Domenico Maceri *
“Quando ritorneremo al tavolo dei negoziati nel 2028 non si tratterà di tre grandi. Ce ne saranno 5 o 6”. Con queste parole Shawn Fain, presidente dello UAW (United Auto Workers), guardava avanti dopo la conclusione dello storico contratto con Ford, General Motors e Stellantis, le tre grandi aziende automobilistiche. Il successo del nuovo contratto conquistato per i suoi membri servirà di trampolino per organizzare sindacati che rappresentino i metalmeccanici nelle altre grandi aziende automobilistiche come Toyota, Tesla e BMW.
Il carismatico Fain è riuscito dopo sette settimane di scioperi in alcune fabbriche a strappare un contratto molto vantaggioso come è stato riconosciuto da tutti. Si tratta di un cambiamento notevole poiché nelle ultime decine di anni i sindacati erano stati costretti a fare molte concessioni alle aziende automobilistiche per cercare di mantenere posti di lavoro.
Il nuovo contratto include aumenti retributivi notevoli che non si vedevano da più di quarant’anni. I dipendenti riceveranno un aumento del 25 percento nella loro busta paga spalmati nei prossimi quattro anni e mezzo. La paga oraria più alta raggiungerà 40 dollari l’ora. Include un aumento immediato dell’undici percento e restaura la COLA (Cost of Living Increase), l’adeguamento dei salari al costo della vita che terrà a bada gli effetti inflazionari. I dipendenti con gli attuali salari più bassi ci guadagneranno di più poiché vedranno il loro salario aumentare del 150 percento nei prossimi 4 anni e mezzo. Il nuovo contratto elimina anche la differenza salariale fra nuovi dipendenti e quelli con esperienza. Una concessione fatta dal sindacato alle aziende che aveva creato dissensi fra i lavoratori che venivano pagati diversamente anche quando facevano esattamente lo stesso lavoro.
Il sindacato non è riuscito ad ottenere la settimana lavorativa di 32 ore che rimane all’attuale 40. Questi aumenti ai membri del sindacato aggiungerebbero quasi 900 dollari al costo di produrre ogni automobile, secondo Ford, che ovviamente dovrebbero eventualmente coprire i consumatori. Inoltre il consiglio editoriale del Washington Post ha fatto notare che il nuovo contratto, positivo per i lavoratori, include però riduzioni di investimenti di 12 miliardi di dollari alla produzione di veicoli elettrici.
La questione dei veicoli elettrici è stato lo spiraglio che ha permesso a Donald Trump di intromettersi durante lo sciopero il mese scorso. L’ex presidente si era recato a fare un discorso davanti a un gruppo di metalmeccanici che non facevano parte del sindacato, attaccando Fain e la leadership, la cui condotta avrebbe causato la fine dei loro posti di lavoro. Trump ha dichiarato che l’enfasi sulla costruzione di auto elettriche ridurrebbe il numero di posti di lavoro perché si costruiscono più facilmente. Joe Biden, promotore del cambiamento verso i veicoli elettrici, stimolati da fondi federali, però, si era recato anche lui a Detroit. A differenza di Trump, Biden ha partecipato ai picchetti degli scioperanti metalmeccanici, ed ha recentemente lodato il nuovo contratto. Lo ha classificato come una vittoria per i lavoratori e i sindacati in generale. Per quanto riguarda le auto elettriche il nuovo contratto include anche la produzione di questo tipo di veicoli. Si tratta dunque di un’inevitabile transizione, accettata da Biden e i metalmeccanici, offrendo però protezione ai lavoratori. Tutto sommato anche Biden ne esce vittorioso con il nuovo contratto, considerando il fatto che il Michigan, dove le tre grandi delle automobili hanno le loro sedi centrali, rimane Stato in bilico per l’elezione del 2024.
L’annuncio del nuovo contratto ha già avuto effetti positivi e si aggiunge ai successi già ottenuti dai sindacati degli scrittori a Hollywood. Inoltre servirà di ispirazione e incoraggiamento alle astensioni di lavoro dei dipendenti delle farmacie Cvs, Walgreens e Rite Aid, che non hanno sindacati. Servirà anche di incoraggiamento agli insegnanti di Portland in Oregon che hanno proprio di questi giorni annunciato lo sciopero per ottenere migliorie economiche che beneficerebbero indirettamente anche i loro studenti.
Alcuni effetti concreti sono già venuti a galla anche per i metalmeccanici di Toyota che non sono sindacalizzati. La compagnia di bandiera giapponese ha annunciato un aumento del 9 percento ad iniziare dal primo gennaio 2024. Inoltre Toyota ridurrà a 4 anni il tempo necessario per ottenere la tariffa massima. La mossa di Toyota mirerebbe a ridurre anche se non cancellerebbe del tutto il bisogno di un sindacato per i suoi dipendenti. Ecco proprio quello che intende fare Fain. “Il nostro sindacato ha visto giorni bui” ha dichiarato Fain in uno streaming con Facebook, dichiarando inoltre che lui non vede il sindacato in “declino”. Difficile dargli torto.
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* Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications