Con l’avvicinarsi della festa della Liberazione tornano puntuali polemiche sugli stendardi con la Stella di David nei cortei. Accentuate quest’anno dalla guerra nella Striscia di Gaza. Ma non solo. La storia del comparto anglo-israeliano che combatté al fianco degli Alleati e della Resistenza.
In occasione della sua recente elezione a presidente provinciale dell’Anpi milanese, Primo Minelli lo ha detto a chiare lettere: «Il primo e principale obiettivo ora è organizzare un 25 aprile unitario e pacifico». Per questo ha incontrato sia la comunità ebraica che quella palestinese, ribadendo, in un’intervista a Repubblica, di lavorare per una «grande manifestazione di massa, unitaria e pacifica», riassunta dallo slogan “Cessate il fuoco, ovunque” (con chiaro riferimento all’attualità di Gaza). Apriti cielo! Davide Romano, direttore del Museo della Brigata Ebraica, ha subito risposto ponendo quelle che, secondo lui, sono condizioni sine qua non: non dare spazio, nei cortei, a chi attacca gli ex deportati (come Liliana Segre) e a chi critica la presenza della Brigata Ebraica. Romano chiede anche che insieme con il “cessate il fuoco” si debba chiedere la liberazione degli ostaggi israeliani in mano a Hamas. Sembra di capire, insomma, che anche quest’anno le celebrazioni unitarie le faremo il prossimo anno.
La Brigata Ebraica e le conflittualità mai sopite
Il problema è che, nonostante la buona volontà di molti protagonisti, da sempre esiste una profonda incompatibilità tra “anime” completamente diverse, anime che non sono mai andate d’accordo, e che il conflitto a Gaza sembra allontanare ancor di più. Gianluca Fantoni, nel suo recente (Einaudi, 2022) Storia della Brigata Ebraica, pone proprio la “riscoperta”, o il revival, si potrebbe dire, della Brigata Ebraica come detonatore di tensioni e conflitti ideologici e culturali mai sopiti, e quindi alla base delle polemiche nostrane in occasione delle celebrazioni del 25 aprile. Tra chi è favorevole e chi è contrario alla presenza della Brigata alle manifestazioni. La riscoperta, precisa lo studioso, nasce, in realtà, negli Anni 90, nel mondo anglosassone (fu fondata nei primi decenni del 900 per iniziativa di Chaim Weizmann, presidente dell’Organizzazione Mondiale Sionista, per operare con l’esercito britannico nel territorio palestinese) ma è in Italia, dove la Brigata arrivò nel 1944 per affiancare l’esercito italiano e quello polacco impegnati sul fronte della linea Gotica, che si è fatta problematica.
La prevalenza della componente sionista
Non vi è dubbio che le polemiche per la presenza ebraica ai cortei del 25 aprile abbiano sempre scontato, e scontino, un generale sentimento filo-palestinese da parte della sinistra (almeno la più radicale). Ma questo non basta. Diciamo che, per parte sua, la Brigata, dalla sua nascita, ha offerto più di un destro, come si dice, alle critiche. Enfatizzando, per esempio, la sua forte componente sionista. Sempre Fantoni ricorda come la Brigata, originariamente formata da elementi scarsamente religiosi se non addirittura atei, durante l’anno trascorso a Fiuggi per l’addestramento militare, avesse dato vita a un vero e profondo revival religioso (anche nei simboli – l’adozione della Stella blu di David, proibita dagli inglesi in Palestina, e la diffusione di immagini dei capi storici dal sionismo, a cominciare dal fondatore Theodor Herzl – e nell’utilizzo della lingua ebraica, che aveva soppiantato l’inglese), fino ad assumere in tutto e per tutto un profilo sionista. Ed è proprio questo profilo che nel 2004 David Romano, allora membro della Federazione Giovani Ebrei Italiani (Fgei), promosse, forse inconsapevolmente, a Milano, quando, in occasione delle manifestazioni del 25 aprile, portò nel corteo i colori della Brigata. Romano, sottolinea Gianluca Fantoni, si riferiva probabilmente alla Brigata nel suo senso generale e storico, ma, è ovvio che, in quel contesto, fu facile rinfacciare al gruppo la sua identità sionista. Anche perché lo striscione che la rappresentava non lasciava spazio a dubbi: «Anche loro, 5 mila sionisti, hanno liberato l’Italia».
