di Francesco Dall’Aglio*
L’argomento delle perdite russe e delle due valutazioni che bisogna fare su questo: la prima specifica, per posti come Avdiivka o Ugledar, la seconda generale.
Iniziamo dal primo punto. Mi sembra che gli osservatori di questo conflitto sottovalutino, o ignorino del tutto, quanto poderoso e complesso sia il sistema di fortificazioni messo in piedi dal 2014 in poi, e quanto le fortificazioni siano estremamente difficili da superare anche bombardandole fino allo sfinimento.
Ci siamo abituati, probabilmente, all’idea dei conflitti come operazioni veloci in ambienti favorevoli alle avanzate (Iraq, Afghanistan), e quindi vedere combattimenti che si trascinano per mesi (o per 10 anni, come Avdiivka) con guadagni minimi o inesistenti ci colpisce, e ci porta a ritenere che chi attacca sta attaccando male, che ci sia qualcosa che non va nel suo approccio, che sia una tattica antica, degna della prima guerra mondiale (lo si è detto anche della controffensiva ucraina di quest’estate, una volta svaporato l’entusiasmo).
E invece si tratta, semplicemente, del fatto che è un sistema di difesa congegnato estremamente bene e in grado di resistere a bombardamenti prolungati che possono certamente distruggere le strutture in superficie (e infatti lo fanno) ma non possono molto contro i bunker sotterranei. Se poi queste fortificazioni sono interconnesse e in grado di coprirsi a vicenda, come sono, la difficoltà per chi attacca aumenta ulteriormente. Questa cosa è sempre sottovalutata, e invece è fondamentale.
D’altro canto, se vuoi passare oltre quelle fortificazioni le devi prendere, e per prenderle le devi assaltare, e per assaltarle devi mettere in conto di avere molte perdite, come gli ucraini hanno sperimentato sulla loro pelle l’estate scorsa.
Quando hai di fronte un nemico trincerato c’è poco da fare, non ci sono tattiche geniali che ti consentono di averne ragione senza sforzo e non sono i russi che non sanno che fare e mandano le ‟ondate umane”, come dicono i nostri commentatori – e se davvero mandassero le ondate umane, cioè accettassero perdite superiori a quelle che hanno, la partita sarebbe già stata chiusa da tempo – così come quest’estate non erano gli ucraini ad andare allo sbaraglio nei campi minati, era l’unica cosa che potessero fare sperando, letteralmente, che finissero prima le mine dei mezzi che ci saltavano sopra.
L’unico modo per superare queste fortificazioni con perdite relativamente basse sarebbe radunare 500.000 uomini, 5000 carri armati, 50.000 cannoni e 500 bombardieri, concentrarli in un punto del fronte e spianare tutto quello che si trova davanti fino al confine polacco. Ma i costi economici e politici di una cosa del genere sarebbero colossali, senza contare che le perdite ci sarebbero lo stesso: e quindi tanto vale continuare così e accettare le perdite inevitabili.
Inevitabili per via del secondo punto: l’esercito ucraino è, dopo quello russo, la più formidabile macchina da guerra che esista al momento al mondo, per quantità di effettivi, per esperienza di combattimento e per qualità e quantità di equipaggiamenti (mi spiace per gli amici americani, ma loro al momento vengono per terzi e solo sulla fiducia, perché non so che fine farebbero a combattere contro uno qualunque dei primi due. Gli altri sono semplicemente non pervenuti, iraniani e cinesi inclusi. Sugli israeliani stendiamo un velo pietoso).
Anche questa cosa viene costantemente sottovalutata da chi commenta. Così come viene sottovalutato, soprattutto, che l’esercito ucraino è, a tutti gli effetti, la NATO, che però può muoversi indisturbata senza pericolo di perdite e ritorsioni perché, formalmente, non è implicata – e quindi può tenere in piedi linee logistiche transcontinentali che non possono essere attaccate, satelliti che non possono essere accecati, aerei e droni spia che non possono essere abbattuti, fornire materiale militare prodotto in fabbriche che non possono essere bombardate, e mandare personale militare qualificato come ‟volontario” e che quindi non coinvolge i paesi di appartenenza. Gli ucraini ci mettono i corpi, la NATO le armi.
