by DameVerte
In questi giorni si sono succeduti tre avvenimenti davvero agghiaccianti: il suicidio di una quattordicenne a Cittadella (la chiamerò N.), che si è gettata dal tetto di un hotel abbandonato, in seguito ad aver subìto offese e atti di cyberbullismo; poi, il pestaggio ai danni di una quindicenne di Bollate da parte di una coetanea, nella totale ilarità ed indifferenza dei compagni di scuola che assistevano alla scena, preoccupati più di riprendere la “bulla” col cellulare che non di fermare l’aggressione; ultima, ma altrettanto grave, la notizia di una ragazzina costretta da quattro compagni di classe ad un rapporto orale all’interno dei bagni della scuola.
Non so se ricordate Carolina: si era suicidata durante il gennaio 2013 in seguito ad offese ed atti di bullismo da parte di compagni di scuola e coetanei.
Il web si era mobilitato per ricordarla e denunciare la negatività del bullismo (anche quello virtuale) tramite l’hashtag #ripCarolina.
Non è trascorso molto tempo… solo poco più di un anno ed un’altra adolescente ha deciso di togliersi la vita perché c’è chi si è privato così tanto della propria umanità e della propria coscienza, da istigarla a quel gesto estremo anche mentre lei stava cercando di trovare un appiglio, un aiuto per continuare a vivere.
Che cos’hanno in comune il caso della quattordicenne padovana e quello del pestaggio della quindicenne di Bollate? L’indifferenza.
In entrambi i casi le ragazze hanno chiesto aiuto e se lo sono viste negare: la prima si è sentita insultare in maniera ignobile perché ha deciso di esternare un disagio, un malessere interiore che, probabilmente, la spaventava; la seconda è stata massacrata di botte e presa a calci in testa, nonostante piangesse e chiedesse aiuto, tra le risate e le incitazioni generali.
Riguardo al forzato rapporto orale nell’istituto alberghiero di Finale Ligure, la vittima, per gli altri compagni che sono venuti a conoscenza dell’accaduto e della successiva denuncia, è diventata la responsabile di aver “rovinato la vita” ai quattro abusanti.
Ho affrontato il discorso sul suicidio di N. con altri adulti e mi sono sentita rispondere, da alcuni, che si tratta di “selezione naturale”, che se una persona è predisposta ad essere “debole” è meglio che soccomba subito, che se una persona esterna un disagio affermando di volersi togliere la vita è una che “ama fare la vittima” perciò è un po’ come se “se l’andasse a cercare”; c’è chi mi ha parlato di “ragazzate” riferendosi alla rissa di Bollate, di situazioni che, tra adolescenti, “sono sempre esistite ed esisteranno sempre”.
Ecco, io non ho parole.
In primis perché mi domando dove sia scritto che, per essere persone forti e risolute, si debba tenere tutto dentro e non parlare dei propri problemi o dei propri pensieri negativi con nessuno; e poi perché mi chiedo da quando prendere a calci in testa una coetanea sia un’azione da considerarsi qualcosa che sia “sempre esistito ed esisterà sempre”. Chi ha deciso che i comportamenti degli adolescenti debbano essere quelli, se non noi adulti mostrando loro dei modelli di riferimento a dir poco pessimi?
Che differenza c’è tra una quindicenne che prende a botte una compagna perché difende l’amica che le ha rubato il ragazzo e le ragazze che vanno a fare la fila per conquistare l’ultimo tronista di “Uomini e Donne”? E che dire degli esempi “edificanti” proposti da trasmissioni di Mtv come “Geordie Shore”, “Jersey Shore”, “The Valleys”, dove le protagoniste sono sempre pronte a litigare tra loro per accaparrarsi l’uomo che desiderano a suon di sberle, calci, tirate di capelli e parolacce?
C’è da riflettere anche su questo: si tratta di tre persone coinvolte, in questo caso. Un maschio e due ragazze. Ma con chi è portata ad accanirsi la donna “tradita ed umiliata” dal compagno? Con l’altra donna.
Non pensate anche voi ci sia qualcosa di incoerente?
Se io ho una relazione con un uomo e quest’ultimo mi tradisce con un’altra donna (e quest’altra donna sa della nostra relazione) la responsabilità sarà di entrambi. In queste trasmissioni, però, non mostrano mai la donna tradita che se la prende col compagno traditore, ma esclusivamente con l’altra donna che verrà etichettata come “sgualdrina”, “prostituta” e altri termini poco gentili…
Anzi, spesso passerà il messaggio (non sempre così velato) che “l’uomo è cacciatore”.
