«Nei media, la crisi in Medio Oriente sta oscurando la guerra in Ucraina, mentre il terrorismo di matrice islamica torna di drammatica attualità. La legge dei media impone una gerarchia delle notizie, ma l’analisi politica consiglierebbe di contestualizzarle», suggerisce il Corriere. E Massimo Nava ci propone di guardare quelle crisi assieme e più da vicino.
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Mal di pancia diffusi da troppo Occidente
Nel paradiso delle Maldive, le elezioni presidenziali sono state vinte da un candidato filo cinese. In Africa e in Sud America, la Cina sta superando europei e americani negli scambi commerciali. In Kosovo si moltiplicano episodi di tensione, provocati da milizie serbe, che assecondano la politica filorussa di Belgrado. La Francia è considerata «persona non grata» in diversi Paesi dell’Africa Sub sahariana (destabilizzati da colpi di Stato in serie per lo più sostenuti da Mosca) e anche nel Maghreb, visto l’atteggiamento ostile del Marocco dopo il terremoto e la decisione dell’Algeria di sostituire nelle scuole la lingua francese con quella inglese. Uno schiaffo tremendo all’ex Paese colonizzatore, ma è tutta la presenza occidentale ed europea in Africa che si riduce a vantaggio della Cina e della Russia.
Dopo troppi applausi, un po’ di realismo
La narrazione ufficiale, in tutto l’Occidente, non prevede dubbi e marce indietro, ma fra le righe dei commenti e nelle anticamere dei governi qualche interrogativo sull’andamento della guerra in Ucraina comincia ad essere posto. Gli applausi a Zelensky, anche nelle assise ufficiali, sono più tiepidi. Fra gli europei, slovacchi, ungheresi e polacchi s’interrogano sulla continuità del sostegno all’Ucraina. Il che – beninteso – non cambia né il giudizio politico sull’aggressione russa, né la valutazione morale delle responsabilità – ma i presupposti della politica occidentale necessiterebbero di un bagno di realismo.
Le gerarchie delle notizie
Le società occidentali e democratiche sono molti sensibili alle gerarchie delle notizie, non seguono passivamente la narrazione delle oligarchie o dei satrapi come nei regimi, cambiano prospettiva rispetto alle emergenze che le toccano più da vicino. L’allarme terrorismo in molte città europee e la pesante reazione di Israele a Gaza stanno suscitando molti interrogativi, crisi di coscienza e pericolose prese di posizione ideologiche, oltre a centinaia di manifestazione pro Palestina nelle città europee e americane. «Pro Palestina» significa «pro Palestina», benché non manchino, anche fra i giovani, segnali di antisemitismo, soprattutto in Francia.
Valori occidentali e scendere
È un fatto che gli effetti della guerra in Ucraina si sommano alla crisi in Medio Oriente, sconvolgendo il quadro geopolitico mondiale. I Paesi più ostili all’Occidente e dotati di armi nucleari – Russia, Cina, Iran – si stanno coalizzando e sostengono le ragioni dei palestinesi. La crisi sposta anche gli equilibri nel mondo arabo, fra i moderati, fra amici o presidenti tali degli occidentali. Sono ormai tanti i segnali in ogni angolo del mondo che stanno andando nella direzione opposta al trionfo dei valori occidentali.
Israele potenza coloniale
Nicolas Baverez, saggista, ha scritto su Le Figaro: «Per la maggioranza dei Paesi emergenti, Israele è innanzitutto una potenza coloniale che deve essere condannata e combattuta. Il conflitto con i palestinesi è visto come emblematico dei doppi standard applicati dalle democrazie all’esistenza di valori universali e mette in evidenza una differenza di trattamento con l’Ucraina: gli attacchi alle popolazioni civili e la privazione di acqua, elettricità e cibo sono stati denunciati come crimini di guerra dalla Russia, mentre sarebbero stati accettati da Israele».
Il Sud del mondo contro l’Occidente
Il titolo è emblematico : «La rivolta del Sud (del mondo, ndr.) contro l’Occidente». Il realismo, benché sia merce rara, oppresso com’è da imperativi morali e considerazioni ideologiche, è pur sempre la migliore ricetta in politica. È il momento di chiedersi se la pace in Ucraina sia possibile, sulla base di un dignitoso compromesso. L’alternativa è il prolungamento indefinito della guerra in attesa che si realizzi un mezzo miracolo: la vittoria dell’Ucraina, il completo ritiro dei russi dai territori occupati e la caduta di Putin.
Contro Putin ma non troppo
Ammettendo che ciò sia possibile, occorre interrogarsi su come sarà il mondo nel giorno dei festeggiamenti. Il paragone con la Germania nazista, più volte evocato, non regge, per il semplice fatto che tutto il mondo (Russia compresa) si era unito contro Hitler, mentre il mondo, contro Putin, si è drammaticamente diviso e una parte si sta unendo contro l’Occidente. Negli Usa, primi sostenitori dell’Ucraina, il mondo politico si sta dividendo proprio sul flusso senza fine di finanziamenti e forniture di armi.
La fine della guerra decisa da chi?
Come ha scritto Foreign Affairs, «gli Stati Uniti e l’Europa avranno una buona ragione per abbandonare la loro politica di sostenere l’Ucraina “fino a quando sarà necessario”. Mantenere l’esistenza dell’Ucraina come democrazia sovrana e sicura è una priorità, ma per raggiungere questo obiettivo non è necessario che il Paese recuperi il pieno controllo della Crimea e del Donbass. Continuare a sostenere Kiev su larga scala comporta rischi strategici più ampi. Per oltre un anno, l’Occidente ha permesso all’Ucraina di fissare gli obiettivi di guerra dell’Occidente. Questa politica, a prescindere dal fatto che avesse senso all’inizio della guerra, ha ormai fatto il suo corso. Non è saggio, perché gli obiettivi dell’Ucraina entrano in conflitto con altri interessi occidentali. E non è sostenibile, perché i costi della guerra stanno aumentando e i cittadini occidentali e i loro governi sono sempre più stanchi di fornire un sostegno continuo».
Foreign Affairs
La fonte non è certo filorussa. Il realismo imporrebbe anche a Israele di valutare le conseguenze di un’indiscriminata, eppure moralmente legittima, ritorsione nella striscia di Gaza. Il rischio è la destabilizzazione dell’area e il ridisegno di alleanze e schieramenti nel mondo arabo, non certo a vantaggio di Israele e dell’Occidente.
26 Ottobre 2023