Il bilancio delle attività militari e umanitarie della Brigata Ebraica
E se qualcuno, come il ravennate Primo Fornaciari, autore, nel 2011, de I ragazzi venuti dalla terra di Israele (Longo editore), che ripercorre le imprese militari della Brigata impegnata, in Romagna e poi fino alla Linea Gotica a combattere i tedeschi a fianco di britannici, canadesi e naturalmente italiani, compresi i partigiani cattolici e comunisti, liquida la polemica come puramente speciosa («Quello delle bandiere è uno stupido pretesto. Non rispecchia certo il sentire di chi ha combattuto. Partigiani e Brigata ebraica sono sempre stati dalla stessa parte», spiegò a Lettera43 e, soprattutto, le polemiche che ogni anno si riaccendono in occasione del 25 aprile «minano la memoria non solo della liberazione, ma anche della Shoah e delle persecuzioni»), per altri, la bandiera sionista ha decisamente il sopravvento rispetto a un impegno, sui campi di battaglia, che dovrebbe essere ridimensionato, considerando che si consumò in uno spazio temporale del tutto contenuto: tra il 3 marzo e il 14 aprile 1945. I più cinici arrivano anche a fornire una squallida contabilità, ricordando che la Brigata riportò “solo” una trentina di morti e una settantina di feriti su 5.200 unità; poco o nulla al confronto di altre realtà militari e resistenziali. Mentre nessuno nega, invece, l’importantissimo ruolo che, nell’immediato Dopoguerra, la Brigata svolse a sostegno delle comunità ebraiche delle varie città liberate, sconvolte dalla guerra e dalla persecuzione nazifascista (aiuto ai sopravvissuti, accoglienza dei minori rimasti orfani e riunificazione delle famiglie disperse).
Polemiche e strappi a Roma
Le polemiche e le contestazioni proseguirono anche dopo il 2004. E a poco sono valse le azioni “correttive”, per esempio l’adozione, su suggerimento dell’Anpi, della Stella di David gialla (triste simbolo delle persecuzioni naziste) al posto di quella blu. Anno dopo anno, i fischi, gli insulti, le manifestazioni di intolleranza sono cresciuti progressivamente. Nel 2013 si registrò anche un clamoroso “incidente”, quando a Roma, “saltò” il discorso che Alberto Tancredi, presidente della Associazione Amici di Israele, tra i più accesi sostenitori della Brigata, avrebbe dovuto tenere al comizio finale di Porta San Paolo (per evitare tensioni, sostenne l’Anpi). Non vi è dubbio che l’incidente provocò una forte tensione tra le comunità ebraiche e l’Associazione partigiani stessa. Ma niente in confronto al 2016, quando la comunità romana decise di disertare la manifestazione ufficiale e, rispondendo all’appello della presidente Ruth Dureghello, ne organizzò una propria in via Tasso, di fronte al palazzo usato dalla Gestapo per torturare gli antifascisti e oggi divenuto Museo della Liberazione, a cui parteciparono l’allora Presidente Napolitano e il candidato di Forza Italia a sindaco Guido Bertolaso. La stessa cosa si ripeté l’anno successivo, in via Balbo, davanti alla sinagoga, un tempo quartier generale della Brigata Ebraica. In quell’occasione, partecipò anche il Pd (allora guidato da Matteo Renzi, che poco prima aveva dovuto incassare la contrarietà dell’Anpi alla sua riforma costituzionale poi bocciata dal referendum) che disertò la manifestazione ufficiale, così come fecero Berlusconi e Forza Italia.
Nel 2017 la svolta istituzionale con la Medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza
La manifestazione del 2017 segnò, per la Brigata Ebraica, una vera e propria svolta “istituzionale”. A partire dal 25 aprile di quell’anno, si assisté, per dirla con Gianluca Fantoni, a una vera gara “bipartisan” per legittimarla. Ovviamente per diversi motivi: la sinistra per eliminare qualsiasi sospetto filopalestinese e quindi di antisemitismo, Berlusconi e compagnia per delegittimare ulteriormente l’Anpi e in generale il mondo antifascista, la Lega per rimarcare ogni distanza da arabi e islamici, la destra estrema per accreditarsi sempre più come “amica” di Israele. La gara portò, il 25 luglio di quell’anno, al conferimento, sostenuto da tutte le forze politiche (Movimento 5 stelle compreso), su proposta della Commissione Esteri della Camera, presieduta dalla piddina Lia Quartapelle, della Medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza alla Brigata che, recita la Legge 114 del 18 luglio 2017, «operò durante la Seconda Guerra mondiale e offrì un notevole contributo alla liberazione della Patria e alla lotta contro gli invasori nazisti». Ma di questa medaglia la “piazza”, o almeno parte di essa, negli anni successivi, non se ne è proprio curata. E c’è da giurare che difficilmente ne terrà conto quest’anno, soprattutto mentre le vicende belliche di Gaza stanno infiammando molti animi, forse più che la Resistenza.
07/04/2024