a cura di Enrico Vigna
Tra il 16 e il 20 dicembre 1989 ebbe luogo la cosiddetta “rivoluzione rumena”, che avrebbe sostituito il socialismo con la libertà. Sono passati 34 anni da quando da Timișoara scoppiarono i primi incidenti allargatisi poi a Bucarest e in altre città. Con gli anni, per stessa ammissione dei capi della rivolta, si è scoperto che tutto era etero diretto dalle potenze straniere. Nella “nuova Romania”, il 21 dicembre 1989 è considerato il primo giorno della cosiddetta Rivoluzione.
In questa occasione alcuni giornali e media locali hanno fatto un sondaggio, i cui esiti hanno creato preoccupazione e sbigottimento ai livelli istituzionali e di potere. “Era meglio prima”, oltre il 50% dei romeni residenti nel paese, ritiene che il regime comunista sia stato positivo per la Romania e che la vita fosse migliore. In una logica di proiezione, escludendo chi ha parenti che lavorano all’estero e quindi usufruisce di entrate donate, si può calcolare che oltre il 70% di chi è rimasto a vivere nel paese è “nostalgico” del passato socialista.
Secondo i dati di un sondaggio fatto dalla INSCOP Research, commissionato da News.ro, circa il 50% dei romeni che vivono nel Paese, ritiene che il regime socialista sia stato un bene per la Romania, (percentuale in aumento rispetto a 10 anni fa, che era del 42,3%). Secondo il sondaggio, il 46,4% ritiene che prima del 1989 la vita fosse migliore di adesso (rispetto al 44,4% nel novembre 2013). Il 48,1% ritiene che il regime comunista abbia significato un bene per la Romania (rispetto al 45,5% nel novembre 2013), mentre il 42,3% ritiene che il regime comunista abbia significato un male per il Paese (rispetto al 44,7% nel novembre 2013).
Questi dati e l’alta percentuale di giovani che la pensano così, ha creato preoccupazione se non addirittura panico a livello governativo e istituzionale, che hanno affrettato la decisione di istituire nelle scuole fino all’università, una materia obbligatoria sulla “Storia dei crimini del comunismo”, per staccare queste fasce di giovani da questa visione. Inoltre molti politici hanno dichiarato che è urgente contrastare questa tendenza, ed è una responsabilità che spetta alle élite intellettuali, politiche, economiche e ai mass media del paese.
Remus Ştefureac, direttore di INSCOP Research ha detto che “…Penso, che chi pensa questo, sono soprattutto le persone con un’istruzione primaria, gli inattivi potenzialmente attivi, gli abitanti delle campagne e delle regioni meridionali o orientali, quelli con un reddito più basso…effettivamente è scioccante che quasi la metà dei rumeni dichiari che il regime comunista ha significato un bene per la Romania, e quasi la metà dichiara che la vita durante il periodo comunista era migliore di oggi…”.
La percezione popolare che sostiene questo forte sentimento di nostalgia, non è casuale, ma è legato a moltissimi fattori, alcuni soggettivi ma in larghissima parte concreti e collettivi: da una forte insoddisfazione sociale della popolazione per il presente e per ciò che è stato vissuto nelle continue crisi di questi decenni, con un inflazione galoppante che ha gravemente colpito il tenore di vita dei ceti popolari, l’emigrazione di milioni di romeni, che spesso ha distrutto decine di migliaia di famiglie, una vergognosa distribuzione ineguale della ricchezza nazionale, che ha aumentato notevolmente la differenze tra le categorie colpite dalla povertà e la popolazione con redditi medio-alti o che viene sostenuta economicamente dai familiari all’estero.
Il rimpianto della metà della popolazione verso quel periodo fondato su sicurezze, seppur problematiche e di un paese non ricco, come la garanzia di un lavoro sicuro, la casa assicurata dallo Stato, una sanità pubblica, lo studio e l’educazione gratuiti, una società più sicura con valori sociali più vicini alla gente semplice. Un senso orgoglioso di identità e appartenenza nazionali e patriottici, al di là delle ideologie, oggi calpestati e svenduti agli interessi stranieri.