E non facciamoci ingannare dal fatto che, molto spesso, abbiamo mandato ferraglia: abbiamo mandato ferraglia perché, in buona parte, nei nostri arsenali c’è ferraglia (cosa che ha sorpreso gli ingenui, che evidentemente non erano mai entrati in una caserma), ma abbiamo mandato anche cose ottime: per dire, al momento l’Ucraina è, di tutti i paesi NATO escludendo gli USA, quella in possesso del maggior numero di sistemi antiaerei e del maggior numero di mezzi corazzati e blindati, sempre senza contare l’intelligence. Un missile russo avrebbe molti meno problemi ad arrivare a Berlino che a Kiev.
Appaiato al primo punto, il sistema di fortificazioni, è ovvio che il prosieguo delle azioni militari avverrà a prezzo di perdite russe che potranno essere anche molto ingenti, con tutte le conseguenze politiche, sociali ed economiche del caso, soprattutto se la Russia dovesse decidersi a una nuova mobilitazione.
E se è chiaro il motivo che spinge le voci ucraine e NATO a enfatizzare oltremisura le perdite russe e minimizzare le proprie, da parte russa pretendere di condurre una guerra del genere senza perdite è folle (penso a pagine come la pur ottima Fighterbomber, che letteralmente impazzisce ogni volta che un aereo russo viene abbattuto immaginando immancabilmente complotti e inefficienze, come se in guerra gli aerei non potessero essere mai abbattuti dalla contraerea) e ignorarle o minimizzarle come spesso fanno i commentatori russi è una cosa sciocca – però anche loro hanno obblighi contrattuali e di convenienza come i colleghi ucraini e occidentali.
Del resto lo scopo del volo a Kiev di Johnson quando pareva che le parti si fossero accordate, e della proibizione legale di Zelensky a trattare è proprio quello di trascinare il conflitto (sulla cui conclusione nessuno si fa illusioni, nonostante le scemenze che si scrivono sui giornali) quanto più a lungo possibile, e infliggere alla Russia quante più perdite possibili, oltre a rimettere in piedi la propria industria militare e spendere tutto il materiale bellico degli ‟alleati” per rimpiazzarlo con prodotti USA; da cui il prossimo invio di ATACMS statunitensi a gittata maggiorata, e probabilmente anche dei Taurus tedeschi, per colpire nelle retrovie finora più o meno sicure aumentare quanto più possibile le perdite suddette.
Però, perdite alte o meno, al momento le cose favoriscono la Russia e la favoriscono anche, e molto, proprio dal punto di vista del rapporto tra danni inflitti e subiti, il che sta dando non pochi grattacapi ai nostri alti comandanti che pensavano di poterla chiudere parecchio prima e con molti più vantaggi e invece si trovano in una posizione complicata (mai quanto quella degli ucraini, ma di loro, sappiamo, ci importa poco): al momento il piano sta funzionando ma il costo che stiamo pagando, anche se non in termini di vite umane e di devastazioni (anche lì è roba degli ucraini, che ce ne importa), è abbastanza alto e salirà ancora.
Soprattutto, per quanto alte possano essere le perdite russe, gli ucraini finiranno molto prima dei russi, sempre ammesso che intendano combattere fino all’ultimo uomo, o donna, visto che ormai al fronte ci sono anche loro, e certo la NATO non avrà intenzione di impegnarsi direttamente, non solo perché la faccenda finirebbe molto presto e molto male, dal punto di vista atomico, ma perché non c’è materiale sufficiente per farlo, nemmeno se la Russia venisse indebolita drammaticamente più di quanto non lo sia ora (per quel dettaglio, appunto, dell’atomica).
La cosa fondamentale è ridurre il potenziale offensivo, ma soprattutto difensivo, russo, e poter celebrare comunque una vittoria alla fine: hanno vinto loro, ma a che prezzo! E l’Ucraina alla fine si arrangi, ci abbiamo provato. E quindi sì: incredibile a dirsi, ci sono perdite nell’esercito russo, non sono basse e ce ne saranno molte di più. Nelle guerre mondiali succede, anche in quelle strane come questa.
PS – preparatevi per altre incursioni sulla Crimea, sulle navi eccetera, ieri c’erano SEI tra aerei e droni NATO sul Mar Nero al momento, e sappiamo cosa succederà di lì a poco.
22 febbraio 2024
* Esperto di Storia militare, Componente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio