di Gianni Barbacetto e Davide Milosa
I due eroi della Prima della Scala 2023 sono il soprano Anna Netrebko e il loggionista Marco Vizzardelli. La prima, applauditissima, ha interpretato Elisabetta nel Don Carlo diretto da Riccardo Chailly. Il secondo ha gridato “Viva l’Italia antifascista” dal loggione, dopo l’inno nazionale, ed è stato subito identificato dalla Digos.
“Ne sono fiero”, racconta al Fatto. “Ero come al solito nell’ala sinistra del loggione. Appena spente le luci, l’opera è iniziata ma ho notato subito una persona che mi controllava. Al primo intervallo, mi ha seguito nel foyer del loggione, si è presentato come poliziotto in borghese e mi ha chiesto i documenti. Gli ho chiesto: perché mai? Ho forse commesso un reato? Ma poi è tornato con un gruppo di colleghi”.
“Mi hanno detto: ‘Siamo d’accordo con lei, ma è nostro dovere identificarla’”. Prima dell’inno di Mameli diretto da Chailly, un altro loggionista, dalla parte opposta del teatro, aveva gridato: “No al fascismo!”. Anch’egli poi identificato.
Vizzardelli è un loggionista molto noto alla Scala, che frequenta da cinquant’anni. “La mia prima volta? Un concerto, la Quinta di Beethoven diretta da Herbert von Karajan. Avevo nove anni, ero con gli zii. Ora ne ho 65”. Nella vita, Vizzardelli fa il giornalista, è un apprezzato cronista ippico. Esperto di galoppo, passa le estati a Merano, dove racconta le corse dell’ippodromo locale. Ma la sua passione è la musica colta, di cui scrive sul quotidiano Alto Adige di Bolzano.
Contestazioni politiche dentro la Scala no, non ne ricorda e non ne ha mai fatte. Le manifestazioni erano fuori, a partire da quella del Movimento studentesco di Mario Capanna del 7 dicembre 1968. Per trovarne una, bisogna risalire al Risorgimento, quando dal loggione piovvero volantini su cui era scritto “Viva Verdi”, che stava a significare, nella Milano occupata dagli austriaci, “Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia”. Ma forse è una leggenda, o forse è successo nel 1859, ma al Teatro Apollo di Roma.
Negli anni Venti, Arturo Toscanini annunciò che non avrebbe diretto la Prima della Turandot di Puccini se alla Scala fosse stato presente Benito Mussolini. E il Duce non si presentò. Si sono presentati invece i gentili poliziotti della Digos alla Prima del Don Carlo. Hanno controllato tutti gli “eventi inconsueti” della sera del 7 dicembre 2023: una decina – spiegano – tipo un cane antidroga che si è fermato due volte davanti a uno spettatore in smoking: fatti i controlli, il caso è chiuso.
Normali accertamenti nel quadro della vigilanza per assicurare la sicurezza di una manifestazione culturale a cui erano presenti molti personaggi noti. Così spiega la polizia, che ha emesso anche un comunicato: “L’identificazione dei due spettatori presenti in galleria è stata effettuata quale ordinaria modalità di controllo preventivo per garantire la sicurezza della rappresentazione. L’iniziativa non è stata assolutamente determinata dal contenuto della frase pronunciata, ma dalle particolari circostanze, considerate le manifestazioni di dissenso poste in essere nel pomeriggio in città e la diretta televisiva dell’evento che avrebbe potuto essere di stimolo per iniziative finalizzate a turbarne il regolare svolgimento. La conoscenza dell’identità delle persone ha consentito, infatti, di poter ritenere con certezza l’assenza di alcun rischio per l’evento”.
Incidente chiuso, dunque. L’antifascismo non è reato. Marco Vizzardelli, loggionista di lungo corso, sorride quando legge la reazione al suo grido di Matteo Salvini, che ha dichiarato: “Chi sbraita qui, ha problemi”. “Si vede che Salvini frequenta poco la Scala. Qui è normale l’intervento appassionato degli spettatori”. Chi la frequenta almeno un po’ sa che i loggionisti sono interventisti vivaci, con gli applausi, i “Bravo!” gridati, ma anche i fischi e i “Buuuu!”.
C’è chi si ricorda ancora il “Buuu” all’ultimo accordo della sinfonia della Gazza ladra di Rossini, diretta nel 2017 da Chailly. Protagonista: sempre Vizzardelli. “Il Maestro s’informò e volle incontrarmi. Da allora ci siamo spiegati e siamo diventati grandi amici”. Il loggionista è stato anche il grande oppositore – in numerosa compagnia – di Riccardo Muti, che poi nel 2005 lasciò la Scala.
“Scrissi una lettera in cui elencavo i motivi per cui doveva andarsene e la affissi alla bacheca del teatro. Nessuno la tolse. E so che la lesse anche Muti. Ma io preferisco ricordare i nostri interventi positivi, gli applausi, i ‘Bravo!’. Al maestro Claudio Abbado, per esempio. E a tanti altri artisti”. E ora il verde milanese Carlo Monguzzi chiede per lui un premio: “Il sindaco Sala gli conferisca subito l’Ambrogino d’oro”.
9 dicembre 2023