia kosovara li ha brutalmente pestati. “..I due ragazzi non hanno fatto nulla di grave o del male a nessuno, Mihajlo è stato picchiato mentre era ammanettato, non poteva colpire nessuno…”, ha detto la madre. Tre testimoni hanno dichiarato che Mihajlo è stato picchiato senza motivo, le loro dichiarazioni coincidono.
L’8 settembre 2023 arrestato un serbo a Leposavic, ex membro della polizia del Kosovo
Un serbo di Leposavic, GS, ex membro della polizia del Kosovo, è stato arrestato davanti a sua madre. Secondo testimoni oculari, era seduto nella taverna non lontano dalla stazione ferroviaria, dove si era fermato a prendere un caffè, quando è arrivata un’auto della polizia e lo ha preso e portato via. Al momento non si hanno informazioni riguardo a dove è detenuto.
La comunità Rom del Kosovo denuncia la brutalità e la violenza della polizia kosovara nella regione
Dopo il pestaggio brutale di un giovane rom mentre era in custodia a Gracanica, decine di persone della comunità rom del Kosovo hanno protestato a fine agosto, nel comune di Gracanica, a maggioranza serba, accusando la polizia di aver picchiato violentemente un giovane rom che era stato preso in custodia il 19 agosto. Una ONG locale per i diritti dei rom, Opre Roma, ha postato le foto delle ferite subite da Burhan Ibrahimovic per mano della polizia di Gracanica dopo essere stato denunciato per un incidente stradale in città.
Rivolgendosi alla folla davanti alla stazione di polizia di Gracanica, Berisha di Opre Roma ha affermato che la comunità rom in Kosovo “è continuamente esposta alla violenza, alla discriminazione e all’emarginazione…Non siamo qui per incitare all’odio o alla divisione. Ma diciamo a coloro che esercitano violenza contro la nostra comunità, che tali azioni non saranno tollerate e non saranno più accettate con il nostro silenzio, in tutto il Kosovo…”.
Va sottolineato che i Rom sono scappati e solitamente vivono nelle aree dove vivono i serbi e insieme a loro in tutti questi anni hanno subito vessazioni e persecuzioni.
* portavoce del Forum Belgrado Italia/CIVG