Insomma, secondo questi programmi l’uomo è naturalmente portato al tradimento perciò, se ti tradisce, tu donna non puoi lamentarti con lui, che ha solamente seguito il suo istinto, ma puoi solo sfogarti su colei che è stata la “causa del suo peccato”, colei che lo ha fatto “cadere in tentazione”.
Ancora una volta alle donne e alle ragazze viene insegnato a dividersi e disprezzarsi, invece che fare gruppo ed aiutarsi a vicenda.
Il suicidio di N., ma anche la violenza subìta dalla ragazzina ligure, riportano alla ribalta la questione del cyberbullismo, che, ormai, sta dilagando sempre di più, non solo tra i giovanissimi.
Non è sicuramente per condannare social network o web perché, essendo semplicemente dei mezzi, diventano positivi o negativi a seconda dell’uso che ne facciamo noi; anche parlare di censura, in questo caso, sarebbe sbagliato.
Qui si condanna la mancanza di rispetto e, forse, la perdita di considerazione che, dall’altra parte dello schermo, il “nickname” con ci si sta confrontando, fa riferimento ad una persona in carne ed ossa; una persona che, sicuramente, ha il suo vissuto, le sue emozioni e le sue esperienze.
In seguito agli insulti ignobili e terribilmente sessisti alla Presidente della Camera Laura Boldrini (ne potete trovare un’ottima analisi qui), Internazionale del 7 febbraio c.a. ha pubblicato un interessante articolo della giornalista statunitense Amanda Hess su come sia facile, soprattutto per le donne, incorrere sul web in insulti sessisti e minacce sessuali.
Complice l’anonimato, N. si è vista rispondere con frasi deplorevoli ed incitamenti al suicidio alle sue richieste d’aiuto.
“Spero che uno di questi giorni taglierai la vena importantissima che ce sul braccio e morirai!!!!” (lasciamo perdere le considerazioni sull’italiano usato), “Io spero che muori te, t***a”, “Sei una ritardata, grassa e culona, fai finta di fumare, ma non aspiri, fai finta di bere, ma non bevi, fai finta di essere depressa per attirare l’attenzione, sei patetica”: questi solo alcuni esempi di cosa la quattordicenne si sia sentita rispondere dagli utenti di ask.fm, un sito molto in voga tra gli adolescenti, dove utenti anonimi possono fare domande di qualsiasi tipo agli utenti iscritti.
Alla sua frase: “Secondo me, i tagli sono tutti delle piccole bocche che gridano aiuto”, la risposta è stata: “Ti tagli solo per farti vedere…”.
Allo stesso modo, in seguito alla denuncia dell’abuso subìto da parte dei compagni di scuola, alla ragazza ligure, su Facebook, sono arrivate numerose minacce ed offese, come questa: “Sei una stronza come sei sempre stata, hai rovinato la vita dei tuoi compagni”.
Ecco che avviene un’inversione dei ruoli. Il carnefice diventa esempio di vincente da imitare e difendere (questo anche nel caso del pestaggio di Bollate, dove la “picchiatrice” è stata esaltata da molti come “esempio da seguire” perché “ci vorrebbero più picchiatrici come lei per cacciare dall’Italia la feccia”), mentre la vittima della violenza colei da deridere ed additare come colpevole di “debolezza”, di “inutilità”, di “istigazione”.
Non sono disponibili dati ufficiali aggiornati sui suicidi in adolescenza: gli ultimi risalgono al 2010, ma l’OMS conferma che il suicidio giovanile si attesta in Europa come il secondo motivo di morte tra gli adolescenti, dopo gli incidenti stradali. Una delle maggiori cause di suicidio è la mancata accettazione da parte dei pari, crisi esistenziali e bullismo (compresa la persecuzione sul web).
C’è da domandarsi, quindi, che incidenza abbia, oggi, il dato che circa il 90% dei bersagli delle aggressioni verbali online siano donne (di qualsiasi età).
Secondo l’organizzazione di volontariato “Working to halt online abuse”, nei soli Stati Uniti, delle oltre 3787 denunce di messaggi violenti ricevuti sul web tra il 2000 e il 2012, circa il 72,5% delle denuncianti erano donne.
C’è da ricordare che siamo in un momento storico in cui, una nuova trasmissione di Mtv molto seguita dagli e dalle adolescenti, “Ragazze: istruzioni per l’uso”, propone il chiamarsi “Puttanelle” tra donne come un “affettuoso complimento”.
Insomma, alle ragazze viene insegnato il maschilismo camuffato da emancipazione.
Se vogliamo cambiare il mondo in positivo, affinchè le prossime generazioni siano composte da donne e uomini che si trattino da pari e con rispetto, forse è arrivato il momento di cominciare a porci qualche domanda.
feb 13, 2014