Mentono sapendo di mentire! Si perviene a questa esclamazione, ascoltando i promotori della “madre di tutte le riforme” – così Giorgia Meloni ha battezzato la riforma costituzionale del cosiddetto “premierato” – quando sostengono che l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri non toccherà i poteri del Presidente della Repubblica e del Parlamento.
La Costituzione vigente assegna alcuni poteri al Presidente della Repubblica. Tra questi ci sono: l’incarico e la nomina del Presidente del Consiglio dei Ministri, la possibilità di sciogliere le Camere e la facoltà di nominare fino a cinque senatori a vita. Il disegno di legge presentato dal Governo sottrae questi tre rilevanti poteri al Presidente della Repubblica. Affermare che così facendo i poteri del Presidente della Repubblica non cambieranno è palesemente un inganno.
Falso è anche sostenere che non cambieranno le prerogative del Parlamento. Infatti, attualmente il Parlamento può dare o negare la fiducia a qualsiasi Governo, mentre se la revisione fosse confermata, il Parlamento potrà concedere la fiducia soltanto al Governo presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri eletto o ad un parlamentare eletto nella stessa coalizione. Tra l’altro il Parlamento non potrà più appoggiare governi “tecnici”, cioè guidati da persone non elette in Parlamento. Non solo: se cadesse il Governo, verrebbe sciolto anche il Parlamento, che quindi si troverebbe costantemente sotto ricatto.
Se i rappresentanti del Governo fossero onesti, dovrebbero dichiarare: “con la riforma intendiamo rafforzare i poteri del Governo, riducendo di conseguenza quelli del Parlamento e del Presidente della Repubblica”. A quel punto dovrebbero spiegare perché attualmente il Parlamento e il Presidente della Repubblica dispongano di un eccesso di potere e perché il Governo possieda mezzi insufficienti per operare in modo adeguato.
Di fatto il Governo in carica sta proponendo una revisione della divisione dei poteri costituzionali. Non si tratta evidentemente di una riforma minima, ma di un cambiamento sostanziale nell’equilibrio tra i poteri dello Stato, con conseguenze rilevanti sull’”Ordinamento della Repubblica” (Parte II Costituzione). Inoltre, una modifica dei poteri inevitabilmente si riflette anche sul rispetto dei “Principi Fondamentali” e sull’attuazione dei “Diritti e dei Doveri dei Cittadini” (Parte I Costituzione).
Ovviamente, si può essere d’accordo o contrari a questa proposta dell’attuale Governo, ma non è lecito far finta che la riforma costituzionale non alteri in modo sostanziale le regole del gioco democratico. In futuro tutti i cittadini saranno chiamati ad esprimersi e a decidere, poiché l’iter del progetto di revisione porterà quasi certamente ad un referendum confermativo. Come scriveva Alexis de Tocqueville: «la democrazia è il potere di un popolo informato».
Rocco Artifoni è nato a Bergamo nel 1960. È presidente nazionale dell’Associazione per la Riduzione del Debito Pubblico (www.ardep.it) e referente per la Lombardia dell’Associazione Art. 53 (www.articolo53.it). Principali appartenenze e impegni locali (provincia di Bergamo): Consiglio Direttivo della Fondazione Serughetti La Porta (www.laportabergamo.it), Comitato provinciale per l’abolizione delle barriere architettoniche (www.diversabile.it), Coordinamento provinciale di Libera (www.liberabg.it), Comitato bergamasco per la difesa della Costituzione (www.salviamolacostituzione.bg.it), Scuola di educazione e formazione alla politica We Care (www.scuolawecare.it), Redazione della rivista L’Incontro e delle Edizioni Gruppo Aeper (www.aeper.it). Nel 2014 ha pubblicato insieme a Filippo Pizzolato “L’ABC della Costituzione” per le Edizioni Gruppo Aeper con prefazione di don Luigi Ciotti. Nel 2018, insieme a Francesco Gesualdi e Antonio De Lellis, per CADTM Italia ha pubblicato il dossier “Fisco & Debito. Gli effetti delle controriforme fiscali sul nostro debito pubblico”