La bomba atomica proposta per Gaza che esplode sulla fragilità politica di Israele e sulle impotenze statunitensi. Ministro cretino e poi estromesso, ma il governo che lo ha espresso è nato marcio e va buttato. E anche il Paese che lo ha votato ha dei seri problemi interni. E se ne stanno accorgendo, preoccupatissimi e assieme impotenti, anche a Washington, che sta ‘pagando pegno’ a livello di alleanze.
L’irresponsabilità di quel ministro e di quel governo. Vendetta con decimazione. Gli errori di Israele per il New York Times. Stati Uniti in grave difficoltà planetaria. Far West coloni e inferocita Turchia
L’irresponsabilità di quel ministro e di quel governo
Amichay Eliyahu, Ministro del Patrimonio, ha detto che «a Gaza non esistono civili». Tutti i 2 milioni e 300 mila palestinesi schiacciati nella Striscia sono quindi da considerare terroristi. E, in quanto tali, potrebbero essere ‘nuclearizzati’. Follia in onda con Netanyahu costretto a cacciarlo per sperare di salvare se stesso, e della Difesa, «parole prive di fondamento e irresponsabili». Così, l’epitaffio di quest’ultima crisi mediorientale potrebbe benissimo essere: dagli orrori di Hamas agli errori d’Israele. Perché è proprio ciò a cui stiamo assistendo. La realtà, sotto gli occhi di tutto il mondo, è che la ‘risposta’ del governo di Netanyahu è sproporzionata. E si può senz’altro affermare che il desiderio della vendetta supera l’esigenza della ‘sicurezza nazionale’. L’autodifesa è un’altra cosa.
Vendetta con decimazione
Israele era già un Paese profondamente spaccato prima del 7 ottobre, un Paese sull’orlo di una crisi costituzionale, nel quale il governo di ‘destra-destra’ di Netanyahu si era già distinto per i suoi furibondi attacchi alla magistratura. Mentre la componente dei ‘duri e puri’ collegati ai partiti religiosi ultraortodossi, aveva portato l’Amministrazione israeliana ad assumere posizioni oltranziste contro i palestinesi della Cisgiordania. Già prima dell’attacco di Hamas, insomma, la battaglia politica dentro la Knesset, il Parlamento, praticamente si faceva con l’elmetto, anche perché le ripetute elezioni non hanno mai espresso una maggioranza chiara. Mezzo Paese, dunque, chiedeva già la testa di Netanyahu prima dello ‘Shabbat nero’.
La coalizione di ‘sicurezza nazionale’ formata con l’opposizione, non è solo una esigenza dettata dal clima di guerra, ma anche un espediente per guadagnare tempo alla politica di casa travolta dai suoi integralismi e dal colpo truce di Hamas
Gli errori di Israele per il New York Times
Ecco come il New York Times analizza la crisi dell’establishment politico israeliano: «Gli attacchi dal 7 ottobre hanno colpito una società profondamente divisa dai piani del governo – il più di destra e religiosamente conservatore nella storia del Paese – di limitare i poteri della magistratura, proprio mentre Netanyahu era sotto processo con l’accusa di corruzione. Dall’inizio della guerra, il premier ha ampliato il suo governo, includendo un partito centrista guidato da Benny Gantz, ex capo di Stato maggiore e Ministro della Difesa. Nonché rivale di lunga data di Netanyahu». La fase di assoluta confusione strategica in cui versa la leadership di Israele, dimostrata dalla priorità data a una lettura della crisi, valutata attraverso il filtro della politica interna.
Israele chiuso in se stesso e Usa nei guai
In questa fase, semplicemente lo Stato ebraico non sembra preoccuparsi della diplomazia internazionale. E appare sordo a qualsiasi tentativo di mitigare la sua risposta militare. Un atteggiamento incomprensibile, specie se messo in relazione con i ‘danni collaterali’ che sta infliggendo all’alleato americano. Così come incomprensibile appare l’impotenza della Casa Bianca nell’ammorbidire le asprezze della rappresaglia di Gerusalemme. E questo nonostante l’esposizione politica, militare, diplomatica e finanziaria. In sostanza, dal punto di vista geopolitico, la cieca aggressività israeliana sta suscitando un’onda montante di dissenso, se non di vero e proprio sdegno che rischia di ritorcersi su Washington.
Stati Uniti in difficoltà planetaria
I fragili equilibri che il Dipartimento di Stato aveva faticosamente costruito nel corso degli ultimi due anni, stanno saltando uno ad uno. E il Sud del mondo e la totalità dei Paesi ‘non allineati’ ormai vedono gli Stati Uniti e i loro ‘clientes’ occidentali quasi come un blocco antagonista. L’America perde pezzi e Blinken gira come una trottola per cercare di salvare il salvabile ma senza risultato apparente. Ormai non bastano più nemmeno i dollari: i Paesi islamici (non solo quelli arabi) sono letteralmente inferociti e accusano Biden di applicare un plateale e indiscutibile ‘doppio standard’ sul diritto internazionale e sulla tutela dei diritti umani.
Far West dei Coloni e l’inferocita Turchia
Il Segretario di Stato si è recato, a sorpresa, a Ramallah, in Cisgiordania, per verificare di persona il trattamento che subiscono i palestinesi nei territori occupati. Poi è andato in Irak, a cercare di prevenire la marea montante di attacchi delle milizie sciite contro le basi americane nella regione. Oggi sarà in Turchia, per l’incontro più difficile, quello con Erdogan, arrabbiatissimo con Netanyahu e di cui Tel Aviv e Washington farebbero bene a tenere in dovuto conto.
6 Novembre 2023