Alberto Castiglione
In Italia, nel 2021 sono state individuate 757 vittime di tratta, di cui oltre la metà (il 53%) di sesso femminile. I minori rappresentano circa il 35% (96 bambini e 168 bambine). Sul totale, 431 sono state le vittime di tratta a fini di sfruttamento sessuale, 204 per sfruttamento di manodopera e 122 per altre finalità. Nel 2022 – si legge sul rapporto – 2.517 persone sono state valutate come possibili vittime di tratta e sfruttamento dai 21 progetti antitratta operativi sul territorio nazionale. Di queste, 1.611 sono persone di sesso femminile (il 64%), 830 di sesso maschile (il 33%) e 76 persone transessuali (3%). Tra tutte le persone valutate almeno 101 sono ragazzi e ragazze di minore età. Sempre nel 2022, 850 sono state le nuove prese in carico da parte dei progetti antitratta. Di queste, 501 sono persone di sesso femminile (58,9%), 300 di sesso maschile (35,3%) e 49 persone transessuali (5,8%). Tra queste nuove prese in carico, 14 erano minori al momento dell’avvio del percorso. Nel 38% dei casi le persone sono vittime di sfruttamento sessuale, nel 27,3% vittime di sfruttamento lavorativo e nel 25,6% dei casi sono destinate allo sfruttamento. Tra le Regioni che prendono in carico più vittime di tratta e grave sfruttamento troviamo proprio la Sicilia. Sono tanti, troppi, i bambini e gli adolescenti che crescono in aree dove la condizione di sfruttamento dei genitori li rende vittime, sin dalla nascita, di un sistema di violazione dei loro diritti basilari sistematico e “normalizzato”. Alla lunga, ed è questo l’amaro paradosso, loro stessi finiscono con l’essere vittime dello sfruttamento, cosa che li espone purtroppo anche ad abusi. E’ nel lavoro agricolo che il fenomeno ha più tristi e radicate consuetudini: in particolare nei territori caratterizzati dallo sfruttamento del lavoro agricolo, in Sicilia, nella cosiddetta “zona trasformata” di Ragusa. I minori, figli di braccianti sfruttati, spesso trascorrono l’infanzia in alloggi di fortuna nei terreni agricoli, in condizioni di forte isolamento, con un difficile accesso alla scuola e ai servizi sanitari e sociali. Sono bambini e ragazzi “invisibili” per le istituzioni di riferimento, nemmeno censiti all’anagrafe, cosa che rende più difficile avere un quadro completo della loro presenza sul territorio.