Alberto Castiglione
“Vivo, sono partigiano.” scriveva Antonio Gramsci l’11 febbraio 1917, più di cent’anni fa, e in questo imprescindibile sillogismo, essere vivo e partecipare, parteggiare nella vita, sta il primo seme della futura Resistenza. Ed è in questa accezione che Claudia Cammarata, 33 anni, di San Cataldo in provincia di Caltanissetta, da Presidente provinciale dell’ANPI, concepisce e porta avanti il proprio impegno e coltiva la memoria. L’ANPI è l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia ed, con i suoi oltre 140.000 iscritti, è tra le più grandi associazioni combattentistiche presenti e attive oggi nel Paese. Fu costituita il 6 giugno 1944, a Roma, dal CLN del Centro Italia, mentre il Nord era ancora sotto l’occupazione nazifascista. Il 5 aprile del 1945, con il decreto luogotenenziale n. 224, le veniva conferita la qualifica di Ente morale che la dotava di personalità giuridica, promuovendola di fatto come associazione ufficiale dei partigiani.
Claudia, cosa significa per te l’impegno in ANPI?
Significa portare avanti quei valori in difesa della Costituzione, in difesa della pace, dei diritti. Non è sicuramente “uscire allo scoperto” solo il 25 aprile. Significa lavorare tutto l’anno per costruire una società basata sulla memoria ma con una prospettiva verso il futuro: un futuro non può costruirsi se non si tiene a mente quello che è stato il passato e si può solo costruire su quei valori costituzionali figli della Liberazione.
Quali sono le radici di questo tuo impegno?
Ho iniziato molto giovane grazie ad un ambiente familiare che mi ha educata al rispetto di certi valori. I miei genitori mi hanno indirizzata, da questo punto di vista, all’accoglimento dei valori della Costituzione e della difesa dei diritti. Devo ricordare anche, rispetto alla mia formazione politica, anche un’altra persona, molto speciale, Riccarda Martelli, donna originaria di Massa Carrara che per motivi familiari si era trasferita a San Cataldo e che fu la prima a farmi capire come l’ANPI potesse essere un impegno possibile anche dalle nostre parti: le devo molto, moltissimo. Provengo quindi, e mi formo, in un’ambiente di sinistra ma ritengo che i valori della Costituzione italiana siano valori che appartengono a tutti gli italiani, a prescindere dalla appartenenza politica, almeno così dovrebbe essere.
Pensi che oggi la Costituzione venga rispettata sempre nelle scelte politiche dei Governi?
La nostra Costituzione è stata scritta con una importante proiezione verso il futuro e rappresenta un programma politico che si adatta, tecnicamente, a tutte le stagioni e a tutti i tempi. Purtroppo non sempre trova piena attuazione: a volte, in alcuni momenti storici, ha sicuramente rappresentato un argine ai tentativi di mettere in discussione dei principi fondanti della nostra democrazia.
In Italia si fa un uso strumentale, a volte, della Costituzione?
Io penso che non sia un male richiamarsi sempre ad essa: finché si parla di Costituzione, la si tira in ballo (passami il termine) per attuarne principi e valori, questo è un bene. E occorre chiaramente difenderla perché non restino parole vuote. La Costituzione va attuata, rispettata e voluta bene. Non è solo al testo costituzionale che dobbiamo voler bene, ma anche, e soprattutto, alla storia che c’è dietro la Costituzione, al modo in cui gli italiani l’hanno conquistata. Questo è un passaggio di fondamentale importanza: non è solo quel testo costituzionale che ci è stato donato dalle madri e padri costituenti, ma è l’esperienza di una Italia che veniva da una guerra mondiale, da una guerra di liberazione e da una dittatura. Conoscere questi momenti storici è dunque fondamentale per capire quali sono veramente i principi e quali sono gli obiettivi della Costituzione.
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Quanto è attuale?
E’ attualissima la nostra Costituzione, incredibilmente attuale.
E questo perché? Perché i padri costituenti ebbero la capacità di proiettarsi nel futuro o perché le cose che sono scritte e sancite dalla Costituzione sono inviolabili in qualche modo, quindi attraversano il tempo?
Penso entrambe le cose. Credo che i padri e le madri costituzionali avevano ben chiaro che cosa non si voleva più per questo Paese, perché c’erano passati, perché molti di loro avevano anche combattuto la guerra di liberazione. Politicamente avevano ben chiaro cosa non volevano più per questo Paese e quali potevano essere le derive. Il fascismo non sarebbe (come non è) mai morto, e loro questo lo sapevano benissimo, lo avevano previsto. Quando qualcuno dice che la Costituzione però non parla di antifascismo dice cose non vere perché tra le disposizioni transitorie e finali il riferimento chiaro ed esplicito c’è, esiste. Oggi sono, purtroppo, tante le associazioni e i movimenti neofascisti. In questo senso la Costituzione non trova piena attuazione in quelle che sono, appunto, le disposizioni transitorie e finali.
Tu vai molto nelle scuole, hai un impegno, da questo punto di vista, rivolto ai tuoi coetanei e a tutti i giovani.
Innanzitutto ci tengo a precisare una cosa. L’ANPI non ha una giovanile come succede in molti partiti e associazioni e questa è una cosa a cui anche noi giovani dell’ANPI teniamo tantissimo. Il fatto che ci sia intergenerazionalità e che ci sia un dialogo tra diverse generazioni è fondamentale. Le sezioni giovanili rischiano spesso di diventare autoreferenziali e perdere così un lavoro prezioso che può nascere solo dal confronto con le generazioni che ci hanno preceduto. Credo che anche imparare a scontrarsi in maniera educata, rispettosa ma decisa, sia un’enorme palestra per i giovani, di vita e di impegno politico. Quindi questa è una cosa su cui noi giovani dell’ANPI, e parlo anche a livello nazionale, facendo parte di questo gruppo di lavoro nazionale, ci siamo domandati, cioè se non fosse il caso di cercare di avvicinare i giovani attraverso delle strutture giovanili. Ma è una idea che abbiamo abbandonato perché, come dicevo, la nostra ricchezza e la nostra più grande risorsa è appunto l’intergenerazionalità. Rivolgersi ai giovani nelle scuole è necessario perché l’ANPI ha aperto alle iscrizioni dei non partigiani solo nel 2006 quindi per tanti anni si è perso qualcosa. Oggi far conoscere ai giovani l’ANPI non è semplice. Far conoscere i valori della Resistenza non è semplice perché ormai le nuove generazioni considerano quegli avvenimenti storici quasi alla stregua delle guerre puniche, quindi non sentono più quella storia vicina. E noi cerchiamo di avvicinare i giovani attraverso il lavoro che facciamo nelle scuole, parlando loro dei ragazzi che erano del nostro territorio, che erano nostri concittadini e che hanno fatto la Resistenza, cercando in questo modo di avvicinarli a quell’esperienza. C’è da dire che in Sicilia la questione è un po’ complessa, e complessa è la memoria, poiché qua da noi chiaramente abbiamo avuto una storia diversa rispetto al nord d’Italia per esempio: in Sicilia non abbiamo avuto la guerra di resistenza locale quindi la storia che si è tramandata è una storia diversa. Molti partigiani che tornavano, che avevano fatto la guerra di liberazione, per tanti anni non hanno parlato a volte non hanno parlato mai completamente. É faticoso dunque, e occorre trovare la giusta strategia per una narrazione che sia coinvolgente e soprattutto rispettosa dei valori in cui tantissime giovani italiane e italiani hanno creduto e in cui, ancora oggi, credono.
25 Ottobre 2023