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«Dopo essere stato governato per quasi quattordici anni dai sovranisti di Fidesz, l’Ungheria è un paese apatico e autoritario, dov’è impossibile anche il minimo cambiamento», il duro giudizio, quasi una sentenza, di Ziemek Szczerek, di Polityka, edizione polacca, rilanciato su Internazionale
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Ungheria, Paese apatico e autoritario
«È questa l’impressione che dà l’Ungheria oggi. Nei piccoli centri le locande e i ristoranti hanno chiuso da tempo. Sulle autostrade non riparate le auto si muovono nella nebbia invernale della puszta, la pianura stepposa ungherese (buche alla romana, sembra di capire, e senza poterle vedere prima). Le mura dei palazzi di Budapest sono fatiscenti. La città sembra stanca e provata. L’unica nota vivace è rappresentata dagli onnipresenti manifesti colorati di Fidesz contro ‘i nemici del popolo ungherese’».
I bersagli di Fidesz-Orban
Attualmente bersagli prediletti del partito di Orbán, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (facile), e il figlio del miliardario e filantropo fu ungherese George Soros, Alex (più elaborato). Il paese è tappezzato di cartelloni con i loro volti e un messaggio per gli ‘ungheresi normali’: «Non ballate quando LORO suonano». Stronzate creative.
Nulla di cui stupirsi, perché tutto è possibile
«In Ungheria non c’è più niente di cui sorprendersi». Una volta messo in moto, lo stato governato da Fidesz procede da solo, ‘pilota automatico’. Con l’avvicinarsi delle elezioni locali e per il parlamento europeo, hanno cambiato per precauzione la legge elettorale, rendendo più difficile la nascita di un fronte unito contro Fidesz. E anche quando perde, l’ex associata al Partito popolare europeo, poi espulsa, è pericolosa. L’opposizione conquista Budapest, il sindaco Gergely Karácsony diventa bersaglio delle cause per motivi giudiziario più inverosimili.
Elezioni accorpate per bastonare meglio
Per fare un ulteriore dispetto agli avversari, Fidesz ha anche deciso di accorpare le elezioni amministrative e quelle europee. Il motivo ufficiale è risparmiare denaro. Quello reale è mettere in difficoltà i partiti di opposizione, che non sono riusciti a creare su una lista comune per le europee e si presenteranno alle urne separatamente. Bravi a perdere tutti, ma Re Orban è ancora sul trono anche per l’insipienza dei sudditi.
Nel regno di Viktor Orbán, opposizione fantasma
L’opposizione ungherese si era unita per le elezioni parlamentari del 2022, ma dopo averle perse si è sgretolata di nuovo. A scaricare colpe e consensi. Péter Márki-Zay, sindaco del comune di Hódmezővásárhely e candidato premier della coalizione anti- Orbán alle ultime elezioni, accusa Péter Ungár, presidente del partito ‘La Politica può essere diversa/Verdi d’Ungheria’, di essere una spia di Fidesz. Ovviamente la stampa governativa osserva ed enfatizza.
L’Orban di sinistra
Il più criticato, rimane Ferenc Gyurcsány, leader di Coalizione democratica (Dk) ed ex premier socialista. Fu il suo governo, più volte accusato di corruzione e incompetenza, a mettere in moto indirettamente la svolta a destra dell’Ungheria che avrebbe portato Orbán al governo. «Gyurcsány è come Orbán, solo che è di sinistra. Non so se avrebbe senso cambiare l’uno con l’altro», scrive il quotidiano Népszava.
Atmosfera soffocante e gioventù in fuga
Róbert Puzsér, celebrità mediatica e commentatore politico vicino all’opposizione, che nel 2019 si era candidato a sindaco di Budapest. «In Ungheria si dice che partecipare a un’alleanza in cui tutti sono alleati con tutti e contro Fidesz, sia come fare blocco con il diavolo contro Satana». «In Ungheria non c’è una società, c’è una folla», commenta Puzsér. «Questa folla si lascia manipolare. E Orbán ne approfitta».
Ungheria-Polonia a confronto
L’Autore del pezzo Ziemek Szczerek con Róbert Puzsér. E l’ungherese, dopo la Polonia quasi liberata da Morawiecki e Kaczyński (resta ancora Duda), insiste nel pessimismo. Dalla vittoria elettorale dell’aprile 2010 il partito di Orbán ha assunto il controllo di tutte le istituzioni statali e ha introdotto una nuova costituzione; il governo modifica le leggi a piacimento, ha il dominio sull’informazione e gestisce direttamente i fondi europei, che assegna a persone fedeli al premier, creando così una classe imprenditoriale vicina a Fidesz e conservando un serbatoio politico di fondamentale importanza.
Niente fondi stranieri per la politica
Ormai tutte le risorse sono controllate da Fidesz. Tanto che lo stesso Orbán se ne disinteressa. Ha lasciato il paese nelle mani dei suoi funzionari e preferisce viaggiare per il mondo, incontrare i grandi del pianeta e costruire la sua rete globale di estrema destra, piuttosto che occuparsi dei problemi del suo paese. Dalla Cina lungo la via della Seta a Putin chiamando l’invasione dell’Ucraina ‘operazione militare speciale’.
Stati Uniti e Nato
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, Orbán ha puntato su Donald Trump, che sostiene con tutte le sue forze: partecipando ai meeting politici, dove esorta i repubblicani a respingere la proposta di concedere nuovi aiuti all’Ucraina. Mentre i leader dei paesi dell’Unione europea e i funzionari della Nato (organizzazioni di cui l’Ungheria fa parte) «guardano a Orbán con un misto di frustrazione e invidia». Il ribelle di comodo, pronto a cedimenti all’incasso (i 50 miliardi Ue all’Ucraina). «Se la corrente principale della politica globale fosse di destra, lui sarebbe di sinistra e liberale».
Sola speranza il colesterolo
«Ma c’è qualcosa che può cambiare la situazione nell’Ungheria di oggi?, chiedo a Puzsér». Siamo a tavola e lui cerca una immagine sul cellulare. «Orbán ha sempre l’aspetto di un uomo di successo, sicuro di sé mentre posa con i grandi del mondo. È felice e si vede. Ed è anche ingrassato. Sembra addirittura obeso». Puzsér alza gli occhi dal bicchiere. «L’unica cosa che può cambiare la situazione è il valore del colesterolo di Orbán», risponde.
13 Febbraio 2024