Penso bastino pochi e sintetici dati per capire cosa ha prodotto il colpo di stato del 1989: Niente di meglio dei dati per spiegarlo:
La distruzione della potente agricoltura e industria rumena, per trasformare il paese in una colonia delle potenze occidentali che hanno guidato il colpo di stato contro il popolo rumeno
Circa 8 milioni di emigranti
7 milioni di posti di lavoro distrutti
Salari e pensioni a livelli infimi rispetto al costo della vita, con riduzioni del 35 e 30%
I lavoratori (i pochi rimasti nel paese) sono stati convertiti in manodopera a basso costo delle multinazionali nordamericane, russe, spagnole, italiane, tedesche, ecc … e con sempre meno diritti di negoziazione e accesso ai servizi di base di una volta, quando i diritti minimi erano garantiti (lavoro, salute, istruzione, cultura, ecc …).
Povertà al 54%
Per non citare che le donne e ragazze rumene rappresentano la percentuale più alta ( il 12% del totale) della prostituzione e tratta delle donne nell’Europa occidentale, dove a buon prezzo riempiono i bordelli delle civili capitali europee. Era così anche una volta?
A proposito di regimi e democrazia
I politici romeni asserviti all’occidente, senza il quale non sarebbero al potere, colti probabilmente impreparati dagli esiti del sondaggio hanno da subito reagito: l’Istituto per l’investigazione dei crimini del comunismo e la memoria dell’esilio rumeno (IICCMER) ha annunciato il rilancio della campagna nazionale “Barometro della nostalgia comunista”, nella quale vengono monitorate tutte le manifestazioni, le opinioni e gli atti pubblici che tendano alla ” riabilitazione ” del comunismo. L’IICCMER in un comunicato stampa citato da Agerpres ha rilevato che: “…si può osservare il manifestarsi di un’insidiosa tendenza a riabilitare il comunismo, con il pretesto dell’intrattenimento e della libertà di opinione, molte manifestazioni si rivolgono principalmente ai giovani, minando la loro fiducia nella democrazia, promuovendo una versione semplificata e positiva del ceausianesimo “. L’IICCMER con il ” Barometro della nostalgia comunista “, si impegnerà in un programma di monitoraggio degli eventi e degli atti pubblici volti a sminuire la “natura criminale del regime comunista”. Verranno monitorate le manifestazioni pubbliche, le produzioni editoriali, culturali e scientifiche, le iniziative di intrattenimento e commerciali, all’origine delle quali c’è ” l’intenzione di promuovere, strumentalizzare, criticare o occultare la natura criminale del regime comunista…tutto il lavoro sarà indirizzato con strumenti didattici e di divulgazione, rivolti principalmente agli studenti delle scuole superiori e ai giovani in generale…”, si può leggere nel comunicato. Se questo non è un attacco di panico politico, come altro si può chiamare?!
Il sindaco del Partito Social Democratico del comune di Bârnova, Mihai Bălan, era già stato il primo personaggio pubblico a cadere sotto la scure della democratura rumena. Era stato denunciato sui media per aver pubblicato diversi messaggi su Facebook in cui elogiava Nicolae Ceaușescu e il regime comunista: “…Egli è colui che vi ha resi grandi… Accendetegli almeno una candela!…”. Immediatamente l’Istituto per l’investigazione dei crimini del comunismo e per la memoria dell’esule rumeno aveva condannato le parole del sindaco e ha chiesto che venga sanzionato e non più eletto.
Negli scorsi anni vi era già stato un altro sondaggio, molto più specifico e particolare: “A quanti rumeni mancano le feste comuniste del 1° maggio?”
Uno studio realizzato dall’Istituto rumeno di valutazione e strategia (IRES), appositamente per la Festa del Lavoro, aveva rivelato che il 56% dei rumeni intervistati, ha nostalgia delle grandi festività dell’era comunista dedicate a questa giornata. Nelle risposte ricordano come questo giorno fosse celebrato “in modo molto più bello e sentito” prima del 1989, quando colonne di lavoratori e popolo, in abiti festivi, scandendo slogan, cantando canti patriottici e portando enormi bandiere, in un clima di festa e comunanza, celebravano quella giornata. In Romania, il 1 maggio fu celebrato per la prima volta dai membri del movimento socialista, nel 1890 . Successivamente, la giornata divenne fino al 1989, giornata di grandi manifestazioni nei viali delle città rumene, dove centinaia di migliaia di persone si riunivano ogni volta per manifestare e poi continuare la giornata con feste e grigliate…innaffiate di alcol.
La tomba di Ceausescu, sempre più meta di visite di cittadini rumeni
gennaio 2024